Il prezzo del petrolio fu usato per far collassare l’URSS, ma stavolta è un’arma che Washington non può usare

Guido Salerno Aletta

16 Agosto 2025 - 16:25

Le sanzioni alla Russia e il price-cap sul petrolio non mirano solo a ridurne i proventi, ma a proteggere l’industria statunitense dello scisto, mutando gli equilibri globali rispetto agli anni ’80.

Il prezzo del petrolio fu usato  per far collassare l’URSS, ma stavolta è un’arma che Washington non può usare

Non è casuale che, nell’ambito delle sanzioni comminate nei confronti della Russia per punirla della invasione dell’Ucraina, sia stato fissato un price-cap di 60 dollari al barile come livello massimo a cui può essere acquistato il suo petrolio: anzi, sanzioni secondarie sono minacciate per i Paesi che non rispettano questo livello.

In apparenza, questo tetto al prezzo del barile serve per limitare i proventi derivanti dalle vendite all’estero di petrolio da parte della Russia, ma in realtà rappresenta la soglia indispensabile per evitare che il prezzo internazionale scenda sotto quel livello, che rappresenta il minimo vitale per l’industria petrolifera statunitense basata sullo sfruttamento dei giacimenti di scisto, piccoli ed estremamente costosi.

Stavolta non è più come negli anni Ottanta, quando gli Usa erano importatori netti di petrolio mentre l’URSS era esportatrice netta: allora, tanto più il prezzo internazionale in dollari del petrolio si abbassava, tanto più le importazioni americane di petrolio diventavano meno costose e tanto meno rendevano le esportazioni russe di petrolio.
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