Pensioni: come cambiano con la Flat Tax?

Simone Micocci

25/05/2018

La riforma delle pensioni sarà finanziata - in parte - con il taglio alle pensioni d’oro. Il piano del Governo giallo-verde però rischia di fallire a causa della Flat Tax.

Pensioni: come cambiano con la Flat Tax?

Il Governo giallo-verde guidato da Giuseppe Conte è pronto per partire: tra i primi provvedimenti che questo dovrebbe attuare c’è la riforma delle pensioni, partendo dalla proroga dell’Opzione Donna.

Per Quota 100 e Quota 41, invece, bisognerà aspettare la Legge di Bilancio 2019, dove potrebbe trovare spazio anche la Flat Tax.

In questi giorni sono in molti a puntare il dito contro la riforma delle pensioni annunciata nel contratto di Governo sottoscritto da Lega e Movimento 5 Stelle definendola troppo onerosa; l’ultimo, in termini cronologici, è stato il presidente dell’INPS Tito Boeri, secondo il quale solamente per la Quota 100 saranno necessari 15 miliardi di euro.

Tuttavia, sia la Lega che il Movimento 5 Stelle hanno rispedito le accuse al mittente dichiarando che per la riforma delle pensioni serviranno non più di 10 miliardi di euro e che già è stato individuato il modo per recuperare le risorse economiche necessarie.

Come si legge nel contratto uno degli obiettivi primari sarà quello di tagliare le pensioni d’oro. Secondo quanto riportata da La Repubblica, però, ciò potrebbe essere particolarmente complicato a causa dell’introduzione di un altro provvedimento annunciato dal Governo: la Flat Tax.

Come la Flat Tax cambierà le pensioni

Con l’introduzione della Flat Tax tagliare le pensioni d’oro sarà molto difficile, anzi c’è il rischio che il loro importo possa ulteriormente aumentare.

Le intenzioni annunciate da Lega e Movimento 5 Stelle sono di ricalcolare con metodo contributivo le cosiddette pensioni d’oro, ovvero quelle che hanno un importo mensile superiore ai 5mila euro.

Tuttavia, con la Flat Tax c’è la concreta possibilità che nonostante il ricalcolo con sistema contributivo queste pensioni risultino di importo maggiore del 30% rispetto ad oggi; per capirne il motivo bisogna fare riferimento ad una ricerca firmata da “Tabula-futuro e previdenza” realizzata per conto di Repubblica.

Secondo questa ricerca, infatti, per le pensioni molto alte non c’è un grande squilibrio tra importo dell’assegno e contributi effettivamente versati: infatti, mentre per le normali pensioni c’è uno squilibrio di circa il 20-30%, per le pensioni d’oro questo si aggira ad un massimo del 5%.

Cosa significa? Che se prendiamo una pensione normale calcolata interamente con sistema retributivo e la ricalcoliamo con il metodo contributivo ne risulterà un importo inferiore di circa il 20-30% rispetto alla precedente. Viceversa, ricalcolando una pensione d’oro utilizzando il metodo contributivo l’importo si riduce di poco più del 5%.

Prendiamo come esempio una pensione di 10mila euro lorde, ovvero 5.837 euro netti. Ricalcolando l’assegno con il metodo contributivo, come d’intenzione del nuovo Governo, ne consegue un taglio di circa il 5% dell’importo, per un valore finale di 9.500€ lordi, 5.553€ netti.

Il risparmio, quindi, sarebbe di soli 284€ netti al mese, troppo poco per sperare di finanziare l’ambiziosa riforma delle pensioni indicata nel contratto di Governo.

Ma questo risparmio è da considerare con l’attuale sistema di tassazione; con l’introduzione della Flat Tax, ossia l’aliquota unica (15%) valida per tutti con la progressività dell’imposizione garantita dalla no tax area, l’assegno netto percepito dal pensionato salirebbe di 1.958€, ovvero per un guadagno di 1.674€ in più rispetto a quanto avviene oggi.

Insomma, un guadagno di circa il 30% per quella che già oggi viene considerata una pensione d’oro.

Secondo le stime del report, quindi, per il Governo giallo-verde non sarà facile reperire risorse dal taglio delle pensioni d’oro, ecco perché ad oggi sulla riforma del sistema previdenziale annunciata da Lega e Movimento 5 Stelle ci sono molti più dubbi che certezze.

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