Meglio prendere ferie o permessi per andare in vacanza?

Simone Micocci

15 Dicembre 2025 - 17:56

Cosa prendere tra ferie e permessi? Ecco cosa ci consigliano le norme di diritto del lavoro.

Meglio prendere ferie o permessi per andare in vacanza?

Per andare in vacanza, meglio prendere ferie o permessi? È una domanda che si ripresenta puntualmente ogni anno, soprattutto quando si avvicinano le vacanze di Natale o l’estate, i due periodi in cui la maggior parte dei lavoratori concentra il bisogno di staccare dal lavoro e recuperare energie.

In questi periodi, davanti al calendario, molti si chiedono cosa scegliere tra ferie o permessi così da ottenere qualche giorno di riposo extra senza fare una scelta sbagliata.

Il dubbio non ha una risposta scontata. Ferie e permessi, infatti, sono entrambi periodi di assenza retribuita, ma rispondono a logiche diverse e seguono regole precise stabilite dalla legge e, spesso, dai contratti collettivi. Scegliere l’una o l’altra opzione può, quindi, avere conseguenze differenti.

Ecco perché prima di scegliere se sono meglio le ferie o i permessi bisogna valutare con attenzione la propria situazione personale, ad esempio guardando a quante ferie sono già maturate oppure a quanti permessi restano da utilizzare.

Meglio scegliere ferie o permessi?

Diciamolo subito chiaramente: non esiste una risposta uguale per tutti. Capire cosa scegliere tra ferie o permessi richiede un’analisi che tenga conto delle regole generali, ma anche delle esigenze del lavoratore. Ed è proprio da qui che conviene partire per fare una scelta consapevole.

Nel dettaglio, per capire cosa conviene scegliere tra ferie o permessi, è però necessario fare un passo indietro e chiarire il quadro generale. Come noto, lo svolgimento della prestazione lavorativa comporta inevitabilmente un dispendio di energie psico-fisiche, che rende indispensabili periodi di riposo e, quindi, di assenza dal lavoro.

Proprio per garantire un’effettiva astensione dall’attività lavorativa, l’ordinamento prevede che i periodi di non attività siano retribuiti nella stessa misura di quelli in cui il dipendente lavora.

A tal proposito, gli strumenti previsti a questo scopo sono essenzialmente due. Da un lato ci sono le ferie, la cui disciplina è fissata dalla legge e integrata dai contratti collettivi nazionali di lavoro; dall’altro i permessi, regolati esclusivamente dalla contrattazione collettiva. A loro volta i permessi si articolano normalmente in più tipologie: le cosiddette ex-festività, che sostituiscono le festività soppresse per legge, e i permessi per riduzione dell’orario di lavoro, noti come Rol, pensati per diminuire il monte ore annuo effettivamente lavorato.

È però fondamentale non fare confusione tra questi permessi, che rispondono a esigenze analoghe a quelle delle ferie, e altri permessi retribuiti previsti per finalità completamente diverse. Si pensi, ad esempio, ai permessi per motivi sanitari legati alla disabilità, a quelli per lutto o grave infermità, ai permessi per cariche pubbliche o sindacali, per la partecipazione alle operazioni elettorali, per il volontariato di Protezione civile o per motivi di studio. In tutte queste ipotesi non c’è alcun margine di scelta: le ferie non possono in alcun modo sostituire tali permessi, perché rispondono a logiche e finalità differenti.

Chiarito questo punto, resta dunque la vera questione, che riguarda esclusivamente ferie, ex-festività e Rol: meglio chiedere gli uni o gli altri? La risposta passa dall’analisi della posizione individuale del lavoratore, ed è da qui che conviene partire.

Hai un residuo elevato di ferie?

La normativa vigente (decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66) riconosce a tutti i lavoratori dipendenti un periodo minimo di ferie annuali, pari a 4 settimane per ogni anno di lavoro. Un diritto irrinunciabile, accompagnato però da obblighi temporali precisi.

In particolare, le ferie devono essere fruite:

  • per almeno 2 settimane nell’anno di maturazione;
  • per le restanti 2 settimane entro i 18 mesi successivi alla fine dell’anno in cui sono state maturate.

Il mancato rispetto di queste scadenze espone il datore di lavoro a conseguenze sia legali che economiche, motivo per cui l’azienda ha tutto l’interesse a evitare l’accumulo eccessivo di ferie non godute. Proprio per questo, in presenza di residui elevati, il datore di lavoro può arrivare a collocare unilateralmente il dipendente in ferie, anche in assenza di una richiesta esplicita, non solo per tutelarsi sotto il profilo sanzionatorio, ma anche per adempiere all’obbligo di tutela della salute e dell’integrità psico-fisica del lavoratore.

Il rovescio della medaglia è evidente: in queste situazioni il dipendente rischia di assentarsi non nei periodi che preferisce, ma in quelli decisi dal datore di lavoro. È il caso, tutt’altro che raro, di genitori con figli che si vedono “scaricare” giorni di ferie in mesi poco compatibili con le vacanze scolastiche, sprecando così opportunità di riposo realmente utili.

Ecco perché, quando il saldo ferie è elevato e si avvicinano le scadenze di legge, conviene dare priorità alle ferie rispetto ai permessi. Utilizzarle per tempo consente al lavoratore di gestire in autonomia i propri periodi di assenza, ridurre il rischio di imposizioni aziendali e mantenere il controllo su uno strumento che, per legge, non può essere né monetizzato né accumulato senza limiti.

Hai un residuo elevato di permessi?

Viceversa, il lavoratore che ha un residuo elevato di ore o giorni di permesso non goduti dovrebbe dare la precedenza a questi ultimi. La ragione? Esistono contratti collettivi nazionali di lavoro che prevedono la liquidazione in busta paga dei permessi maturati e non goduti dal lavoratore entro una certa data di scadenza.

In queste ipotesi il lavoratore ha sì un aumento del netto in busta paga ma perde al tempo stesso la possibilità di usufruire di periodi di assenza peraltro retribuiti.

L’assenza è per singoli giorni o settimane?

Ricordiamo poi che la fruizione delle ferie, a differenza dei permessi, è di norma prevista per assenze di lunga durata, che interessano:

  • 3 o più giorni consecutivi;
  • 1 o più settimane intere;
  • 1 o più mesi.

Al contrario, i permessi si limitano a singole ore o giorni di assenza o, al massimo, 2 giorni consecutivi. Questa differenza di trattamento è senza dubbio giustificata dal fatto che le ferie sono soggette a scadenze che, se non rispettate, espongono l’azienda, ad esempio, al pagamento anticipato dei contributi Inps o a possibili richieste di risarcimento danni da parte del lavoratore.

Esiste quindi la naturale esigenza di utilizzare le ferie per periodi di assenza di lunga durata, così da permettere al dipendente di esaurire le ferie stesse nel rispetto delle scadenze di legge.

Al contrario, l’eventuale presenza di permessi non goduti avrebbe il solo effetto di doverne liquidare i corrispondenti importi in busta paga.

La preferenza per le ferie, con riguardo ad assenze di lunga durata, è determinata anche dal fatto che il dipendente, per legge, non può maturare, per un anno di presenza in azienda, un monte ore - giorni di ferie inferiore a 4 settimane.

Tale monte ore è di frequente superiore a quello del totale delle ore di permesso «ex-festività» o «Rol» (anch’esse maturate nell’anno) e, pertanto, meglio si presta a essere sfruttato per assenze di considerevole durata.

Cambia la retribuzione tra ferie e permessi?

Concludiamo chiarendo che dal punto di vista economico tra ferie e permessi non esiste alcuna differenza. In entrambi i casi, infatti, al lavoratore spetta la stessa retribuzione che avrebbe percepito se avesse regolarmente svolto la propria prestazione lavorativa, sia essa di natura manuale o intellettuale.

Le ore o i giorni di assenza coperti da ferie sono retribuiti esattamente come le assenze fruite tramite permessi ex-festività o Rol, senza penalizzazioni sullo stipendio. Anche sotto il profilo fiscale e contributivo il trattamento è identico: gli importi corrisposti per ferie e permessi sono interamente imponibili, sia ai fini Inps che ai fini Irpef, al pari delle normali ore lavorate.

Ne consegue che la scelta tra ferie o permessi non può e non deve essere guidata da una valutazione economica, perché il netto in busta paga non cambia. La decisione va quindi ricondotta a criteri diversi, come la gestione dei residui, le scadenze previste dalla legge e dai contratti collettivi e la durata dell’assenza che si intende programmare.

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# Ferie

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