Gas, dai flussi ridotti ai razionamenti in casa: cosa succederà davvero in inverno in Italia? L’intervista a Matteo Villa (Ispi)

Stefano Rizzuti

05/10/2022

05/10/2022 - 18:43

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Cosa succederà in inverno in Italia con la riduzione dei flussi del gas e quanto è alto il rischio di razionamenti? Lo spiega in un’intervista a Money.it Matteo Villa, analista dell’Ispi.

Gas, dai flussi ridotti ai razionamenti in casa: cosa succederà davvero in inverno in Italia? L’intervista a Matteo Villa (Ispi)

La crisi del gas sarà lunga e senza i flussi provenienti dalla Russia per l’Italia non sarà semplice uscirne. Ma cosa bisogna aspettarsi nei prossimi mesi? Matteo Villa, senior research fellow dell’Ispi, spiega a Money.it qual è la situazione attuale sui flussi di gas e cosa potrà accadere anche sotto il punto di vista della riduzione dei consumi e dei razionamenti.

L’emergenza c’è già e ciò che bisognerebbe fare ora, spiega Villa, è cambiare l’approccio comunicativo, non negando le problematiche dei prossimi mesi. Questa soluzione, prosegue, servirebbe a incentivare le persone e le imprese a ridurre i consumi, puntando su un meccanismo che possa far risparmiare gas all’Italia. Cosa che probabilmente non avverrebbe continuando a intervenire a favore di una riduzione dei prezzi.

I flussi di gas in Italia

La premessa che fa Villa sui flussi riguarda le importazioni dalla Russia, che stavano già scendendo moltissimo dal primo settembre, ben prima dello stop austriaco. Un calo strutturale, dunque, tanto che ormai i flussi russi diminuiranno più dell’80% rispetto all’anno precedente, se si dovesse confermare questo trend fino a fine anno.

Il secondo problema per l’Italia deriva dalla Norvegia: la chiusura dei flussi russi verso la Germania porta Berlino ad avere bisogno di più gas da Oslo, anche a spese dell’Italia. “La somma delle due cose significa che in Italia sta arrivando talmente poco gas da Nord che le esportazioni superano le importazioni: significa che il totale del gas arrivato in Italia in questo mese è il 7-8% in meno rispetto a quello che ci arrivava l’anno scorso”.

Si tratta di uno scenario a cui non arriviamo impreparati, ma era stato previsto anche dalla simulazione effettuata dall’Ispi a inizio settembre: “Il punto è che le simulazioni che abbiamo fatto consideravano l’assenza di gas russo, ma siamo in un sistema europeo interconnesso e ora c’è da considerare anche l’assenza norvegese, che in estate ha sopperito ai livelli russi”.

I flussi di gas da Sud

L’Italia, ovviamente, non riceve il gas solo da Nord e i flussi sono aumentati negli ultimi tempi anche dal Sud. Nell’ultimo anno e mezzo molto è cambiato, con il Tap che si è rivelata una infrastruttura fondamentale per diversificare. E poi ci sono i rigassificatori, che esistevano già prima della crisi energetica (anche se c’è stato un leggero ampliamento quest’anno).

A fare la differenza è stata la quantità di metano arrivato attraverso i rigassificatori, come spiega Villa: si è saliti da meno di 5 miliardi a una capacità attuale di 15: “Al momento sono utilizzati al massimo. Avevamo infrastrutture pronte che ora ci stanno salvando”.

Perché l’Italia non può aumentare i flussi di gas

Il problema è che l’Italia sta già lavorando al massimo della capacità per quanto riguarda questi flussi: i rigassificatori sono a pieno regime e le uniche importazioni “che possono aumentare sono quelle dall’Algeria”. Ma l’Algeria ha poco gas a disposizione da inviare all’Italia, anche se ultimamente “sta leggermente aumentando” l’export.

Al momento l’Algeria non può venderci più gas, così come la Libia: qui i flussi sono dimezzati rispetto al potenziale, sia per un “sotto-investimento negli ultimi 10 anni che per l’aumento dei consumi interni”, oltre a una situazione di instabilità politica. L’Italia al momento è al massimo tra le infrastrutture totalmente utilizzate e i gasdotti che invece non possono essere utilizzati di più per motivazioni tecniche o politiche.

L’Italia è al sicuro per l’inverno?

Il ministro per la Transizione ecologica, Roberto Cingolani, assicura che l’Italia è coperta per l’inverno. Secondo Villa è “sbagliato raccontarla adesso” in questo modo. È vero che “potremmo avere gas a sufficienza”, ma a che condizioni? Le simulazioni dell’Ispi con un inverno medio - quindi né mite né catastrofico - prevedono che si arrivi a fine marzo con la riserva strategica nazionale quasi esaurita.

Come ricorda l’analista dell’Ispi, in Italia gli stoccaggi possono contenere 17 miliardi di metri cubi di gas e la riserva strategica è fissata alla soglia di 4,5 miliardi: sotto questa cifra non si dovrebbe mai scendere. Con un clima medio per l’inverno si arriverebbe a circa 1,6 miliardi solamente, al di sotto di questo limite. E comunque considerando già un calo dei consumi vicino al 10%.

In caso di inverno problematico arriveremmo a zero gas negli stoccaggi, uno scenario che non ci possiamo permettere. “È quasi sicuro - sottolinea Villa - che metteremo mano alle risorse strategiche nazionali, quindi non siamo solo in emergenza ma già in crisi”. Per questo le affermazioni di Cingolani non sembrano proprio corrette secondo il ricercatore.

Cosa succederà nel 2023/2024

L’emergenza non terminerà però a marzo, anzi “il prossimo inverno sarà più problematico”. Solo dopo la stagione 2023/2024 le cose andranno meglio: “Arriverà un rigassificatore in più che ne vale cinque”. Ma prima bisognerà tenere duro per un altro anno, soprattutto in considerazione del rischio che l’Italia arrivi alla primavera 2023 senza riserve strategiche.

Gas, razionamenti e coprifuoco inevitabili?

Considerando questi scenari sembra difficile poter evitare i razionamenti, se non addirittura restrizioni come il coprifuoco, in inverno. I razionamenti - precisa Villa - “non sono altro che imporre l’obbligo da parte del governo di fare quello che i cittadini non stanno facendo”. Bisognerà ridurre ancora di più i consumi, tornando ai livelli di “dieci o venti anni fa, quando erano inferiori”.

Per l’analista dell’Ispi sicuramente si può sopravvivere riducendo l’uso del gas domestico, ma bisognerà scendere parecchio e non è detto che non ci saranno razionamenti. Il problema sottolineato da Villa è che “stiamo attuando politiche che non servono a nulla” per tagliare i consumi, “ma solo per ridurre i costi in bolletta”. Per esempio la Germania, con il suo pacchetto da 200 miliardi di euro, “rischia di incentivare i consumi a novembre” per poi magari trovarsi senza gas, “posticipando la crisi”.

Cosa fare per ridurre i consumi

Per Villa si possono spendere miliardi di euro per alleggerire la crisi, ma bisogna farlo incentivando i risparmi. O offrendo sconti a chi già consuma meno o aiutando chi si impegna per ridurre i consumi. Politiche di questo genere, per l’esperto, potrebbero far scendere anche del 20% i consumi tra cittadini e negozi, dando dei soldi ai consumatori alla fine della crisi, ad aprile, ma incentivando intanto il risparmio e facendo anche scendere i prezzi.

Potrebbero quindi essere utili misure differenziate: da una parte volte ad incentivare il risparmio per chi può permettersi di pagare di più subito e poi rientrare dei costi più alti in primavera; dall’altra aiuti immediati per le famiglie che non possono permettersi di pagare le bollette, ovvero le 5-6 milioni di persone considerate in difficoltà.

Aiutare queste persone non comporta grossi problemi sul fronte della riduzione dei consumi, ma bisogna evitare misure che “finiscono per incentivare” chi vuole invece ricevere degli aiuti per pagare meno le bollette e spendere quei soldi in altro modo. Discorso non facile, ovviamente, considerando che sono pochissime le persone disposte a sacrificare altro per pagare di più le bollette, ma “la politica non si può nascondere dietro al dito della speculazione: così dai la falsa speranza che le bollette scendano a marzo e aumenti ulteriormente rabbia e frustrazione quando si scopre che invece aumentano ancora”.

Per Villa ci sono stati evidenti errori di comunicazione, che proseguono tutt’ora: servirebbe “l’ammissione da parte del governo che non arriveremo in tranquillità all’inverno, si deve dire che siamo in una guerra economica con la Russia”. Finora l’Italia, a giudizio di Villa, ha fatto tutto il possibile, ma non è ancora sufficiente: “In ogni caso difenderò sempre la linea che l’Italia ha fatto davvero tanto, basta vedere la Germania per capire la differenza”.

Quanto costa rinunciare al gas russo

Le sanzioni alla Russia, questa l’opinione personale di Villa, non “vanno toccate in questo momento”: bisogna assumersi “il costo delle sanzioni”. Costi che l’Ue si può permettere? Difficile dirlo, perché in caso di recessione e di uno scenario molto cupo bisognerà “adattarsi a prezzi del gas elevati a lungo” e probabilmente cambiare stile di vita. Anche per l’industria, che potrebbe dirottarsi su altre risorse, compreso “il carbone”.

Resta il fatto che al momento la Russia è “l’unica nostra alternativa per avere i prezzi bassi e questo lo sapevamo da sempre”: “Era giusto prepararsi a uno scontro, l’Italia in parte l’ha fatto ma la Russia è l’unica nostra alternativa per il gas a basso costo. Se non vuoi la Russia tra i piedi allora il costo sarà molto forte. Non è il disastro, non è il tracollo della pandemia, ma è una recessione seria”.

Quando potrà finire la crisi del gas

Al momento è difficile capire quando potremo uscire dalla crisi del gas, ma di certo “da qui al 2024 bisogna stringere i denti: sarà dura, non indoro la pillola”, afferma Villa. Che prosegue: "Io stringo i denti e spero che lo facciano in tanti, ma se la politica continua a fare finta di nulla e poi arriva la vera crisi, allora i malumori saranno persino maggiori”.

Il tetto al prezzo del gas in Ue

In Ue intanto prosegue la discussione sul tetto al prezzo del gas, altro tema su cui si rischia di ripetere l’errore per cui si riducono i prezzi ma non si disincentivano i consumi. Dipende, ovviamente, dalla forma che potrebbe prendere questo price cap sul gas: “Se fissi il tetto a 180 megawattora il problema non si pone perché già ora il prezzo è inferiore. Ma è chiaro che un tetto basso genererebbe un problema”.

Villa prende un esempio come riferimento, ovvero quanto successo in Spagna: “Dopo aver ridotto il costo delle bollette, il che ha portato un vantaggio immediato, rischiano di prendere mazzate clamorose in inverno. Più ti avvicini all’autunno più il costo della misura cresce e inoltre i sussidi in bollette verranno tolti entro gennaio, quindi gli spagnoli avranno rincari più alti che da noi, aumentando inoltre il debito”.

Meglio l’opzione per cui la Commissione europea invece di mettere il tetto al prezzo dei produttori, mette una tassa ai produttori che applicano i prezzi alti oggi: “questo ti permette di accumulare risorse da redistribuire, cosa che puoi fare in inverno. Così interverresti a crisi ancora in corso, ma ti rientrano dei soldi in tasca dopo, lo trovo più furbo”.

Ovviamente questo ragionamento va portato avanti aiutando subito le persone più in difficoltà, evitando “aiuti a pioggia che la politica ama perché è populista”. Non a caso i privati, quindi alcune aziende, stanno provando a disincentivare i consumi (anche con sconti per chi li riduce maggiormente) perché “sanno che rischiano tanto, in caso di morosità dei clienti non potranno distaccare e andranno comunque incontro al rischio che finisca il gas”. Per questo forse anche i governi dovrebbero seguire una linea simile, secondo Villa.

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