Cos’è la sostituzione fedecommissaria?

Giorgia Dumitrascu

1 Settembre 2025 - 16:35

La sostituzione fedecommissaria è lo strumento che consente ai genitori di un figlio fragile di blindare il patrimonio e garantirgli assistenza. Ma quali errori la rendono nulla?

Cos’è la sostituzione fedecommissaria?

Per i genitori di un figlio con disabilità, il pensiero che pesa più di tutti è uno: mettere in sicurezza il suo futuro, assicurandosi che sia assistito adeguatamente anche quando loro non ci saranno più. La sostituzione fedecommissaria definisce quali beni sono destinati alla persona fragile e chi se ne prenderà cura, individuando un beneficiario finale cui i beni passeranno automaticamente, alla morte dell’istituito, automaticamente e senza necessità di nuove disposizioni.

Perché la sostituzione fedecommissaria è un’eccezione alla regola?

“La sostituzione fedecommissaria è una clausola, nella quale il testatore dispone che una persona interdetta erediti i beni, ma con l’obbligo di conservarli e trasferirli, alla propria morte, a un secondo beneficiario già indicato nel testamento.”

Il meccanismo è quello del cosiddetto ordo successivus, non c’è una catena di eredità tra il primo e il secondo chiamato, entrambi ereditano direttamente dal de cuius, ma in momenti diversi.
Nell’assetto dell’art. 692 c.c. i soggetti sono:

  • l’istituito (primo chiamato), cioè figlio, discendente o coniuge interdetto che riceve i beni;
  • il sostituito (secondo beneficiario), che può essere una persona (non necessariamente un parente) o un ente che si è preso cura dell’interdetto.

La sostituzione fedecommissaria è un’eccezione alla disciplina ordinaria delle successioni: è ammessa solo se disposta dal genitore, ascendente in linea retta o coniuge di una persona interdetta, in ogni altro caso è nulla. Quindi, non è uno strumento di pianificazione ereditaria, ma un rimedio pensato per tutelare persone fragili e impedire la dispersione del patrimonio.

Può bastare l’amministrazione di sostegno?

L’interdizione art. 414 c.c. è ammessa solo quando indispensabile per garantire una tutela piena e continuativa della persona incapace. Invece, l’amministrazione di sostegno è una misura più leggera e flessibile, che conserva la capacità per tutti gli atti non espressamente limitati (artt. 404 e 409 c.c.). La clausola fedecommissaria richiede espressamente che il destinatario protetto sia interdetto (o minore con abituale infermità di mente destinata all’interdizione): l’amministrazione di sostegno non basta. La disposizione è tassativa e non si estende per analogia. Se manca l’interdizione, la clausola fedecommissaria non è applicabile.

La Cassazione ha chiarito che:

“La misura va calibrata sull’effettivo bisogno di tutela, preferendo l’amministrazione di sostegno quando adeguata e ricorrendo all’interdizione solo se occorre una tutela piena e continuativa (Cass., Sez. I, 26 ottobre 2011, n. 22332)”

Tradotto: non si può chiedere l’interdizione “per fare il fedecommesso” se l’ amministrazione di sostegno è sufficiente a tutelare la persona.

I poteri dell’istituito: può vendere casa?

L’istituito ha il godimento e la libera amministrazione dei beni oggetto della sostituzione fedecommissaria; può stare in giudizio per tutte le azioni relative a quei beni e compiere le innovazioni utili a valorizzarli. Per i profili non disciplinati, ai sensi dell’art. 693 c.c. si applicano “in quanto compatibili” le norme dell’usufrutto.

La legge ammette la vendita dell’immobile oggetto del fedecommesso, ma solo con autorizzazione del giudice art. 693 c.c.. Infatti, è consentita la deroga alla regola di conservazione dei beni solo se l’autorità giudiziaria riconosca un’utilità evidente per il patrimonio o per l’istituito. I casi tipici sono:

  • copertura di spese straordinarie dell’istituito: ad esempio la necessità di vendere un immobile per affrontare cure mediche costose o l’ingresso in una struttura di assistenza;
  • migliore gestione del patrimonio: quando la liquidazione di un bene poco redditizio (come un immobile inutilizzato e gravoso per spese condominiali o fiscali) consente di reinvestire in forme più vantaggiose;
  • conservazione del valore del patrimonio: se l’immobile è in rovina o rischia di perdere drasticamente valore, la vendita può essere autorizzata per evitare una dispersione del patrimonio a danno sia dell’istituito sia del sostituito.

Oltre alla vendita, il giudice può stabilire che il prezzo ricavato venga reinvestito in modo vincolato, così da mantenere intatta la funzione di tutela del fedecommesso. In altre parole, il denaro sostituisce il bene alienato, ma resta destinato alla stessa finalità.

Fedecommesso e creditori: perché il capitale è protetto e i frutti no?

Un aspetto della sostituzione fedecommissaria riguarda la distinzione tra capitale e frutti:

  • il capitale, cioè i beni vincolati dal testatore, ad esempio, un immobile o un patrimonio finanziario, deve restare intatto, perché destinato alla restituzione al sostituito;
  • i frutti, come canoni di locazione, interessi, rendite, invece, spettano all’istituito e costituiscono il suo sostegno economico.

Tale separazione comporta delle conseguenze pratiche rilevanti per i creditori personali dell’istituito. Infatti, questi ultimi, non possono aggredire il capitale fedecommesso.
In questo senso, l’art. 695 c.c. stabilisce che:

“I creditori personali dell’istituito possono agire soltanto sui frutti dei beni che formano oggetto della sostituzione.”

Il fedecommesso genera così una vera e propria separazione patrimoniale: i beni destinati alla restituzione sono “blindati”, mentre i frutti restano utilizzabili per i bisogni quotidiani e per soddisfare eventuali creditori.

Cosa accade se il beneficiario muore prima?

Nel fedecommesso l’eredità passa al beneficiario (sostituito) solo al momento della morte dell’istituito. Ma cosa accade se il beneficiario muore prima?

“Se la persona o l’ente designato come sostituito viene meno prima della morte dell’istituito, la quota che gli sarebbe spettata non passa ai suoi eredi, ma si devolve ai successori legittimi dell’istituito.”

In altre parole, subentrano i parenti dell’istituito (interdetto) secondo le regole ordinarie della successione legittima. L’obiettivo è salvaguardare la funzione protettiva del fedecommesso: mantenere il patrimonio nella famiglia dell’incapace, evitando la dispersione tra gli eredi del sostituito.

Può capitare che nel testamento il de cuius indichi più beneficiari, persone o enti che si sono presi cura dell’incapace. In questo caso non si verifica un travaso automatico della sua quota agli altri beneficiari superstiti. L’art. 696 c.c. parla chiaramente di “beni o porzione di beni”, e ciò significa che il destino di ciascuna quota è autonomo:

  • la parte spettante al beneficiario venuto meno si devolve ai successori legittimi dell’incapace;
  • mentre le altre porzioni restano regolarmente destinate agli enti o alle persone superstiti indicate nel testamento.

Pertanto, il patrimonio che non può essere attribuito al sostituito mancante torna comunque nell’orbita familiare dell’istituito, secondo le regole della successione legittima (artt. 565 ss. c.c.).

Errori che rendono nulla o inefficace la clausola di sostituzione fedecommissaria

La sostituzione fedecommissaria è uno strumento delicato: basta poco perché la clausola inserita nel testamento diventi nulla o perda efficacia. Ecco gli errori più frequenti.

Perché le clausole de residuo sono nulle

Le formule del tipo «lascio a Tizio, e ciò che resterà andrà a Caio» non valgono come fedecommesso. Non c’è un vero obbligo di conservazione e si crea una successione vietata. La ragione è semplice: manca l’elemento essenziale del fedecommesso, cioè l’obbligo di conservare i beni ricevuti per poi restituirli al sostituito. Nelle clausole de residuo, al contrario, il primo chiamato Tizio diventa libero proprietario dei beni: può consumarli, alienarli o disperderli senza vincoli. Caio, in questa configurazione, non riceve una posizione giuridica certa, ma solo una speranza aleatoria che alla morte del primo resti qualcosa. La giurisprudenza è ferma nel qualificare tali clausole come nulle (Cass. Sez. II, 2014, n. 22168).

Sostituzione a favore di minori senza rispettare i termini

Se riguarda un minore con abituale infermità di mente, la sostituzione funziona solo se l’interdizione è pronunciata (o almeno iniziata) entro 2 anni dal compimento della maggiore età. In caso contrario, la disposizione resta senza effetto.

Beneficiari inadempienti: mancato rispetto dei doveri di cura

L’art. 692 c.c. subordina l’efficacia della sostituzione fedecommissaria alla condizione che le persone o gli enti chiamati come sostituiti abbiano concretamente avuto cura dell’incapace. Non basta, dunque, un richiamo formale nel testamento: il rapporto di cura deve essere effettivo e verificabile. È un meccanismo che rafforza la natura “protettiva” del fedecommesso, evitando abusi o benefici ingiustificati.

L’accertamento del giudice si fonda su elementi oggettivi:

  • documentazione sanitaria e assistenziale (PAI, relazioni ASL, servizi sociali);
  • contratti e rendiconti delle strutture o degli enti coinvolti;
  • report del tutore e riscontri documentali (PEC, fatture, bonifici).

Quali alternative esistono alla sostituzione fedecommissaria?

Quando non ricorrono (o non bastano) i presupposti della sostituzione fedecommissaria, esistono altre soluzioni legali per proteggere un familiare fragile. Hanno logiche diverse da un fedecommesso ma permettono di separare e organizzare i beni con maggiori flessibilità.

Trust “Dopo di noi”

Il trust consente di separare un patrimonio (trust fund) e affidarne la gestione a un trustee secondo un atto istitutivo che scandisce poteri, controlli (es. protector), criteri di spesa e di verifica nel tempo. Con la l. n. 112/2016 il legislatore ha previsto, per persone con disabilità grave (art. 3, co. 3, l. n. 104/1992), un pacchetto di agevolazioni fiscali per trust, vincoli ex art.2645-ter e fondi speciali: esenzione da imposta di successione e donazione sui conferimenti, imposte ipotecaria e catastale in misura fissa, e ulteriori cautele sui ri-trasferimenti in caso di premorienza del beneficiario disabile.

A differenza del trust, la sostituzione fedecommissaria non gode di esenzioni e segue una regola fiscale più onerosa. L’art. 31 del T.U. successioni (D.lgs. n. 346/1990) stabilisce che l’istituito paghi l’imposta come usufruttuario al momento dell’apertura della successione, mentre il sostituito versi l’imposta al momento della devoluzione, calcolata sul valore aggiornato dei beni. In pratica, il fisco interviene due volte: all’ingresso e all’uscita del fedecommesso.

Vincolo di destinazione ex art. 2645-ter c.c.

L’atto di destinazione consente di vincolare beni a interessi meritevoli di tutela, con trascrizione nei registri e durata massima 90 anni o per la vita del beneficiario. Richiede atto pubblico notarile; i beni e i frutti sono destinati allo scopo indicato e l’alienazione per fini estranei è limitata. È lo strumento interno che più si avvicina all’idea di separazione patrimoniale, pur con un impianto meno “gestionale” del trust.

Polizze vita: “schermo” dai creditori

Le polizze vita rappresentano una delle soluzioni più semplici ed efficaci per garantire risorse economiche a favore di un familiare fragile. Attraverso la designazione di un beneficiario, quest’ultimo acquista un diritto proprio e immediato sulle somme assicurate (art. 1920 c.c.): significa che l’importo erogato dall’assicurazione non transita nell’asse ereditario e non è soggetto a divisioni tra gli eredi.

Un vantaggio ulteriore riguarda la tutela dai creditori: l’art. 1923 c.c. prevede che le somme dovute dall’assicuratore non siano pignorabili né sequestrabili, salvo i casi particolari di azione revocatoria o riduzione per lesione della quota di legittima. Pertanto, è uno strumento snello, complementare o alternativo al fedecommesso, che permette di pianificare il sostegno economico a lungo termine senza la rigidità delle clausole testamentarie.

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