Se la società decide di cessare l’attività, può farlo attraverso la liquidazione volontaria. Ecco come funziona, a chi conviene e gli adempimenti necessari.
Se la tua azienda sta valutando di interrompere l’attività, la liquidazione volontaria è la soluzione più sicura e trasparente per chiudere i conti in ordine, tutelando soci e creditori. Vediamo come funziona.
Cos’è la liquidazione volontaria?
La liquidazione volontaria è:
“La procedura con la quale una società, in assenza di insolvenza, decide autonomamente di cessare la propria attività e di liquidare il proprio patrimonio, soddisfacendo i creditori e distribuendo l’eventuale residuo ai soci.”
Gli artt. 2484 e ss c.c. disciplinano la liquidazione volontaria per le società di capitali, mentre per le società di persone si applicano gli artt. 2272 e ss. c.c.
L’avvio della procedura avviene con delibera assembleare adottata per cause previste dalla legge o dallo statuto sociale. Tra queste rientrano:
- la scadenza del termine di durata della società;
- l’impossibilità di conseguire l’oggetto sociale;
- la sopravvenuta inattività della società;
- la volontà dei soci.
Quando si avvia una liquidazione volontaria, gli amministratori decadono dalla gestione ordinaria e straordinaria della società, subentrando il liquidatore, il cui compito principale è di realizzare l’attivo, pagare i debiti sociali e distribuire quanto residua tra i soci. L’interesse dei creditori viene tutelato attraverso la regola della par condicio creditorum: solo dopo il pagamento integrale dei debiti, i soci possono ricevere la quota residua di patrimonio.
Quando conviene optare per la liquidazione volontaria
La liquidazione volontaria può essere la soluzione più efficiente per cessare un’attività economica in modo ordinato, specie in assenza di situazioni di insolvenza e di conflitti tra soci. È una scelta preferibile quando la società ha la possibilità di onorare integralmente i propri debiti e desidera preservare l’autonomia decisionale, evitando il danno reputazionale e l’aggravio di una procedura fallimentare.
Un’azienda potrebbe scegliere la liquidazione volontaria dopo aver terminato il ciclo economico per cui era stata costituita oppure per ragioni personali dei soci, come il pensionamento senza ricambio generazionale. Va ricordato che la liquidazione volontaria consente di negoziare direttamente eventuali transazioni con i creditori, aspetto non trascurabile quando si vuole chiudere un’attività senza lasciare pendenze.
Differenza tra liquidazione volontaria, coatta e fallimentare
La liquidazione volontaria, la liquidazione coatta amministrativa e la liquidazione giudiziale (fallimento) rispondono a presupposti e finalità profondamente diversi. La liquidazione volontaria nasce da una decisione interna della società, mentre la liquidazione coatta amministrativa è disposta dall’autorità amministrativa nei confronti di società che esercitano attività di particolare rilievo pubblico.
La liquidazione giudiziale, o fallimento invece, viene dichiarata dal tribunale quando una società si trova in stato di insolvenza ai sensi del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza D. lgs. n. 14/2019. In termini pratici, mentre nella liquidazione volontaria il liquidatore risponde principalmente nei confronti dei soci e dei creditori per il corretto svolgimento del proprio incarico. Invece, nella liquidazione coatta amministrativa e nella procedura fallimentare la responsabilità si estende anche verso le autorità di vigilanza e giudiziarie, con conseguenze rilevanti anche sotto il profilo penale, ad esempio per bancarotta o gestione irregolare.
Quali aziende possono accedere alla liquidazione volontaria?
Hanno accesso alla liquidazione volontaria le società di capitali come S.p.A., S.r.l. e S.a.p.a., le società di persone, ossia S.n.c. e S.a.s., nonché le ditte individuali, benché per queste ultime la procedura sia più semplice e meno formalizzata rispetto alle società.
Il requisito dirimente per poter procedere è l’assenza di uno stato di insolvenza: la società deve essere in grado di onorare i propri debiti. Non esistono limiti dimensionali o settoriali: qualsiasi società, può scegliere la liquidazione volontaria.
Liquidazione volontaria per società di capitali e di persone
Per le società di capitali la procedura di liquidazione volontaria si apre con una delibera assembleare adottata con la maggioranza prevista dallo statuto o dal codice civile. La delibera deve risultare da atto pubblico, redatto da notaio, che provvede poi a depositarla presso il Registro delle Imprese. Da questo momento, ogni attività della società è finalizzata unicamente alla liquidazione, cioè alla conversione in denaro del patrimonio sociale e al pagamento dei debiti.
Le società di persone, seguono una procedura più snella: la decisione di scioglimento viene presa con il consenso della maggioranza dei soci (o all’unanimità se previsto dall’atto costitutivo). Anche in questo caso, la pubblicità dell’avvenuto scioglimento e della nomina dei liquidatori deve essere curata presso il Registro delle Imprese art. 2312 c.c.. L’aspetto peculiare delle società di persone è che i soci, salvo diversa pattuizione, possono essere nominati liquidatori e partecipano più direttamente alle operazioni di liquidazione.
Impatto sui soci: responsabilità e limiti
Nella liquidazione volontaria il tema della responsabilità dei soci assume un peso diverso a seconda che si tratti di società di persone o di società di capitali.
“Nelle società di persone, la responsabilità dei soci per le obbligazioni sociali è illimitata e sussidiaria: se il patrimonio della società non basta a soddisfare i creditori, questi possono agire direttamente sui beni personali dei soci.”
È per questo che, nella fase di liquidazione, i soci sono attenti a garantire che tutte le obbligazioni vengano estinte prima della cancellazione della società.
“Nelle società di capitali la responsabilità dei soci è generalmente limitata al capitale sottoscritto, salvo casi particolari di mala gestio o abuso della personalità giuridica.”
Questo principio resta fermo anche in fase di liquidazione, purché il liquidatore abbia operato con la diligenza richiesta dall’art. 2489 c.c.
Il liquidatore, infatti, è un organo sociale con poteri e doveri ben precisi: deve agire nell’interesse dei creditori e dei soci, predisporre l’inventario iniziale, liquidare l’attivo e provvedere al pagamento dei debiti. La mancata osservanza degli obblighi di legge può esporre il liquidatore a responsabilità civile, amministrativa e, nei casi più gravi, penale. Per esempio, il liquidatore che ometta di versare le ritenute fiscali durante la liquidazione o compia atti di distrazione dei beni sociali potrebbe rispondere anche di reati tributari o di bancarotta, se si accertasse uno stato di insolvenza sopravvenuto.
Procedura di liquidazione volontaria: dalla delibera alla cancellazione
La procedura di liquidazione volontaria si sviluppa attraverso una serie di fasi che vanno dalla decisione di scioglimento fino alla cancellazione dal Registro delle Imprese.
Delibera di scioglimento: requisiti legali
La prima fase della liquidazione volontaria è la delibera di scioglimento. Nelle società di capitali, la delibera deve essere assunta dall’assemblea con la maggioranza richiesta dalla legge o dallo statuto; il verbale viene redatto da un notaio che provvede a depositare l’atto presso il Registro delle Imprese. Questo adempimento ha un effetto costitutivo: solo dopo la pubblicazione la società entra formalmente in stato di liquidazione.
Ad esempio, una S.p.A. che, dopo la decisione di cessare l’attività per mutate condizioni di mercato, delibera lo scioglimento e lo rende pubblico per tutelare i creditori e i terzi. La stessa regola si applica per le società di persone, anche se con modalità più snelle e spesso senza intervento notarile, ma sempre con obbligo di pubblicità.
Nomina del liquidatore
Dopo lo scioglimento, l’assemblea provvede alla nomina del liquidatore art. 2487 c.c.. Può essere nominato liquidatore anche un soggetto esterno alla compagine sociale, purché in possesso dei requisiti di legge e di adeguata affidabilità.
“Il liquidatore acquisisce la rappresentanza della società, subentrando agli amministratori in tutte le attività necessarie per la liquidazione del patrimonio sociale.”
I suoi poteri comprendono la gestione dei beni sociali, la riscossione dei crediti, il pagamento dei debiti e l’adozione di ogni atto utile a portare a termine la liquidazione. Egli è inoltre tenuto a rendicontare periodicamente ai soci circa lo stato delle operazioni di liquidazione e può essere revocato o sostituito dall’assemblea, sempre nel rispetto delle regole statutarie e di legge.
Inventario, realizzo attivo, pagamento debiti e bilancio finale
Il liquidatore deve redigere l’inventario dei beni sociali, documento che fotografa la situazione patrimoniale al momento dell’apertura della liquidazione. Segue il realizzo dell’attivo, cioè la conversione in denaro dei beni sociali attraverso la vendita, l’incasso dei crediti e la gestione di eventuali contenziosi. Il liquidatore deve poi provvedere al pagamento integrale dei debiti sociali: la priorità spetta ai creditori, secondo il principio della par condicio creditorum.
Concluse tutte le operazioni, il liquidatore predispone il bilancio finale di liquidazione, che riassume le operazioni svolte e determina l’eventuale residuo da distribuire ai soci. Il bilancio finale, da redigersi secondo i principi OIC 5, va approvato dai soci e depositato presso il Registro delle Imprese, unitamente alla richiesta di cancellazione.
Ridistribuzione dell’attivo residuo ai soci
Solo dopo il pagamento di tutti i debiti e la definizione di ogni pendenza è possibile procedere alla distribuzione dell’attivo residuo tra i soci. La legge tutela in via prioritaria i creditori, i quali hanno diritto di opposizione entro 90 giorni dal deposito del bilancio finale.
Tale termine è una vera e propria “zona di sicurezza”, voluta dal legislatore per impedire che i soci ricevano somme prima che siano stati soddisfatti tutti i creditori. Nella pratica, può accadere che vi siano posizioni creditorie contestate o non ancora definite. In tali casi, il liquidatore dovrà accantonare le somme corrispondenti fino alla soluzione delle controversie.
Cancellazione dal Registro delle Imprese e chiusura formale
A conclusione della procedura:
“Il liquidatore chiede la cancellazione della società dal Registro delle Imprese, depositando la documentazione richiesta dalla legge, inclusi il bilancio finale e l’attestazione che non sussistono ulteriori rapporti giuridici pendenti.”
La cancellazione ha efficacia costitutiva. Da quel momento, la società cessa di esistere come soggetto giuridico. Tuttavia, anche dopo la cancellazione, possono insorgere responsabilità personali per liquidatori e soci se emergono crediti non soddisfatti o irregolarità nelle operazioni di liquidazione.
Adempimenti fiscali, contabili e legali
Il liquidatore, che subentra agli amministratori, risponde personalmente degli obblighi previsti dalla legge. Le comunicazioni e gli adempimenti fiscali devono essere eseguiti nei termini di legge, per non incorrere in sanzioni o responsabilità patrimoniali. Ad esempio l’omessa trasmissione del bilancio finale o delle dichiarazioni fiscali può rendere il liquidatore responsabile verso l’Erario o i soci per gli eventuali danni.
Comunicazioni obbligatorie al Registro delle Imprese e pubblicazioni
Fin dalla delibera di scioglimento, la società deve comunicare l’avvenuto inizio della liquidazione al Registro delle Imprese, secondo le modalità telematiche stabilite dalla Camera di Commercio territorialmente competente. Il deposito dell’atto, generalmente eseguito dal notaio per le società di capitali, ha effetto costitutivo ed è seguito dalla pubblicazione nel registro stesso, con lo scopo di informare i terzi e i creditori della nuova fase in cui si trova la società. Ogni variazione successiva – dalla nomina o sostituzione del liquidatore, al deposito del bilancio finale – deve essere oggetto di comunicazione tempestiva e conforme agli obblighi di pubblicità (artt. 2484 e 2490 c.c.).
Bilancio di liquidazione conforme a OIC 5
Durante la liquidazione:
“Il liquidatore è tenuto a redigere e depositare annualmente il bilancio di esercizio e, al termine delle operazioni, il bilancio finale di liquidazione, attenendosi ai principi contabili OIC 5 dell’Organismo Italiano di Contabilità.”
Il bilancio di liquidazione deve rappresentare in modo chiaro e trasparente le operazioni svolte, l’attivo e il passivo residui, le somme accantonate per eventuali rischi e il risultato finale da distribuire ai soci.
Dichiarazioni fiscali e Irap in fase di liquidazione
La fase di liquidazione non sospende gli obblighi fiscali della società: il liquidatore deve continuare a presentare tutte le dichiarazioni previste, inclusa la dichiarazione IVA, la dichiarazione IRAP e la dichiarazione dei redditi.
È necessario liquidare e versare tutte le imposte dovute, gestire le ritenute fiscali sui compensi eventualmente erogati e chiudere, al termine della liquidazione, le relative posizioni fiscali e previdenziali. In particolare, la dichiarazione di cessazione attività deve essere inviata all’Agenzia delle Entrate entro 30 giorni dalla data di cancellazione della società dal Registro delle Imprese.
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