Ethereum sotto pressione tra paura e speranza: può scendere a 2.700 dollari o puntare verso 8.500. Ecco cosa sta davvero accadendo e cosa aspettarsi ora.
Il crollo di Ethereum non è stato un fulmine a ciel sereno, né il semplice effetto collaterale di un attacco hacker. L’hack multimilionario ai danni di Balancer, uno dei principali protocolli DeFi costruiti sulla rete Ethereum, ha sicuramente amplificato le vendite e innescato il panico tra i trader, ma non è questa la vera causa del ribasso.
La discesa sotto i 3.600 dollari, con un tonfo intraday vicino al -9% all’inizio di novembre, si inserisce in un contesto più ampio di fragilità dei mercati globali, dove la fiducia è sempre più labile e la volatilità è tornata a dominare le contrattazioni.
L’umore degli investitori è cambiato e da settimane si moltiplicano i segnali che qualcosa, nel rally guidato dall’intelligenza artificiale, stia scricchiolando. Le valutazioni record delle Big Tech, il rialzo selettivo degli indici e la sensazione di trovarsi di fronte a una nuova bolla hanno spinto molti operatori a ridurre il rischio. E come sempre accade, quando Wall Street si mette sulla difensiva, anche il mercato crypto finisce nel mirino.
Ethereum paga così il prezzo di un clima globale di nervosismo e sfiducia. Questo divide gli analisti: per alcuni potrà scendere fino a 2.700 dollari. Per altri, volare verso quota 8.500.
Non solo Ethereum sotto pressione
Il colpo inferto all’ecosistema Ethereum non è solo tecnico, è psicologico. Balancer non è un progetto qualunque: è uno dei protocolli simbolo della DeFi, la vetrina di quella “nuova finanza” che prometteva di eliminare le banche. L’attacco hacker che ha drenato fondi per oltre 100 milioni di dollari ha riacceso il fantasma della vulnerabilità, proprio mentre i mercati globali sono nuovamente in balia dell’incertezza.
A peggiorare la situazione, un contesto macroeconomico tutt’altro che favorevole. Le valutazioni delle Big Tech restano alle stelle, ma il rally dell’intelligenza artificiale mostra le prime crepe. Gli investitori vedono similitudini con lo schema della bolla delle dot-com: troppo capitale concentrato in pochi titoli e troppe aspettative su una tecnologia ancora in fase embrionale. La Federal Reserve, intanto, frena le speranze di un taglio dei tassi a breve, rafforza il dollaro e spinge gli asset rischiosi (come le criptovalute) sull’orlo del precipizio.
In questo scenario, Ethereum diventa lo specchio delle contraddizioni di tutto il comparto crypto. L’attacco a Balancer ha agito da miccia, ma il combustibile era già lì: settimane di prese di profitto, liquidazioni di posizioni con leva e una crescente fuga verso asset considerati più sicuri.
Perché Ethereum può crollare del 25% o salire del 130%
È in questo equilibrio precario che Ethereum si muove come una molla compressa. Ed è il motivo per cui può scendere del 25% o salire del 130%.
Grafico Ethereum
Fonte Tradingview
Il rischio di crollo nasce da fattori concreti. Il supporto dei 3.000 dollari è il primo spartiacque: se dovesse cedere, il target del ribasso si colloca in area 2.700. Il venir meno dei flussi istituzionali, come segnalato da 10x Research, e la concentrazione delle riserve in poche mani (15 aziende controllano quasi 5 milioni di ETH) amplificano il rischio di un effetto domino. A questo si aggiunge un clima di scarsa liquidità, che può trasformare un calo moderato in una sell off nel giro di poche ore.
Ma c’è anche l’altro lato della medaglia. Gli stessi dati on-chain che oggi fanno paura potrebbero essere il preludio di un’inversione. Secondo Santiment, l’aumento delle posizioni short sugli exchange crea terreno fertile per uno “short squeeze”, cioè un rimbalzo improvviso che costringe i ribassisti a chiudere in perdita e a ricomprare in massa, alimentando il rialzo. È una dinamica ben nota ai trader: più la paura cresce, più si accumula energia potenziale per il rimbalzo.
Inoltre, i fondamentali della rete restano solidi. L’attività sulle altcoin dell’ecosistema Ethereum (da Arbitrum a Optimism) è in aumento, i volumi sulle piattaforme DeFi sono tornati ai massimi da sei mesi e la quantità di ETH in staking ha superato il 27% dell’offerta totale. Tutti segnali di accumulo silenzioso, che storicamente hanno anticipato i grandi movimenti di prezzo.
Gli analisti più ottimisti, vedono nella resistenza dei 4.800 dollari il vero punto di svolta. Una rottura convincente di questa soglia potrebbe innescare la “fase due” del rally, con target tecnico in area 8.500. Una proiezione ambiziosa, certo, ma non irrealistica se il mercato dovesse tornare a prezzare Ethereum come infrastruttura portante del Web3 e principale alternativa al dominio di Bitcoin.
leggi anche
Rischio bolla ai massimi. 2 banche d’affari prevedono un crollo dei mercati entro 24 mesi
| DISCLAIMER Le informazioni e le considerazioni contenute nel presente articolo non devono essere utilizzate come unico o principale supporto in base al quale assumere decisioni relative agli investimenti. Il lettore mantiene la piena libertà nelle proprie scelte d’investimento e la piena responsabilità nell’effettuazione delle stesse, poiché egli solo conosce la sua propensione al rischio e il suo orizzonte temporale. Le informazioni contenute nell’articolo sono fornite a mero scopo informativo e la loro divulgazione non costituisce e non è da considerarsi un’offerta o sollecitazione al pubblico risparmio. |
© RIPRODUZIONE RISERVATA