Cosa succede alle ferie non godute quando cambi lavoro? Vengono pagate o si trasferiscono? Ecco cosa dice la normativa.
Quando un contratto di lavoro giunge al termine, sorge sempre il dubbio su cosa succede alle ferie residue non godute. La regola generale è piuttosto chiara: i giorni non utilizzati non si perdono, il che rappresenta già una buona notizia per il lavoratore, ma vengono liquidati attraverso il riconoscimento di un’indennità economica.
Eppure, molti lavoratori si chiedono se esista un’alternativa alla monetizzazione delle ferie, cioè se sia possibile trasferire quelle maturate ma non godute da un rapporto all’altro, per poi usufruirne con il cambio lavoro.
La normativa, tuttavia, non lascia spazio a interpretazioni: le ferie devono essere godute durante lo svolgimento del rapporto di lavoro con cui sono state maturate e non possono essere conservate oltre la sua conclusione. Ciò significa che chi decide, ad esempio, di dimettersi per iniziare una nuova esperienza professionale, anche senza interruzioni temporali, non ha la possibilità di portare con sé il monte ferie accumulato nel precedente impiego.
Esistono però delle eccezioni che meritano attenzione, perché non tutte le situazioni vengono trattate allo stesso modo. In particolare, il problema si pone quando si passa da un contratto a termine a un altro con lo stesso datore di lavoro, oppure quando un dipendente pubblico cambia inquadramento attraverso un concorso interno. Sono proprio questi i casi che è necessario approfondire per capire se, e in che misura, le ferie possano essere conservate.
Si conservano le ferie in caso di rinnovo del contratto?
Nel mondo del lavoro a tempo determinato la gestione delle ferie può generare non pochi dubbi, soprattutto quando ci si trova a passare da un contratto all’altro. La domanda che spesso i lavoratori si pongono è se le ferie maturate e non ancora utilizzate possano essere “trasportate” oltre la conclusione di un rapporto di lavoro, in modo da non perderle.
Come anticipato, la legge, su questo punto, non lascia margini di incertezza: le ferie maturate durante un contratto devono essere fruite mentre il rapporto è in corso e, se ciò non avviene per motivi di servizio o per cause oggettive, non vengono conservate per il futuro. Al momento della cessazione del contratto, infatti, l’unica possibilità prevista è la monetizzazione delle giornate residue attraverso un’indennità sostitutiva. In altre parole, le ferie non godute si trasformano in un importo economico che viene liquidato con l’ultima busta paga.
Esiste però un’eccezione importante che riguarda la proroga del contratto a tempo determinato. Laddove il datore di lavoro decida di prolungare la durata di un contratto a termine già in essere, il rapporto non si interrompe neppure per un giorno.
In questo scenario le ferie maturate e non ancora utilizzate restano nella disponibilità del dipendente, che potrà quindi usufruirne entro la nuova data di scadenza stabilita. Si tratta, dunque, di una prosecuzione naturale del rapporto, che consente di mantenere intatto il monte ferie già accumulato.
Il discorso cambia radicalmente in caso di riassunzione, poiché in tal caso non si parla più di proroga bensì di stipula di un nuovo contratto. Ciò comporta che il monte ferie non viene trasferito: i giorni maturati e non goduti alla scadenza devono essere liquidati e il nuovo contratto parte da zero. In pratica, anche se si lavora per lo stesso datore di lavoro e magari senza interruzioni temporali significative, la legge considera ogni contratto a sé stante e impone di azzerare il conteggio delle ferie al termine di ciascun periodo.
Per questo è bene conoscere la differenza tra proroga e riassunzione: sapere come funziona questa distinzione è fondamentale per gestire al meglio i propri diritti e per non avere sorprese al momento della chiusura o del rinnovo del rapporto di lavoro.
Si conservano le ferie con la promozione nella Pubblica amministrazione?
Un discorso a parte riguarda i lavoratori del settore pubblico, per i quali la questione ferie assume sfumature particolari. Capita infatti che un dipendente già in servizio presso un ente partecipi a un concorso interno o comunque a una selezione che gli consenta di ottenere una promozione, con maggiori responsabilità e, spesso, con un trattamento economico più favorevole. La domanda che in questi casi sorge spontanea è: cosa succede alle ferie già maturate e non ancora utilizzate? Possono essere trasferite al nuovo contratto oppure vanno perse?
A fornire una risposta è stata l’Aran, l’Agenzia che si occupa di interpretare e applicare i contratti collettivi del pubblico impiego. Con l’orientamento applicativo CFL67, l’Aran ha chiarito che ogni volta che un dipendente instaura con lo stesso ente un nuovo rapporto di lavoro, differente dal precedente sia per natura che per contenuti, le ferie residue non possono essere conservate. In sostanza, la stipula di un nuovo contratto segna una linea di confine: ciò che è stato maturato fino a quel momento deve essere liquidato economicamente, mentre il conteggio delle ferie riparte da zero con il nuovo inquadramento.
Questo principio si applica, ad esempio, quando un dipendente vince un concorso per una qualifica superiore all’interno dello stesso ente. Nonostante l’apparente continuità, dal punto di vista giuridico si tratta a tutti gli effetti di un nuovo rapporto di lavoro, e come tale comporta la perdita delle ferie accumulate, che vengono trasformate in indennità sostitutiva.
L’unica eccezione ammessa riguarda i casi di mobilità, disciplinati dall’articolo 30 del d.lgs. n. 165/2001. In questa circostanza non si configura un nuovo rapporto di lavoro, ma la prosecuzione di quello già in essere, seppur con il trasferimento del dipendente da un’amministrazione a un’altra. È soltanto in questo scenario che le ferie maturate vengono mantenute e possono essere fruite successivamente.
© RIPRODUZIONE RISERVATA