Un 61enne è stato licenziato dopo 40 anni di lavoro e a pochi mesi dalla pensione. Una storia che pone diversi interrogativi sul mercato del lavoro attuale
Il momento della pensione è uno dei più delicati nella vita lavorativa. Molte persone lo vivono come la fine di un percorso, altre come l’inizio di un nuovo periodo di libertà. Altre ancora come la giusta ricompensa dopo anni di duro impegno quotidiano.
Esistono anche casi, però, e sono sempre più frequenti, in cui un lavoratore viene licenziato pochi mesi prima del momento della pensione e viene “costretto” a reinventarsi in un’età in cui ripartire è decisamente complicato.
È quanto appena successo a un 61enne svizzero di nome Roland Favre.
La triste storia di Roland Favre
La storia di Roland Favre è balzata agli onori delle cronache di questi giorni per la sua assurdità. Il 61enne svizzero ha lavorato per 40 anni ininterrotti in un’azienda, ricoprendo i ruoli più disparati, dall’addetto alle vendite al responsabile della logistica.
Una fedeltà all’azienda che si è tradotta in un impegno costante nell’imparare nuove mansioni e nel riqualificarsi per consolidare il proprio posto di lavoro.
Qualche giorno fa, però, è arrivata la doccia fredda. L’azienda ha deciso di tagliare 200 posti di lavoro in Europa, compreso quello di Favre. Nessun pensionamento anticipato o pensione retribuita: un licenziamento in tronco.
Per Favre è stato un vero shock accompagnato da un rammarico per non aver preso in considerazione l’idea di un prepensionamento proposto più volte dall’azienda. Una vicenda che si è conclusa con un piccolo “contentino”: 6 mesi di stipendio anticipato come buonuscita arrivati dopo la minaccia del lavoratore di affidarsi a un avvocato.
Le difficoltà a trovare un nuovo lavoro
Dopo aver perso il lavoro, Favre non è stato con le mani in mano ed è corso a iscriversi all’ufficio di collocamento locale per presentare la bellezza di 150 candidature diverse.
Nessuna di esse, però, è andata a buon fine, a eccezione di un impiego temporaneo nel settore della logistica durato appena pochi mesi.
Tra un rifiuto e l’altro, Favre ha dichiarato che sta iniziando a valutare di andare in pensione anche se gli mancherebbero altri 4 anni di lavoro. Facendo così, però, sarebbe costretto a rinunciare a una cifra significativa.
La situazione in Svizzera
La vicenda di Favre, purtroppo, non è un caso isolato. Soprattutto in Svizzera dove l’amministrazione centrale sta pensando di rendere più difficile il pensionamento anticipato per ridurre l’ammontare della spesa pensionistica e spingere le persone a lavorare più a lungo.
Un approccio che lo stesso Favre, intervistato, ha definito irrealistico, in quanto sebbene un lavoratore di 65 anni sia ancora in grado di svolgere le proprie mansioni, non ha quasi nessuna possibilità di essere reinserito nell’attuale mercato del lavoro.
Al malcapitato svizzero rimangono la delusione per la mancanza di lealtà dell’azienda a cui ha dedicato la vita e un cauto ottimismo: «Non voglio ancora andare in pensione. Forse la fortuna mi sorriderà ancora».
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