Meglio di Francia e Germania, ricorda Meloni, mentre Giorgetti non esclude che il PIL dell’Italia batta le previsioni. Ma occhio al rapporto dell’UPB.
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni è tornata oggi a tessere le lodi dell’economia italiana, facendo riferimento al trend del PIL del Paese, che continua a battere in particolare i ritmi di espansione decisamente anemici del prodotto interno lordo di Francia e Germania.
In un videomessaggio con cui è intervenuta all’assemblea di Confcommercio, Meloni ha fatto i complimenti alle imprese rappresentate dall’associazione, dunque attive nel terziario, ricordando il grande contributo che danno alla crescita dell’economia italiana:
“Oggi le imprese del terziario di mercato contribuiscono per circa la metà del PIL e dell’occupazione. Siete uno dei motori dell’economia nazionale, ed è solo grazie al vostro dinamismo e alla vostra capacità di intraprendere che l’Italia sta registrando indicatori macroeconomici estremamente positivi”.
PIL Italia, Meloni: facciamo “meglio di Francia e di Germania, ed è record numero occupati”
La premier ha poi ricordato che, nel corso del primo trimestre del 2025, il PIL dell’Italia “ è cresciuto dello 0,3% rispetto al trimestre precedente e dello 0,7% rispetto al primo trimestre del 2024, facendo meglio di Francia e Germania ”.
Si tratta di un “ dato incoraggiante , se teniamo conto della complessa situazione geopolitica internazionale e del quadro delle relazioni commerciali”, e di un dato che dimostra che l’Italia “sta sostanzialmente dimostrando la sua solidità e la sua resilienza, anche e soprattutto sul fronte dell’occupazione”.
Di fatto, “ negli ultimi due anni e mezzo è stato creato quasi un milione di posti di lavoro, e abbiamo toccato diversi primati”.
In evidenza dunque il “ record di numero di occupati ”, in un contesto in cui “ la disoccupazione è ai minimi da 18 anni a questa parte, il precariato diminuisce e i contratti stabili aumentano ”.
Si tratta di numeri “ che ci rendono orgogliosi, sicuri della strategia che abbiamo messo in campo , ma che non sono merito del Governo. Sono merito vostro, delle imprese e dei lavoratori di questa nazione”.
PIL, Giorgetti “realisticamente ottimista”
Di PIL ha parlato stamattina anche il ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti, sottolineando che la previsione di una crescita dell’economia italiana pari a + 0,6% nel 2025, così come prevista in base a quanto emerge dalle previsioni del MEF, “ è pienamente realizzabile e auspicabilmente superabile ”.
“Io faccio quello che c’è scritto nel programma politico del governo e cerco di renderlo possibile, ma tutti questi annunci sono tutti condivisibili, io li condivido tutti, però a me sta il compito di creare le condizioni affinché si possano verificare”, ha detto ancora il titolare del Tesoro, ammettendo alla stampa di essere “ realisticamente ottimista ”. Confermato dunque l’ottimismo del ministro, che diversi economisti definiscono da un po’ proverbiale.
Rapporto politica bilancio UPB, l’attenti su PNRR e i commenti su debito-deficit
Le dichiarazioni di Giorgetti sono state rilasciate in occasione della presentazione da parte dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio (UPB) del rapporto sulla politica di bilancio, un rapporto dai toni decisamente più cauti rispetto a quelli trionfalistici che hanno caratterizzato i discorsi di Meloni e di Giorgetti, visto che a essere lanciati sono stati diversi atttenti, tra cui quelli relativi all’attuazione del PNRR: “ Circa l’attuazione del PNRR , il rischio di non realizzare interamente la spesa entro il termine del 2026 è significativo”.
Di fatto, si legge nel rapporto, in base alle stime elaborate dall’Ufficio parlamentare di bilancio “ il differimento di una quota della spesa del PNRR al 2027 produce un calo di tre decimi di punto sulla crescita del PIL nel 2026, un balzo nel 2027 di otto decimi e una nuova riduzione nel 2028”.
Detto questo, “ la somma degli scarti dalla previsione di base è sostanzialmente nulla sull’intero periodo, quindi la crescita cumulata nel 2028 è uguale a quella della simulazione di base, che considera la conclusione del PNRR l’anno prossimo ”.
Nel presentare il Rapporto sulla politica di bilancio, la presidente dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio Lilia Cavallari ha invitato il governo Meloni a perseguire una gestione dei conti pubblici impostata sulla prudenza, ricordando che è stata proprio la “ prudenza della politica di bilancio ” a contribuire “a rafforzare la credibilità del percorso di risanamento con evidenti vantaggi in termini di una più favorevole valutazione del merito di credito sovrano nei mercati finanziari ”. (riferimento ai giudizi sul debito italiano, in sostanza sui BTP, che sono arrivati dal mondo delle agenzie di rating, in particolare da S&P Global, che ha promosso l’Italia, e da Moody’s, che ha rivisto al rialzo l’outlook sul rating).
A tal proposito, l’Ufficio ha calcolato che un calo permanente del tasso medio all’emissione di un punto porterebbe un risparmio del costo del debito pubblico di circa 21 miliardi complessivi nell’arco di tre anni: “ Oscillazioni anche moderate dei tassi di rendimento all’emissione hanno un impatto significativo sulla spesa per interessi. In base a stime interne, una diminuzione
permanente del tasso medio all’emissione pari a cento punti base indurrebbe un risparmio per il servizio del debito pari a circa 21 miliardi complessivi nell’arco di tre anni ”.
Di conseguenza, “un impegno di risanamento credibile consente dunque di accelerare il rientro del
disavanzo e la discesa del debito, liberando in prospettiva risorse che potrebbero trovare impieghi produttivi e socialmente desiderabili”.
L’UPB ha riassunto le previsioni formulate dal governo Meloni, per la precisione dal MEF, che sono state delineate nel Documento di Finanza Pubblica, relative al periodo 2025-27.
I disavanzi tendenziali delineati nel DFP per il periodo 2025-27, è stato fatto notare, “confermano i valori programmatici del PSB nonostante l’indebolimento delle previsioni di crescita dell’economia, grazie alla revisione al rialzo delle entrate, dovuta anche ai risultati migliori del previsto per il 2024”.
In particolare, “il deficit pubblico passa dal 3,4 per cento del PIL nel 2024 al 3,3 nel 2025, al 2,8 nel 2026 e al 2,6 nel 2027, con una diminuzione media annua di 0,3 punti percentuali, attestandosi poi al 2,3 per cento nel 2028. Per l’avanzo primario è previsto il miglioramento fino all’1,5 per cento del PIL nel 2027, mentre dall’anno prossimo la spesa per interessi cresce fino al 4,2 per cento del 2027, per effetto del rialzo dello scorso marzo della curva dei tassi di interesse, generalizzato per tutti i paesi dell’area dell’euro, e per i livelli elevati di emissioni ”.
Riguardo al rapporto debito-PIL, “secondo lo scenario a legislazione vigente, il rapporto debito/PIL sale al 137,6 per cento nel 2026 per poi scendere nel biennio successivo, fino al 136,4 per cento nel 2028, con un andamento, rispetto al PSB, lievemente più favorevole fino al 2027 e allineato con l’obiettivo nel 2028”, ha ricordato ancora l’UPB, che ha dato poi il suo giudizio, sottolineando di avere “valutato positivamente la conferma degli obiettivi”.
Gli “elementi di incertezza presenti nel quadro di finanza pubblica”
L’Ufficio parlamentare di bilancio ha tuttavia aggiunto anche che “ il quadro di finanza pubblica presenta diversi elementi di incertezza ”, che sono stati così elencati:
- Le prospettive economiche a fronte della volatilità dei mercati e dell’incertezza geopolitica.
- L’esecuzione del PNRR, dove il rischio di non realizzare interamente la spesa entro il termine del 2026 è significativo.
- L’emergere di nuove priorità di bilancio, in particolare la necessità di rafforzare il settore della difesa.
Sottolineato anche che “le previsioni di discesa del debito dipendono inoltre dall’effettiva
realizzazione del programma di privatizzazioni e dalla riduzione delle giacenze di liquidità ”.
In generale, è stato il monito dell’UPB, “nel contesto della modifica in corso della normativa nazionale di finanza pubblica, che tiene conto della riforma della governance economica europea, il DFP 2025 rappresenta un documento transitorio e adotta un profilo intermedio che, da una parte, contiene maggiori informazioni rispetto al minimo richiesto dalla nuova governance ma, dall’altra, riporta solo una parte di quanto presentato usualmente al Parlamento italiano nel Documento di economia e finanza ”.
L’UPB non ha fatto mistero dell’altro neo: “il DFP ha aggiornato il quadro tendenziale per il triennio 2025-27 e ha fornito solo alcune indicazioni per il 2028, presentandosi quindi come un documento di aggiornamento e non come un documento di programmazione ”.
L’UPB stronca il nuovo IRPEF di Meloni? La simulazione
Ancora, dall’Ufficio parlamentare di bilancio è emersa una notizia che ha stroncato il nuovo regime IRPEF che, sopratttutto per i lavoratori dipendenti, aumenta la sensibilità dell’imposta personale sul reddito all’inflazione: “In base a stime ottenute con il modello di microsimulazione dell’UPB, nel passaggio dal regime 2022 a quello 2025, il maggiore prelievo da drenaggio fiscale associato a 2 punti percentuali di inflazione è più alto di circa 370 milioni (+13 per cento) ”.
Così l’Ufficio parlamentare di bilancio:
“L’intensificazione del drenaggio fiscale è concentrata sui lavoratori dipendenti anche se in misura differenziata: la variazione percentuale dell’imposta dovuta a tale fenomeno passa dal 3,2 al 5,5 per cento per gli operai e dall’1,7 al 2,3 per cento per gli impiegati. Inun contesto in cui la dinamica retributiva è già risultata insufficiente a compensare l’inflazione, l’intensificazione del prelievo fiscale derivante dall’interazione tra quest’ultima e la progressività dell’imposta rischia di erodere in misura considerevole gli incrementi nominali delle retribuzioni, con potenziali ricadute negative sui consumi e sulla domanda interna. In assenza di un’indicizzazione dei parametri, verrebbero erosi anche i benefici che si intendevano apportare con le misure di sostegno al reddito, rendendole progressivamente meno efficaci”.
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