L’Italia vuole armarsi ma non ha i soldi… Se entriamo in guerra che succede?

Alessandro Cipolla

28/06/2023

28/06/2023 - 08:27

condividi

Il ministro Guido Crosetto ha ribadito l’impegno dell’Italia ad aumentare le spese militari ma i soldi non ci sono: se dovessimo entrare in guerra potremmo non essere pronti.

L’Italia vuole armarsi ma non ha i soldi… Se entriamo in guerra che succede?

La guerra in Ucraina assomiglia sempre più a una autentica sciarada, con lo spettro di un conflitto mondiale o nucleare sempre dietro l’angolo, ma l’Italia nonostante l’assoluto atlantismo dei governi Draghi prima e Meloni poi, potrebbe faticare non poco a rispettare l’impegno preso in sede Nato di aumentare la propria spesa militare fino al 2% del Pil.

L’auspicio del segretario generale della Nato Jens Stoltenmberg è che “il 2% del PIL sia il minimo per quanto riguarda le spese in difesa”, con l’Alleanza atlantica che si riunirà il prossimo 11 e 12 luglio a Vilnius - in Lituania - per decidere il da farsi in merito alla guerra in corso da oltre sedici mesi.

L’Italia quando nel 2014 - anno dell’inizio della guerra civile nel Donbass e dell’annessione della Crimea da parte della Russia - ha sottoscritto l’impegno di portare al 2% del Pil la propria spesa militare, spendeva per la difesa l’1,14%.

L’aumento negli anni c’è stato senza però quel salto di qualità auspicato da Washington: nel 2022 al momento dello scoppio della guerra in Ucraina, l’Italia ha speso l’1,51% del Pil per una spesa totale stimata da Milex in 25,7 miliardi.

Nel 2023 invece l’Italia dovrebbe arrivare a spendere 26,5 miliardi - 800 milioni in più rispetto allo scorso anno - un incremento non da poco ma ancora insufficiente per arrivare nel 2024 al 2% del Pil come auspicato dalla Nato.

L’Italia e la difficoltà di aumentare le spese militari

L’obiettivo del 2% è stato più volte ribadito dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni e dal ministro della Difesa Guido Crosetto; senza però un assist da parte di Bruxelles, ovvero permettere di svincolare le spese militari dai legacci del Patto di stabilità, per l’Italia sarà dura mantenere l’impegno preso.

Il governo proseguirà la sua azione per cercare il superamento del vincolo del Patto di stabilità per favorire il percorso verso il 2% - ha dichiarato Guido Crosetto come riportato da Euractive -. Se non risolveremo l’attuale quadro di incoerenza tra la responsabilità di rafforzare la sicurezza e i limiti di finanza pubblica imposti dall’UE, sarà ben difficile raggiungere in tempi ragionevoli la soglia minima del 2% prevista dalla Nato”.

Il messaggio di Crosetto è chiaro: la volontà da parte dell’Italia c’è ma, a causa del nostro alto debito pubblico, senza un assist da parte dell’Unione europea il raggiungimento dell’obiettivo preposto dalla Nato difficilmente sarà raggiunto nei tempi stabiliti.

Il problema è che, nonostante la feroce e imprevedibile guerra in corso nel cuore dell’Europa, la Germania sembrerebbe essere fermamente contraria ad assecondare le richieste dell’Italia “il debito è debito e un debito troppo alto porta all’instabilità”.

Se l’Italia entra in guerra sarebbe pronta?

Se mai la Nato dovesse decidere di rompere anche l’ultimo tabù rimasto e di inviare proprie truppe in Ucraina, entrando di fatto in guerra contro la Russia, l’Italia a quel punto difficilmente potrebbe tirarsi indietro dal fare il proprio compito.

Bruxelles però da tempo ha lanciato l’allarme: vuoi perché i magazzini sono vuoti per le forniture all’Ucraina, vuoi perché dopo decenni di pace l’apparato militare è stato un po’ snobbato dai vari Paesi, in caso di una guerra aperta contro la Russia potremmo non essere preparati.

Certo in uno scenario di tutta la Nato e l’Ucraina contro la Russia, le speranze di vittoria di Mosca sarebbero poche a meno di scatenare una apocalittica guerra nucleare. In quel caso se Putin decidesse di lanciare uno dei suoi missili ipersonici armato di testata atomica contro l’Italia, il nostro sistema antimissilistico molto probabilmente non sarebbe in grado di intercettarlo come ci ha spiegato mesi fa il generale Carlo Landi.

Nel caso poi di una entrata in guerra della Cina, della Corea del Nord e dell’Iran, al fianco della Russia, ecco che tutto si farebbe molto più complicato anche perché, oberata di richieste, l’industria bellica occidentale sta facendo fatica a smaltire tutte le commesse ricevute.

Insomma, oltre che pensare alle armi, l’Italia farebbe bene ad auspicare pure una rapida fine della guerra in Ucraina anche perché, dal punto di vista economico, molto stiamo soffrendo per i riflessi del conflitto.

Iscriviti a Money.it