Opzione donna addio, ecco quale sarà l’alternativa

Simone Micocci

24 Agosto 2023 - 12:01

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Pensioni, Opzione donna non sarà confermata: al suo posto l’Ape sociale si colora di rosa.

Opzione donna addio, ecco quale sarà l’alternativa

Opzione donna, dopo la stretta attuata nel 2023, rischia di sparire per sempre ma il governo Meloni ha già pronta l’alternativa che tuttavia potrebbe non piacere a quelle oltre 20 mila “esodate” che hanno pagato le novità introdotte dall’ultima manovra.

Rispetto a Opzione donna, l’alternativa pensata dal governo consentirebbe di andare in pensione molti anni dopo: non più a 58, ma a 63 anni. L’intenzione, infatti, sembra essere quella di estendere anche alle lavoratrici la possibilità di accedere all’Ape sociale - che invece verrà sicuramente confermata nel 2024 - il che tuttavia non rappresenterebbe una soluzione per le esodate a meno che non dovesse esserci una riduzione del requisito anagrafico.

Il passaggio da Opzione donna all’Ape sociale avrebbe però il vantaggio di rappresentare una soluzione di lungo periodo e, soprattutto, senza penalizzazioni per l’assegno.

La storia di Opzione donna

Come noto, fino al 2022 Opzione Donna ha rappresentato un’importante alternativa per il pensionamento anticipato, tanto che ha permesso a oltre 170 mila lavoratrici di andare in pensione tra i 58 (per le subordinate) e i 59 anni (per le autonome). Il tutto soddisfando un requisito contributivo di 35 anni, oltre ad accettare una penalizzazione dell’assegno visto che questo verrebbe ricalcolato interamente con il contributivo.

Tuttavia, quando sembrava scontata una proroga anche per il 2023, il governo Meloni ha cambiato le carte in tavola rivedendo i requisiti per l’accesso a Opzione donna, spostando l’età anagrafica a 60 anni per tutte - con la possibilità di ridurla di 12 mesi per ogni figlio avuto, fino a un massimo di 2 anni - e limitandone l’accesso alle categorie più fragili (invalide, caregiver e licenziate o impiegate presso aziende in crisi).

Un cambiamento che ha escluso circa 20 mila lavoratrici dalla possibilità di approfittare di Opzione donna nel 2023 e che nonostante le promesse fatte dal governo durante i vari incontri per la riforma delle pensioni non è stato oggetto di ripensamenti.

Adesso però l’Esecutivo dovrà decidere cosa fare nel 2024, visto che una proroga di Opzione donna alle stesse condizioni di quest’anno non avrebbe senso (nel 2023 sono state appena 7.536 le domande, rispetto alle 23.812 dell’intero 2022). A tal proposito, secondo indiscrezioni una decisione è già stata presa con Opzione donna che verrà definitivamente cancellata per fare spazio a una cosiddetta “Ape rosa”.

Ape sociale rosa, come funziona?

Oggi l’anticipo pensionistico (Ape) sociale consente di smettere di lavorare all’età di 63 anni, quindi 4 anni prima rispetto a quanto previsto dalla pensione di vecchiaia, a coloro che fanno parte di alcune categorie:

  • disoccupati di lungo periodo;
  • invalidi con percentuale di almeno il 74%;
  • caregiver;
  • lavoratori impiegati in mansioni usuranti.

Per chi fa parte delle prime tre categorie basta aver maturato 30 anni di contributi per poter accedere all’Ape sociale, mentre per gli usuranti ne servono 36 anni.

Ebbene, l’intenzione prevede di includere nel suddetto elenco anche le donne, così da consentire a tutte le lavoratrici di poter uscire dal mercato del lavoro a 63 anni di età e 30 (o forse 35) anni di contributi. Questa soluzione però non rappresenterebbe una soluzione per quelle circa 20 mila lavoratrici che hanno pagato le conseguenze della nuova Opzione donna: si tratta infatti di donne che hanno tra i 58 e i 60 anni che quindi non riuscirebbero a raggiungere il requisito anagrafico richiesto dall’Ape sociale.

Ecco perché si sta valutando se per un periodo limitato ridurre il requisito anagrafico, ma solo per le donne, a 60 anni, così da comprendere anche le “esodate” di Opzione donna: allora sì che l’Ape rosa rappresenterebbe una valida alternativa, anche perché riuscirebbero a evitare il ricalcolo contributivo che nella maggior parte dei casi comporta una riduzione dell’assegno.

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