Lagarde va oltre questione tassi BCE. Il monito all’Europa, “irresponsabile” se non cresce

Laura Naka Antonelli

21 Novembre 2025 - 12:57

Il discorso di Lagarde va oltre la questione tassi. Il monito all’Europa e le cifre degli investimenti degli europei negli Stati Uniti che hanno creato “un circolo vizioso”

Lagarde va oltre questione tassi BCE. Il monito all’Europa, “irresponsabile” se non cresce

Chi è causa del suo mal pianga se stesso: questa in sostanza la sferzata all’Europa, arrivata oggi dalla Presidente della BCE Christine Lagarde, con il discorso “From resilience to strength: unleashing Europe’s domestic market”, ovvero Dalla resilienza alla forza: liberare il mercato domestico dell’Europa”.

Lagarde ha affrontato anche la questione dei tassi dell’area euro, ricordando il sostegno che la Banca centrale europea ha dato all’economia dell’Eurozona con i tagli del costo del denaro, andati avanti nell’anno compreso tra il 6 giugno 2024 e il 5 giugno 2025, prima dello stop al ciclo di allentamento monetario: tagli di ben 200 punti base in tutto, come ha tenuto a precisare la presidente dell’istituzione, che hanno dato linfa alla crescita del PIL dell’Eurozona.

Nel rimarcare che la BCE sta facendo la sua parte, assicurando la stabilità dei prezzi (dunque dell’inflazione) all’area euro, la numero uno dell’Eurotower ha fatto notare che “ abbiamo tagliato i tassi di interesse di 200 punti base dal loro picco, fattore che si sta manifestando in modo sempre più significativo nell’allentamento delle condizioni di finanziamento, supportando la domanda”.

Guardando in avanti, “continueremo ad apportare aggiustamenti alla nostra politica in base alle necessità, garantendo che l’inflazione rimanga al nostro target”.

Allo stesso tempo, in attesa dell’ultima riunione della BCE del 2025, Lagarde ha invitato l’Europa a essere più proattiva. La numero uno dell’Eurotower ha colto l’occasione, infatti, per avvertire che, se il blocco non agirà per colmare le sue lacune, finirà con il comportarsi in modo “irresponsabile”.

Lagarde oltre questione tassi BCE. Sferzata all’Europa affinché liberi il suo potenziale di crescita

Sulla direzione dei tassi e sulla decisione che potrà decidere di prendere il Consiglio direttivo della BCE nell’ultima riunione di politica monetaria del 2025, Lagarde non ha dato dunque grandi indicazioni, soffermandosi piuttosto sulla necessità che l’Europa si sia una mossa, per liberare il suo potenziale di crescita.

Certo, “ i pacchetti fiscali in corso di attuazione per (incrementare) le spese per la difesa e per le infrastrutture - specialmente qui in Germania - stanno arrivando in un buon momento per l’Europa e avranno un effetto considerevole sulla crescita” del PIL.

Proprio gli investimenti rappresentano l’elemento chiave per supportare l’espansione dell’economia del blocco, come ha calcolato già lo staff della BCE, stimando che “gli investimenti più alti da parte dei governi attesi nel periodo compreso tra ora e il 2027 compenseranno 1/3 circa dello shock commerciale ” che ha colpito l’Europa, a causa dei dazi imposti dal presidente americano Donald Trump.

Progressi nell’attivarsi a far crescere il PIL, insomma, l’economia europea li sta facendo.

Ma non basta, ha rincarato la dose Lagarde, soprattutto in una Unione europea che, a dispetto di un mercato unico che è stato creato più di 30 anni fa, fa fronte a barriere commerciali interne che “ rimangono troppo elevate in aree chiave ”.

Barriere interne al’UE, l’analisi della BCE. Il nodo di un mercato unico in Europa che non è davvero tale

A certificare la presenza delle troppe barriere interne all’UE una stessa analisi della BCE, che ha messo in evidenza che “le barriere interne presenti nei mercati dei servizi e dei beni sono equivalenti a dazi attorno rispettivamente al 100% e al 65% ”.

Certo, è stata l’ammissione di Lagarde, “non dovremmo aspettarci che queste barriere scompaiono da un giorno all’altro”, in quanto “ non tutti i prodotti sono commerciabili allo stesso modo e le preferenze nazionali giocheranno sempre un ruolo”.

Ciò significa che “la politica può ridurre alcune frizioni, ma non può eliminarle del tutto ”.

Detto questo, “dovremmo aspettarci due cose”, ovvero che, prima cosa, “le barriere scendano in modo sufficiente da consentire ai settori che plasmeranno la crescita futura di operare in un mercato che sia davvero europeo”, condizione necessaria sicuramente per “ i servizi digitali , che sosterranno l’innovazione futura, e i mercati dei capitali, che devono finanziarla”.

La seconda cosa su cui l’Europa deve puntare è far sì che “il mercato unica garantisca un vantaggio chiaro rispetto all’agire al di fuori di esso: in altre parole, che le barriere interne siano più basse rispetto a quelle esterne”.

Purtroppo, ha fatto notare Lagarde “al momento questo non avviene per i servizi ”, come dimostra il fatto che, “nel corso degli ulltimi 20 anni, le barriere commerciali transfrontaliere interne all’Europa non sono scese più velocemente di quelle che le aziende internazionali che cercano di operare qui si sono trovate di fronte”.

Tale fenomeno spiega il motivo per cui, “sebbene i servizi incidano ora per 3/4 sull’economia dell’Europa, il loro commercio all’interno dell’’Unione europea rappresenta soltanto 1/6 circa del PIL, praticamente lo stesso livello del nostro commercio nei servizi con il resto del mondo”.

Si tratta indubbiamente di un “forte spreco per il potenziale” di crescita, secondo Lagarde, “specialmente in un momento in cui dobbiamo fare affidamento più su noi stessi che sugli altri .

Quanto è inoltre fondamentale capire, secondo la presidente della BCE, è che agire per rimuovere questi ostacoli non richiederebbe a suo avviso neanche un “ cambiamento radicale ”.

Lagarde rimarca messaggio ancora più urgente e avverte che l’Europa rischia di essere “irresponsabile”

Nel rimarcare il bisogno che l’area euro si muova per il suo stesso bene, completando innanzitutto il mercato unico, Lagarde si è riferita anche al fenomeno della tassazione, ricordando l’importanza di riattivare alcune riforme, come quella “di armonizzare le regole sull’IVA” o di puntare su “ una base imponibile consolidata comune ”. Riforme che per ora “rimangono ferme a causa di veti nazionali”, ostacolando di conseguenza le aziende, che sono lasciate sole a “navigare in un labirinto di regimi fiscali frammentati”. E “questa frammentazione è particolarmente dannosa in un mondo di modelli di business digitali e di attività immateriali, in cui la politica fiscale non può essere gestita solo entro i confini nazionali”.

L’appello all’Europa affinché lavori per diventare finalmente una è stato rilanciato da Lagarde fino alla fine del suo discorso, culminato nell’ennesima strigliata ai Paesi membri che compongono l’UE:

“Se rendiamo il nostro mercato unico davvero unico, la crescita dell’Europa non dipenderà più dalle decisioni degli altri, ma dalle nostre scelte. Questo era il mio messaggio di sei anni fa. Oggi, quel messaggio è diventato ancora più urgente. Altri sei anni di inattività – e di crescita mancata – non sarebbero solo deludenti. Sarebbero irresponsabili”.

Lagarde non ha ignorato tuttavia i punti di forza del continente, osservando che “l’esperienza di quest’anno dovrebbe anche darci fiducia”, visto che l’Europa ha dimostrato di avere punti reali di forza che, se si metterà all’opera, potranno anche essere moltiplicati.

Tra l’altro, il blocco non dovrebbe neanche imbarcarsi in piani eccessivamente complicati: “I passi che dobbiamo fare non sono al di là della nostra portata. Non richiedono nuovi trattati, né una revisione radicale della nostra Unione – solo la volontà politica di usare gli strumenti che già abbiamo”. E “se saremo capaci di trovare quella volontà, l’Europa potrà passare dall’essere semplicemente resiliente all’essere davvero forte ”.

Europa troppo dipendente dagli Stati Uniti. Il boom di investimenti europei in azioni USA

Durante il suo discorso, Lagarde ha anche ricordato come la crescita si stia facendo anche “ più sbilanciata ”, in una situazione in cui “il modello di crescita dipendente dalle esportazioni, che si è tradotto in un surplus delle partite correnti persistenti” ha finito anche con “ l’aumentare la nostra dipendenza da altri Paesi, per generare la nostra ricchezza, soprattutto gli Stati Uniti ”.

La presidente della Banca centrale europea ha sottolineato a tal proposito che “i residenti dell’area euro ora detengono quasi il 10% dei loro investimenti totali nell’azionario USA, per un ammontare totale di €6,5 trilioni, due volte circa il valore detenuto alla fine del 2015”.

Gli investimenti sono certo “razionali”, in quanto “i mercati USA hanno garantito ritorni pari a circa cinque volte quelli dell’Europa, dal 2000”.

Ma tutto questo “ha creato un circolo vizioso ” in quanto, nel ricevere questa mole di investimenti, “gli Stati Uniti stanno canalizzando i risparmi europei nei (loro) settori ad alta produttività”, allargando ulteriormente “il divario tra le performance delle nostre economie” e contribuendo così a un ulteriore espatrio dei risparmi europei negli USA. Il risultato è “la stagnazione della produttività a casa (nostra) e la crescente dipendenza dagli altri ”. Qualcosa che per Lagarde non solo non è più ammissibile, ma che sarebbe anche irresponsabile continuare a portare avanti.

Nuova tirata d’orecchie all’Europa, insomma. L’ennesima, stavolta firmata da Christine Lagarde, che segue i continui moniti lanciati anche dal predecessore della presidente della BCE, ed ex Presidente del Consiglio Mario Draghi.

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