Tra tassi d’interesse in calo, utili in crescita e fondamenta più solide, l’attuale corsa all’intelligenza artificiale appare più sostenibile del boom tecnologico di fine anni ’90.
L’entusiasmo per l’intelligenza artificiale sembra inarrestabile. Dalle valutazioni record di OpenAI ai massimi storici dei mercati azionari, fino ai colossi tecnologici pronti ad assumere nuovo debito per potenziare i loro data center: gli ingredienti per una “nuova bolla” sembrano esserci tutti. Persino Sam Altman, CEO di OpenAI, ha ammesso che gli investitori si stanno “sovraeccitando per l’AI”, tracciando un parallelo con la bolla delle dotcom dei primi anni 2000.
Eppure, gli analisti di Capital Economics sostengono che i numeri raccontano una storia diversa. Secondo l’istituto, le previsioni sugli utili futuri delle società dell’indice S&P 500 — le cosiddette forward-12-month earnings per share (FTM EPS) — continuano a crescere, alimentando il rally azionario. Questo incremento non riguarda solo i giganti tech, ma anche il resto delle aziende dell’indice.
Il rapporto tra prezzi azionari e utili attesi, uno dei principali indicatori di sopravvalutazione, è salito solo marginalmente: da 22,3 a 22,6. Un aumento minimo se confrontato con i livelli raggiunti alla vigilia dello scoppio della bolla dotcom. Anzi, per i titoli Big Tech, il rapporto prezzo/utili è addirittura leggermente diminuito. [...]
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