Pensioni avvocati: la Cassa Forense può abbassare l’assegno entro il termine di 10 anni

Simone Micocci

24 Giugno 2019 - 11:02

condividi

Nuova sentenza della Cassazione sul diritto della Cassa Forense di rideterminare la pensione degli avvocati anche dopo la liquidazione dell’assegno.

Pensioni avvocati: la Cassa Forense può abbassare l’assegno entro il termine di 10 anni

Cosa succede se la Cassa Forense dopo aver svelato l’importo della pensione riconosciuta ad uno dei suoi iscritti torni indietro sui propri passi rideterminando, in maniera più sfavorevole, l’assegno?

A rispondere a questa domanda ci ha pensato la Corte di Cassazione con la sentenza numero 16.415 pubblicata il 19 giugno scorso, con la quale i giudici hanno fatto chiarezza su quanto la prima proposta effettuata dalla Cassa Forense nei confronti degli assicurati sia contrattualmente vincolante.

È successo in più di un’occasione, infatti, che la Cassa Forense dopo aver annunciato un importo per l’assegno di pensione lo abbia poi rideterminato in un secondo momento abbassando la somma; a tal proposito la Corte di Cassazione ha fatto chiarezza su quando ciò è consentito ed entro quali limiti.

A fare ricorso contro la Cassa Forense questa volta è stato un ex-avvocato il quale si è lamentato per il fatto che la Cassa Forense dopo avergli anticipato - in due differenti missive - che l’importo annuo della pensione a lui riconosciuta sarebbe stato di 11.040,00€, abbia successivamente rivisto il tutto rideterminando l’importo nella misura di 4.967,00€ annui quindi nettamente più sfavorevole.

Il pensionato lamenta di essere stato tratto in inganno: solo dopo aver saputo che l’importo della pensione sarebbe stato superiore agli 11 mila euro annui, infatti, ha deciso di produrre domanda di pensione, salvo poi vedersi riconosciuto un importo notevolmente più basso.

Secondo il ricorrente quella della Cassa - in quanto ente privato (D.lgs. 509/1994) - va intesa come una proposta contrattualmente vincolante ed è per questo motivo che si è rivolto alla Corte di Cassazione chiedendo che l’importo a lui riconosciuto sia il primo - ossia pari a 11.040,00€ - e non il secondo.

Analizzata la questione, però, i giudici hanno deciso in suo sfavore: secondo la Cassazione, infatti, è libera facoltà della Cassa Forense rideterminare l’assegno di pensione - anche quando ciò comporta un pregiudizio nei confronti dell’assicurato - purché ciò avvenga entro certi termini.

Pensione: tra avvocati e Cassa Forense non valgono le regole del contratto tra privati

Secondo la Corte di Cassazione il fatto che la Cassa Forense sia stata privatizzata non ha comportato modifiche riguardo alla prestazione previdenziale alla quale non si possono per alcun motivo applicare le regole previste per i contratti privati.

Non sussiste quindi la supposizione del ricorrente per il quale la prima proposta è contrattualmente vincolante; questo perché nonostante la trasformazione da ente pubblico a privato attuata con il D.lgs. 509/1994 è rimasta immutata quella componente pubblicistica dell’attività istituzionale di previdenza ed assistenza svolta dai singoli enti. “L’obbligo contributivo costituisce un corollario della rilevanza pubblicistica dell’inalterato fine previdenziale”; è per questo motivo che il rapporto previdenziale tra Cassa e assicurati non rientra nello schema del contratto di diritto privato.

Pensione avvocati: rideterminazione dell’importo possibile (entro 10 anni dalla liquidazione)

Visto quanto appena detto la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso presentato dall’avvocato riconoscendo la facoltà della Cassa Forense, al pari di quanto succede per gli assicurati nel regime pubblico gestito dall’Inps, di rideterminare l’importo dell’assegno in qualsiasi momento, anche se successivo al pensionamento.

Quindi la rideterminazione è possibile: l’unico vincolo per la Cassa è quello per cui se l’importo viene modificato successivamente alla liquidazione della pensione non può pretendere la restituzione delle somme erogate in più fino a quel momento.

A sostegno di questa tesi la Corte ha portato quanto già stabilito nella sentenza 501/2009, nella quale si legge che in base a quanto si può desumere dall’articolo 20 della legge 876/1980 l’ente previdenziale ha la facoltà - al momento della domanda di pensione - di verificare ogni corrispondenza tra dichiarazioni annuali dei redditi e le comunicazioni annualmente inviate dall’iscritto, nel limite però degli ultimi 10 anni; il tutto per far valere “l’esigenza di certezza dei rapporti giuridici rispetto all’esigenza di far valere, senza limiti temporali, l’esatta corrispondenza della posizione contributiva/previdenziale delle regole disciplinanti la sua configurazione”.

La Cassa Forense quindi può provvedere alla rideterminazione degli importi della pensione, anche dopo la liquidazione della stessa, sia in termini favorevoli che sfavorevoli per l’assicurato; il tutto nel rispetto del limite della prescrizione decennale, quindi entro i 10 anni dalla domanda di pensione.

Iscriviti a Money.it