Chi è l’amministratore di sostegno e cosa fa?

Giorgia Dumitrascu

4 Agosto 2025 - 18:12

Chi è l’amministratore di sostegno e quali sono i suoi poteri? Vediamo come funziona e quali sono i limiti e le responsabilità.

Chi è l’amministratore di sostegno e cosa fa?

Un genitore anziano che non riesce più a gestire le proprie finanze. Un figlio con disabilità che ha bisogno di assistenza nella cura dei propri interessi patrimoniali. Cosa accade quando una persona non è più in grado di amministrare in autonomia il proprio patrimonio? In tali situazioni ci si può avvalere dell’amministrazione di sostegno.
È una misura tutelare che riguarda solo l’aspetto economico e patrimoniale del beneficiario, senza intaccare le altre sfere della sua persona. L’obiettivo della misura non è quello di sostituire l’individuo, ma di affiancarlo, limitando il meno possibile la sua capacità di agire. L’amministrazione di sostegno non è una condizione permanente: può essere modificata o revocata qualora vengano meno le ragioni che ne hanno giustificato l’adozione, su istanza dei soggetti legittimati o anche d’ufficio da parte del giudice tutelare.

Che cos’è l’amministrazione di sostegno?

L’amministrazione di sostegno è:

“Una misura di protezione rivolta alle persone che, per effetto di una menomazione fisica o psichica, si trovano nell’impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi.”

Introdotta con la l. n. 6 del 2004 ha segnato un’evoluzione rispetto agli istituti tradizionali dell’interdizione e dell’inabilitazione. A differenza di questi ultimi, l’amministrazione di sostegno si caratterizza per una forte flessibilità: le misure sono modellate in funzione delle esigenze concrete del beneficiario, garantendo sempre il minimo sacrificio possibile della capacità di agire, in ossequio al principio di autodeterminazione. Lo stesso legislatore, al
L’art. 1, l. 6/2004 specifica che l’amministrazione di sostegno:

“Ha la finalità di tutelare, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell’espletamento delle funzioni della vita quotidiana, mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente.”

Il ricorso all’amministrazione di sostegno avviene in presenza di fragilità personali: si pensi a un giovane con una disabilità intellettiva lieve, ma stabile, che ha bisogno di assistenza nella stipula di contratti o nell’accesso ai servizi bancari. In questi casi, la nomina di un amministratore consente di compiere quegli atti che il beneficiario da solo non riuscirebbe a gestire, senza però estrometterlo dalla sua sfera giuridica come accade nell’interdizione.

Chi può chiedere la nomina dell’amministratore di sostegno?

La domanda di nomina dell’amministratore di sostegno può essere proposta non solo dal beneficiario, ma anche da altri soggetti indicati dall’art. 406 c.c. In questo senso, la Riforma Cartabia (D.lgs. n. 149/2022) ha ricondotto la procedura di nomina al nuovo rito unico in materia di persone, minorenni e famiglie
Sono legittimati a proporre ricorso:

  • il beneficiario stesso, anche se già interdetto o inabilitato;
  • il coniuge o il convivente;
  • i parenti entro il quarto grado e gli affini entro il secondo;
  • il tutore o il curatore, se già presenti;
  • i responsabili dei servizi sanitari e sociali direttamente impegnati nella cura o assistenza della persona.

Anche il Pubblico Ministero può intervenire, specie nei casi in cui vi siano situazioni di abbandono, conflitto familiare o inadempimento da parte dei servizi preposti.

Come attivare l’amministratore di sostegno?

“Il procedimento si avvia con il deposito di un ricorso presso il giudice tutelare del luogo di residenza o domicilio stabile del beneficiario.”

Affinché il giudice possa decidere, è necessario allegare al ricorso: una relazione medica recente che attesti la compromissione dell’autonomia, copia del documento di identità, lo stato di famiglia e, se possibile, un’indicazione del soggetto proposto come amministratore, che potrà essere accettata o meno dal giudice in base alla sua idoneità.

“Salvo casi in cui vi sia una grave impossibilità a comparire, il giudice deve ascoltare direttamente la persona interessata per valutare la sua condizione e la sua volontà.”

L’audizione avviene solitamente in modo informale, spesso nella stanza del giudice, per creare un ambiente meno intimidatorio e più rispettoso della dignità del soggetto. Una volta raccolti tutti gli elementi (tra cui le opinioni dei familiari, dei medici curanti e degli eventuali servizi sociali coinvolti) il giudice può adottare il decreto di nomina.
La legge prevede che ciò avvenga entro 60 giorni dalla presentazione della domanda. Il decreto di nomina è immediatamente esecutivo. In caso di disaccordo tra i familiari o tra questi e il beneficiario, è possibile proporre opposizione nelle forme dell’art. 739 c.p.c., dinanzi al tribunale in composizione collegiale.

Ricorso urgente per la nomina dell’amministratore di sostegno

In situazioni di particolare gravità, quando la persona fragile rischia un pregiudizio imminente e irreparabile, ad esempio perché deve subire un intervento urgente o vi è il pericolo di dispersione del patrimonio, il giudice può nominare l’amministratore di sostegno con decreto immediato e provvisorio, anche prima dell’audizione personale del beneficiario.
Si tratta del cosiddetto ricorso urgente ex art. 405, co. 4, c.c.: il giudice emette un provvedimento cautelare che sarà poi confermato, modificato o revocato dopo aver completato gli accertamenti ordinari.

Cosa fa l’amministratore di sostegno?

L’amministratore di sostegno agisce nell’interesse esclusivo della persona fragile, esercitando solo i poteri espressamente conferiti dal giudice tutelare con il decreto di nomina. Non esiste una funzione generalizzata, ma un mandato ritagliato sulla situazione concreta.
Ai sensi dell’art. 405 c.c., il decreto di nomina deve contenere:

[…] l’indicazione degli atti che l’amministratore di sostegno ha il potere di compiere in nome e per conto del beneficiario [...]

La distinzione tra atti di ordinaria e straordinaria amministrazione serve a comprendere il perimetro operativo del soggetto nominato.

Atti di ordinaria amministrazione

Nell’ordinaria amministrazione rientrano attività come la gestione del conto corrente, il pagamento delle spese domestiche, la riscossione della pensione o l’acquisto di beni di uso comune. Sono atti che possono essere eseguiti in autonomia dall’amministratore, salvo diversa disposizione del giudice.

Atti di straordinaria amministrazione

Invece, quando si tratta di vendere un immobile, accettare un’eredità, stipulare un mutuo o sottoscrivere un contratto di locazione, ci si trova nel campo della straordinaria amministrazione. In tali casi, non basta il potere conferito con il decreto di nomina: è necessaria l’autorizzazione del giudice tutelare, richiesta di volta in volta, sulla base di un’istanza motivata presentata dall’amministratore. È un meccanismo di controllo che serve a garantire che gli atti più rilevanti siano valutati da un’autorità terza.

Cosa deve rendicontare l’amministratore di sostegno?

Chi ricopre questo ruolo è tenuto a documentare ogni attività compiuta. Infatti, l’art. 380 c.c. prevede che il tutore (e quindi anche l’amministratore di sostegno ai sensi dell’art. 411 c.c.):

“Deve presentare periodicamente al giudice tutelare il rendiconto dell’attività svolta, con cadenza annuale o secondo quanto stabilito nel decreto.”

Il rendiconto deve essere dettagliato e depositato presso la cancelleria del giudice tutelare del tribunale che ha emesso il decreto di nomina. Deve contenere un prospetto di tutte le entrate e uscite relative al periodo di riferimento. A questo prospetto deve essere allegata la documentazione giustificativa delle operazioni effettuate, come estratti conto bancari, ricevute di pagamento, fatture e scontrini. È poi necessario redigere una relazione riepilogativa che illustri sinteticamente l’attività svolta nel corso dell’anno e la situazione patrimoniale aggiornata, evidenziando il saldo dei conti, eventuali passività in corso o variazioni patrimoniali significative.
Il mancato deposito del rendiconto o la presentazione incompleta può comportare la revoca dell’amministratore art. 413 c.c. nonché l’eventuale responsabilità patrimoniale personale.

Chi può essere nominato amministratore di sostegno?

Il ruolo di amministratore di sostegno può essere svolto da un familiare, un amico, un volontario o anche un professionista, purché ritenuto idoneo a svolgere il compito in modo coerente con gli interessi del beneficiario. Il giudice tutelare può seguire un ordine preferenziale, sempre subordinato all’interesse concreto dell’amministrato ex art. 408 c.c.
Il primo criterio è la volontà del beneficiario. Se la persona ha espresso una preferenza, sia in modo diretto durante l’audizione, sia in forma preventiva mediante atto pubblico o una scrittura privata autenticata, il giudice deve tenerne conto, salvo che la persona indicata non sia idonea o non accetti l’incarico. Tale strumento di autodeterminazione è oggi sempre più utilizzato da soggetti che, pur ancora capaci, vogliono programmare forme di assistenza in previsione di un futuro decadimento cognitivo, ad esempio, a seguito di una diagnosi di patologia neurodegenerativa.
In assenza di preferenze esplicite, la designazione si orienta su coniuge o convivente, poi su parenti entro il quarto grado. Tuttavia, la parentela non basta, in ogni caso il giudice valuta:

  • la reale idoneità del soggetto proposto;
  • la sua disponibilità concreta a svolgere l’incarico;
  • l’assenza di conflitti d’interesse;
  • se sussistono precedenti di cattiva gestione patrimoniale.

Il giudice può nominare anche soggetti esterni: avvocati, commercialisti, volontari iscritti in elenchi tenuti dai tribunali o membri di associazioni accreditate. La nomina di un professionista non è però automatica. Deve essere giustificata da esigenze oggettive, come l’assenza di soggetti idonei nel nucleo familiare o la necessità di gestire situazioni complesse che richiedono competenze professionali. Ad esempio, se l’amministrato ha conti in sospeso con l’erario, cause civili pendenti o beni in comunione.

Quali sono le responsabilità dell’amministratore di sostegno?

Chi accetta di svolgere il ruolo di amministratore di sostegno si assume una responsabilità giuridica piena e personale.
Infatti, l’art 411 c.c. stabilisce che:

“L’amministratore può essere chiamato a rispondere per danni patrimoniali o personali causati al beneficiario se questi derivano da comportamenti negligenti, imprudenti o in violazione del decreto di nomina.”

Ad esempio, la responsabilità può sorgere se l’amministratore omette di pagare un canone di locazione provocando lo sfratto dell’assistito, o firma contratti per i quali non ha ottenuto l’autorizzazione del giudice tutelare.
La gestione inefficiente, però, non comporta in automatico l’esclusione dall’incarico. Solo in presenza di comportamenti pregiudizievoli, inattività grave o conflitti di interesse concreti, è possibile ottenere la revoca o sostituzione dell’amministratore, anche d’ufficio.
Quanto alla validità degli atti compiuti dall’amministratore. Se l’amministratore agisce oltre i limiti stabiliti dal decreto o senza l’autorizzazione del giudice, l’atto può essere impugnato per annullabilità (art. 428 c.c.).
Il termine per l’impugnazione è di 5 anni e decorre dal momento in cui l’atto è stato compiuto. Tuttavia, i diritti dei terzi di buona fede restano tutelati.

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