Invalidità lieve, cosa spetta e con quale percentuale

Simone Micocci

5 Febbraio 2024 - 17:39

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Cosa spetta con un’invalidità lieve? Dalle protesi gratuite al collocamento mirato, fino alla possibilità di assentarsi dal lavoro per 30 giorni l’anno. Ma niente bonus economici.

Invalidità lieve, cosa spetta e con quale percentuale

Chi ha un’invalidità lieve ha comunque diritto a una serie di agevolazioni, tanto sanitarie quanto lavorative.

Tuttavia, è bene spiegare fin da subito che non si ha diritto a quelle prestazioni economiche che lo Stato riconosce a chi oltre ad avere una menomazione fisica o psichica tale da compromettere la capacità lavorativa della persona si trova in una situazione economica di difficoltà. Per avere diritto alla cosiddetta pensione di invalidità civile, infatti, serve una percentuale di almeno 74%.

Va specificato che la normativa non fissa una percentuale entro cui si può parlare di invalidità lieve. Per semplificare possiamo comunque fare riferimento a coloro a cui è stata accertata una riduzione della capacità lavorativa compresa tra il 34% (con un valore pari o inferiore al 33% non si è infatti considerati invalidi) e il 50%.

A tal proposito, dopo aver individuato di chi si tratta, vediamo quali sono i benefici riservati alle persone con un’invalidità lieve ancora in vigore nel 2024.

Invalidità del 34%, cosa spetta

Come anticipato, la prima percentuale utile per essere considerati invalidi civili è il 34%.

Per chi raggiunge o supera questa soglia si ha diritto infatti alla prima agevolazione prevista dal nostro ordinamento, ossia la concessione gratuita di ausili e protesi come indicati nel cosiddetto “nomenclatore dell’assistenza protesica” aggiornato DPCM 12 gennaio 2017.

Nomenclatore dell’assistenza protesica
Clicca qui per scaricare il documento.

Grazie a questa agevolazione, in cui sono compresi anche gli apparecchi acustici, si può quindi disporre gratuitamente di quelle apparecchiature necessarie per far fronte alla propria invalidità: serve la prescrizione del medico specialista per averne diritto, nonché la previsione di un piano riabilitativo assistenziale individuale.

Serve invece un’invalidità di almeno il 66% per l’esenzione del ticket sanitario.

Invalidità del 45%, cosa spetta

Per chi invece ha un’invalidità di almeno il 45% spetta, oltre ovviamente alle protesi a carico del Servizio Sanitario Nazionale, la possibilità di iscriversi alle liste di collocamento mirato rivolgendosi ai centri per l’impiego.

Ai sensi della legge n. 68 del 12 marzo 1999, con il collocamento mirato la persona, dopo un’attenta valutazione sulla sua capacità lavorativa e l’analisi dei posti di lavoro disponibili, viene affiancata in un percorso specializzato il cui obiettivo ultimo è l’inserimento nel mercato del lavoro.

Va ricordato infatti che i datori di lavoro devono attenersi alle regole riguardanti il collocamento obbligatorio come definito ai sensi della legge n. 68 del 12 marzo 1999, secondo cui per le aziende che hanno tra i 15 e i 35 dipendenti vige l’obbligo di assumere almeno 1 lavoratore disabile. Devono essercene almeno 2, invece, per chi si trova nella fascia da 36 a 50 dipendenti. Sopra questa soglia vi è l’obbligo di riservare il 7% dei posti a coloro che sono inseriti nelle categorie protette del collocamento mirato.

Invalidità al 50%, cosa spetta

Infine, arriviamo a coloro che hanno un’invalidità di almeno il 50%, ai quali spetta il congedo per cure.

Si tratta di un’agevolazione aggiuntiva ai permessi riconosciuti ai sensi della legge n. 104 del 1992 (dove però si parla di disabilità e non di invalidità civile) con la quale viene data al lavoratore la possibilità di fruire di 30 giorni di permesso l’anno, di cui si può godere anche in maniera frazionata, nel caso in cui abbia necessità di sottoporsi a visite o cure direttamente correlate alla patologia per la quale è stata riconosciuta l’invalidità.

Il vantaggio del congedo per cure è che nei 30 giorni (limite massimo) di assenza il lavoratore è comunque retribuito, secondo le stesse percentuali previste dal congedo per malattia. La buona notizia è che i giorni di assenza non sono neppure conteggiati nel periodo di comporto, ossia la soglia oltre la quale il datore di lavoro può anche licenziare il dipendente assente per malattia.

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