Evasione fiscale, dal 2020 il commercialista sarà la “spia” delle Entrate

Rosaria Imparato

21/11/2019

21/11/2019 - 16:13

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Con il recepimento della direttiva europea del 25 maggio 2018 i commercialisti, così come tutti gli intermediari, saranno obbligati a denunciare gli atti esteri di evasione fiscale dei propri clienti. Dal 2020 tutti i professionisti dovranno, in pratica, fare la spia per l’Agenzia delle Entrate.

Evasione fiscale, dal 2020 il commercialista sarà la “spia” delle Entrate

Tempi bui per gli evasori fiscali. Da luglio 2020, o al massimo dall’inizio del 2021, non sarà solo il Fisco a controllare le azioni più o meno lecite dei contribuenti.

Anche i commercialisti, così come tutti i professionisti e gli intermediari, saranno chiamati a denunciare i meccanismi di evasione fiscale che rintracciano nei comportamenti dei propri clienti.

Questo è l’effetto della direttiva europea del 25 maggio 2018, che l’Italia deve recepire entro il 31 dicembre 2019.

La direttiva europea in questione riguarda, in questa prima fase, l’obbligo di notifica in caso di azioni illecite relative ai meccanismi transfrontalieri.

L’Unione Europea prende di mira i grandi evasori fiscali che nascondono conti correnti all’estero, e per farlo obbliga i commercialisti e le figure intermediarie a trasformarsi in spie.

Da luglio 2020, o al più tardi da inizio 2021, i professionisti che scoprono le azioni estere illecite dei propri clienti saranno obbligati dalla legge a notificarlo.

La normativa vigente, invece, si rimette all’onestà e all’integrità dei commercialisti, lasciando facoltativa la notifica alle autorità di competenza.

Evasione fiscale, dal 2020 il commercialista sarà obbligato a fare la spia

Il prossimo sarà l’anno della lotta all’evasione fiscale, sia per le misure prese nella Legge di Bilancio 2020, sia per le nuove norme in arrivo dall’Europa.

Una volta recepita la direttiva europea del 25 maggio 2018 nell’ordinamento giuridico italiano, i professionisti e tutte le figure intermediarie saranno obbligati a notificare alle autorità gli atti illeciti esteri dei propri clienti o dei propri superiori.

Insomma, i commercialisti saranno obbligati dalla legge a fare la spia sulle attività di evasione fiscale con cui sono venuti a contatto durante l’esercizio della propria professione.

La direttiva dell’Unione Europea deve essere recepita dall’Italia e dagli altri Stati membri entro il 31 dicembre 2019, ma ancora non è nota la data di entrata in vigore.

Le opzioni sono due: dal 1° luglio 2020 o, al più tardi, dal 1° gennaio 2021.

Le nuove regole si applicheranno, nella prima fase, a quelli che la direttiva europea definisce “meccanismi transfrontalieri fiscalmente aggressivi”.

Per ora, anticipa il quotidiano online La Legge per Tutti, l’applicazione della direttiva partirà con le imprese con più di 50 dipendenti o con un fatturato superiore a 10 milioni di euro annuali.

Dal prossimo anno sono tante le misure a cui gli evasori dovranno far fronte: non solo il risparmiometro e tutti i controlli sui conti correnti, ma il Fisco avrà occhi anche dall’interno.

Evasione fiscale, chi denuncia è protetto dalla legge

Il sistema previsto dalla direttiva europea del 25 maggio 2018 sarà esteso, in un secondo momento, anche alle piccole imprese, e anche a vari tipi di reato (non solo, dunque, quelli legati all’evasione fiscale).

Gli atti illeciti che commercialisti, avvocati, consulenti del lavoro dovranno segnalare sono vari: appalti, sicurezza dei prodotti, trattamento dei dati personali, riciclaggio di denaro.

Come abbiamo anticipato, per ora in Italia è facoltativo denunciare alle autorità competenti i casi di attività illecita scoperti mentre si lavora. Ma come viene protetto chi, comunque, coraggiosamente decide di farlo?

Dato l’alto rischio di ritorsioni in contesti del genere, l’ordinamento italiano si è attivato al fine di garantire la giusta tutela ai cosiddetti “whistleblower”, ovvero i segnalatori di attività illecite.

In Italia esiste la legge numero 179 del 30 novembre 2017, con cui viene regolata la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato.

L’obiettivo della norma è proteggere il segnalante da possibili ritorsioni nei suoi confronti adottate dall’ente presso cui opera: a questo scopo ne viene tutelata l’identità.

Inoltre, sempre per garantire la tutela dell’identità del whistleblower, la segnalazione non viene resa disponibile tra gli atti della Pubblica Amministrazione, a cui di solito i cittadini hanno libero accesso.

Il segnalante in caso di ritorsioni deve rivolgersi all’Autorità Nazionale Anticorruzione, che indagherà e informerà il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, così che si proceda verso gli eventuali provvedimenti di competenza.

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