Immagini generate dall’AI, chi detiene i diritti d’autore?

Giorgia Dumitrascu

1 Luglio 2025 - 11:42

Chi decide cosa è arte e chi ne è il vero autore? La legge riconosce il diritto d’autore solo se nell’immagine AI c’è un contributo umano creativo.

Immagini generate dall’AI, chi detiene i diritti d’autore?

Le immagini prodotte dall’intelligenza artificiale non esistono solo online, sono entrate nelle gallerie d’arte, nelle campagne pubblicitarie e persino in tribunali. Le leggi, nate per tutelare l’ingegno umano, faticano a inseguire l’innovazione.

I principi fondamentali del diritto d’autore stabiliscono che:

“Il copyright può essere riconosciuto solo in presenza di un autore umano.”

Infatti, l’intelligenza artificiale, per quanto sofisticata, non può essere considerata soggetto di diritto art. 1 c.c. né può vantare titolarità autonoma sulle opere che genera. Tale orientamento non costituisce una visione restrittiva, ma sorge della necessità di salvaguardare il requisito della creatività umana.

“La legge tutela l’espressione individuale e originale, che nasce dal pensiero e dall’intenzione di una persona fisica.”

Non conta quale sia la piattaforma utilizzata, né quanto avanzato sia il software; il diritto d’autore nasce solo dove c’è un atto creativo riconducibile a una persona.

Quando un’immagine AI è tutelabile come opera umana?

Il discrimine risiede nella presenza di elementi espressivi sufficienti, concetto ben delineato dal Copyright Office statunitense. La tutela del copyright non scatta in modo automatico per qualsiasi output generato da una piattaforma di intelligenza artificiale:

“E’ indispensabile che l’intervento umano non si limiti a fornire semplici istruzioni generiche, ma incida in modo personale e creativo sul risultato finale.”

Si pensi, ad un fotografo che usi l’AI per creare un’immagine destinata a una campagna pubblicitaria. Se il fotografo fornisce un prompt generico - “genera un paesaggio al tramonto” – l’immagine non sarà coperta da diritto d’autore, perché manca un apporto creativo umano. Al contrario, se l’avvocato che tutela il cliente riesce a dimostrare che vi è stato un contributo creativo, strutturato e non meccanico, allora l’immagine può essere tutelabile come opera dell’ingegno umano.
Pertanto, il requisito fondamentale è la presenza di “sufficient expressive elements”, cioè elementi espressivi che siano frutto del genio e della personalità dell’autore.

Immagini e video prodotti da AI: cosa dice la giurisprudenza più recente

Uno dei leading case su questo tema è Thaler v. Perlmutter, deciso dalla United States District Court for the District of Columbia nel marzo 2025. In questa pronuncia, la Corte americana ha stabilito che:

“L’output prodotto esclusivamente da un sistema di intelligenza artificiale, senza un apporto creativo umano, non può essere oggetto di registrazione ai fini del copyright.”

Il giudice ha chiarito che la tutela del diritto d’autore presuppone la presenza di un autore umano che possa essere identificato come titolare del processo creativo. Di conseguenza, opere generate interamente dall’AI restano prive di tutela, anche qualora siano innovative o di grande impatto visivo.

Un altro caso interessante è quello “Zarya of the Dawn”, in cui un’opera realizzata con il contributo dell’intelligenza artificiale è stata dapprima registrata e successivamente revocata. La motivazione addotta è stata la mancanza di una creatività autentica umana, requisito imprescindibile per il riconoscimento del diritto d’autore.

In buona sostanza, chi lavora nel settore creativo e digitale deve sempre poter dimostrare che l’output finale è frutto di scelte artistiche, selezioni e modifiche operate da una persona fisica; altrimenti, la registrazione del copyright sarà negata.

Negli Stati Uniti, il quadro normativo è in continua evoluzione. Con la pubblicazione della U.S. Copyright Office Part 2 nel gennaio 2025, il principio che resta centrale è la necessità di una presenza umana nel processo creativo. Pur adottando una disciplina più elastica rispetto ad altri ordinamenti. Ciò significa che anche in America il diritto d’autore continua a essere riconosciuto solo in presenza di un intervento umano significativo, a prescindere dal livello di autonomia dell’algoritmo utilizzato.

L’Unione Europea, con l’approvazione dell’AI Act, ha scelto un approccio più regolamentato, imponendo obblighi precisi in tema di trasparenza e tutela del diritto d’autore. In particolare,

“L’AI Act prevede l’obbligo per i fornitori di sistemi generativi di inserire un watermark digitale nei contenuti prodotti, così da permettere agli utenti e ai titolari dei diritti di identificare facilmente le immagini create artificialmente.”

Il watermark serve ad avere una maggiore trasparenza sull’origine del contenuto.

Norme italiane e gap giuridici: l. 633/1941

L’art. 1 l. n. 633/1941 stabilisce che:

“Sono protette dal diritto d’autore le opere dell’ingegno “di carattere creativo” appartenenti alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro e alla cinematografia, “qualunque ne sia il modo o la forma di espressione.”

Tuttavia, la norma richiede in modo esplicito che il soggetto creatore sia un essere umano. Ciò significa che, allo stato attuale, il diritto d’autore italiano tutela solo le opere frutto della creatività di una persona fisica, escludendo gli output prodotti autonomamente da sistemi di intelligenza artificiale. In assenza di un intervento legislativo mirato, l’interpretazione dominante è che l’output di un software generativo non possa godere di tutela autoriale, se non come eventuale opera derivata nel caso in cui l’apporto umano sia riconoscibile e qualificato.

AI addestrata su opere protette: fair use o violazione?

Le indicazioni fornite dal U.S. Copyright Office, nella sua Part 3 pubblicata in versione preliminare a maggio 2025, chiariscono che:

“L’uso di opere protette per l’addestramento degli algoritmi può comportare una violazione dei diritti di riproduzione e dei diritti derivati riconosciuti agli autori.”

La valutazione della liceità di queste pratiche si basa sull’analisi caso per caso, con particolare attenzione ai principi del fair use previsti dal diritto statunitense. In particolare, il fair use è l’uso limitato di opere protette da copyright senza permesso dell’autore per scopi didattici, culturali o di parodia.

Ad esempio nel caso Getty Images contro Stability AI. Getty, titolare di uno dei più grandi archivi fotografici del mondo, aveva eccepito a Stability AI l’uso non autorizzato delle proprie immagini per l’addestramento dei modelli generativi. Sebbene l’azione per violazione del copyright sia stata ritirata, il caso ha lasciato aperti profili giuridici rilevanti, come la tutela del marchio e la responsabilità indiretta, o secondary infringement, cioè la responsabilità di chi aiuta o favorisce qualcun altro a violare il copyright, anche se non copia direttamente l’opera.

Contenziosi attuali: i casi Disney, Midjourney e Studio Ghibli

Il caso Disney/Universal contro Midjourney, esploso nel giugno 2025. Qui, le principali major cinematografiche hanno accusato la piattaforma di generazione immagini di aver addestrato i propri modelli usando opere coperte da diritto d’autore senza autorizzazione. L’eccezione non riguarda solo la riproduzione diretta delle immagini, ma si estende all’uso delle proprietà intellettuali come fonte di apprendimento algoritmico. In pratica, il cuore della disputa è la possibilità che le AI, assorbendo milioni di contenuti protetti, siano poi in grado di generare immagini che richiamano – anche solo nello stile o nella composizione – universi creativi, personaggi e ambientazioni distintivi, privando le società titolari del pieno controllo sulle proprie creazioni.

Un caso altrettanto interessante è quello che ha visto protagonista Studio Ghibli contro OpenAI. Qui il punto non è stato la copia materiale di opere, ma la capacità degli algoritmi di replicare in modo convincente lo stile visivo tipico del celebre stile giapponese. Tuttavia, la giurisprudenza attuale, sia italiana sia internazionale, non tutela lo stile in quanto tale come oggetto di diritto d’autore: si può proteggere un personaggio, un’opera o un’immagine ben definita, ma non un tratto stilistico in sé, che resta privo di una disciplina giuridica.

Iscriviti a Money.it