Che fine hanno fatto i risparmi degli italiani

Stefano Rizzuti

29 Aprile 2023 - 07:45

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Con l’inflazione gli italiani hanno davvero smesso di risparmiare? Il professore Alberto Urbani spiega a Money.it come sono cambiate le abitudini delle famiglie nell’ultimo anno e cosa succederà ora.

Che fine hanno fatto i risparmi degli italiani

Prima la pandemia e poi la crisi energetica hanno cambiato le abitudini di risparmio degli italiani. Se, durante i lockdown, i risparmi sono cresciuti a causa dell’inevitabile riduzione dei consumi dettata dalle chiusure, dal 2022 a oggi invece i conti degli italiani hanno subito un ridimensionamento a causa delle maggiori spese necessarie per fronteggiare l’inflazione.

Se la minor propensione al risparmio negli ultimi mesi ha comunque sostenuto i consumi e di conseguenza la crescita, non è però detto che questa tendenza si confermi nei prossimi mesi. In sostanza, le famiglie hanno completamente cambiato abitudini o torneranno a risparmiare in futuro mettendo da parte i soldi una volta terminata la crescita record dell’inflazione?

Per provare a capire cosa sta succedendo e cosa succederà in futuro, Money.it ha chiesto ad Alberto Urbani, professore di Diritto dell’economia dell’università Ca’ Foscari di Venezia, a cosa è dovuta questa minor propensione al risparmio dell’ultimo anno e cosa potrà cambiare con la tanto attesa frenata del caro-vita.

Italiani, popolo di risparmiatori

Gli italiani sono, tradizionalmente, un popolo di risparmiatori. Ma “è ovvio che in momenti d’inflazione elevata, come quelli che stiamo attraversando, gli spazi per il risparmio si riducono, soprattutto per chi vive di un reddito fisso”, spiega Urbani. L’inflazione, d’altronde, agisce come una tassa implicita, sottolinea il professore.

Oggi chi può risparmiare meno è comunque costretto a spendere, tanto più in un momento di incertezza come quello attuale. Poi c’è chi invece prova a risparmiare qualcosa e in questo caso a cambiare sono le abitudini: “È significativo che ci sia un ritorno ai titoli di Stato, chi risparmia si sta orientando verso forme più tradizionali, anche perché il classico deposito ha una remunerazione molto bassa”. E per questo ci si rifugia verso i titoli di Stato che “sono più remunerativi”.

C’è poi anche qualche segnale di sfiducia, sicuramente percepito a livello locale, nei confronti del sistema “per come ha orientato, in alcuni casi, gli investitori con la consulenza finanziaria”. Il modo in cui è stato gestito il risparmio spesso è stato criticato e si è andato a intaccare il bene primario della fiducia, prosegue Urbani: “Così ci si rifugia nello Stato”. A cambiare, quindi, non è solo l’attitudine al risparmio, ma anche il modo in cui viene investito.

I risparmi delle famiglie e l’inflazione

La minore tendenza al risparmio non è legata solo all’inflazione, ma anche all’incertezza. Per quanto riguarda il caro-vita, come ricorda il professore, l’inflazione si traduce in un minore potere d’acquisto: “Veniamo da anni in cui le remunerazioni non sono aumentate e il potere d’acquisto degli italiani è diminuito rispetto a quello che accade in altri Paesi, dove le retribuzioni sono aumentate”. Unendo questi due fattori, è inevitabile che aumenti l’incertezza. Soprattutto sul fronte degli investimenti.

Gli italiani torneranno a risparmiare?

Per Urbani è rimasta ancora “una buona propensione al risparmio, ma c’è meno disponibilità rispetto al passato”. Però è difficile, a oggi, prevedere cosa succederà nei prossimi mesi sul fronte del risparmio: “Nessuno ha la sfera di cristallo, ma quello che si può dire è che gli italiani hanno una propensione al risparmio maggiore rispetto a quella di altri Paesi”.

Questo avviene per diverse ragioni, tra cui anche la minor “conoscenza di strumenti di pagamento come la carta di credito: gli italiani controllano meglio la spesa”. Oggi è difficile prevedere quanto l’evoluzione dei sistemi di pagamento influirà sulla propensione alla spesa degli italiani, ma di certo è aumentato il ricorso a strumenti alternativi, avvicinandoci alle prassi di altri Paesi. Di sicuro resta “un fattore culturale: gli italiani hanno una propensione al risparmio, che sia attraverso gli investimenti nei titoli di Stato o nel mattone”.

Meno risparmi in Italia, è solo una fase di passaggio?

Viene quindi da pensare che la fase attuale, con gli italiani meno intenti a risparmiare, sia solo di passaggio. Altro tema rilevante è che direzione prenderà questo risparmio: non solo se si investe nel mattone o nei titoli di Stato, ma anche quali intermediari si scelgono. O se si preferisce la disintermediazione.

Il professore fa riferimento, per esempio, alle piattaforme di crowdfunding: “Si guarda con crescente attenzione a queste forme di finanziamento diretto e anche con questo bisogna fare i conti”. Ci sono forme diverse, dalle criptovalute alle piattaforme fintech, che “pongono una sfida ai sistemi tradizionali come quelli bancari”. Non si evolvono solo i clienti, ma anche l’assetto del mercato, spiega Urbani. Il risparmio, ribadisce il professore, in Italia “ci sarà sempre, bisogna vedere che direzione prenderà”.

Perché gli italiani torneranno a risparmiare

L’attuale inflazione non deriva da un aumento della domanda, ma è legata alla crescita dei prezzi delle materie prime. Nei prossimi mesi è atteso che ci sia una “lenta e graduale riduzione dei costi delle materie prime”. Il che vorrebbe dire una discesa dell’inflazione e un conseguente aumento del potere d’acquisto. Si verrebbe quindi a rompere “questo circolo che avrebbe potuto essere vizioso”.

Secondo il professore, quindi, la propensione al risparmio tornerà, principalmente perché è determinata da “un fattore culturale”. Anche se, ovviamente, dipenderà molto dal tipo di beni: probabilmente si spenderà di più sul carrello della spesa, ma “la propensione al risparmio tornerà a manifestarsi” con il ridursi dell’inflazione.

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