Puntare sul flusso cedolare per avere un ricco payout di periodo: ma a quale prezzo di carico dello strumento in portafoglio?
Negli investimenti obbligazionari è meglio ricercare la cedola per assicurarsi un buon flusso di incassi periodici o il rendimento effettivo a scadenza? Dipende, dipende dalle strategie, le finalità, le abilità operative del risparmiatore, etc.
Sicuramente la differenza concreta la fa l’effettivo, in quanto tiene conto del prezzo di acquisto dello strumento e lo rapporta al prezzo di rimborso finale. È il dato che ricerca in primis il cassettista e l’investitore di lungo corso, meno il trader in titoli di Stato, che punta più alla liquidità e alla duration dell’obbligazione.
Ora, a prescindere dalle strategie perseguite, ecco 2 bond sovrani con ricca cedola al 5% di cui un BTP senza rischio di cambio.
Il T-Bond 5% con esposizione al rischio di cambio
La prima obbligazione che vediamo è l’USA T-Bond 5% 15mg37 con data emissione 15 maggio 2007 (era un trentennale in origine) e matricola ISIN US912810PU60. Lo strumento è quotato sull’EuroTLX di Borsa Italiana e la valuta di denominazione del titolo è ovviamente il dollaro statunitense. Per sottoscrivere 1.000 $ di questo debito nominale servirebbero in teoria 865 € al cambio attuale dell’€/$ a 1,1553. Concretamente, invece, ne servono di più (più o meno 913 €, più spese di commissioni bancarie) dato che il titolo ha chiuso a 105,52 USD martedì 29/07.
Pertanto cedola e rendimento del T-Bond non coincidono, con il primo dato che supera il secondo. Il nominale lordo annuo è infatti del 5% (il 4,375% netto, date di stacco: 15/05 e 15/11), mentre lo yield effettivo a scadenza scende al 4,44% (dati: Borsa Italiana).
Il BTP per eliminare un rischio d’investimento: quello di cambio
Per eliminare almeno uno dei tanti rischi insiti in ogni scelta di investimento, ecco il BTP denominato in euro e zero rischio di cambio per l’investitore nazionale. L’obbligazione ha matricola IT0004532559, data emissione 1/09/2009 e scadenza allo stesso giorno del 2040. In sostanza il BTP e il T-Note sono due sovereign bond trentennali in origine oggi giunti a circa metà del rispettivo periodo di maturazione.
Il BTP 1-st40 5% ha chiuso la giornata di martedì a 112,96, per uno yield effettivo del 3,89% annuo lordo a scadenza. In altri termini, per sottoscrivere 1.000 € di debito nominale servono quasi 1.130 € più commissioni alla banca presso cui si detiene il conto titoli. A scadenza, invece, il debitore rimborserà 1.000 € per ogni BTP detenuto, oppure 1.000 USD per ogni T-Note in portafoglio. La duration modificata del titolo MEF, infine, è del 10,46.
Sono due obbligazioni con notevole rischio di mercato
Ora, meglio esporsi al rischio di cambio per un bond più ricco nei ritorni e più corto nella durata residua o puntare sulla certezza della valuta anche a costo di sacrificare lo yield? Difficile rispondere, anche perché entrambi i titoli sono accomunati da un notevole fattore di rischio, quello di mercato.
Da emissione ad oggi il BTP è sceso al minimo storico di 69 a novembre 2011 prima di risalire a un massimo di 165,98 a marzo 2015. Poi è tornato ai prezzi attuali a fine 2016, ha segnato un massimo storico a 162,97 a inizio 2021 prima di crollare ai corsi attuali nel giro di un biennio. E da qui al termine? Difficile prevederlo, anche perché al titolo mancano ancora 15 anni e 1 mese al rimborso, davvero tanto, per cui bisogna mettere in preventivo qualunque scenario.
Non meno tortuoso è stato il percorso di chi ha investito sul T-Note, che dopo aver segnato un massimo a 173,32 nel 2020 poi è sceso ai corsi attuali. Il minimo degli ultimi 5 anni è stato a 99,20 nell’ottobre ’23, non tanto distante, nei tempi e nei valori, dai prezzi attuali. Se poi ci uniamo la minore vita residua e la più bassa duration modificata a 8,67, si potrebbe ritenere il T-Bond un po’ meno volatile del BTP nei corsi di mercato.
Ecco 2 bond sovrani con ricca cedola al 5% di cui un BTP senza rischio di cambio
Tuttavia, il bond targato stelle e strisce espone al serio rischio di cambio data la volatilità del cross EUR/USD di questi mesi. Quale sarà il tasso ufficiale a scadenza (decisamente lontana per essere un’operazione in valuta estera) o alla data di rivendita? Se la sua previsione può essere relativamente agevole tra 5 giorni, non altrettanto può dirsi tra 5 mesi o peggio ancora tra 5/10 anni. A quel tempo l’USD potrebbe essersi apprezzato per esempio del 10 o 20 o 40% sull’EUR, facendo esplodere il ritorno effettivo a scadenza. Nel caso inverso lo farebbe implodere, fino a renderlo negativo nel caso di deprezzamenti molto marcati.
In definitiva si tratta di due bond da maneggiare con estrema cura e cautela per via della notevole durata residua, e della valuta per il T-Note. E proprio per questo motivo più adatti a risparmiatori dotati di notevole propensione al rischio di default, oltre che preparati e navigati sul come districarsi al meglio sui mercati finanziari.
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