Busta paga novembre 2025, così il secondo acconto Irpef “taglia” lo stipendio

Simone Micocci

29 Ottobre 2025 - 18:01

Busta paga, sullo stipendio di novembre scatta il secondo acconto Irpef. Ecco quanto bisogna versare all’Agenzia delle Entrate.

Busta paga novembre 2025, così il secondo acconto Irpef “taglia” lo stipendio

Brutta sorpresa in arrivo nella busta paga di novembre 2025 per molti lavoratori dipendenti: il prossimo mese, infatti, il datore di lavoro - in qualità di sostituto d’imposta - sarà tenuto a effettuare la trattenuta relativa al secondo acconto Irpef, con conseguente riduzione dell’importo netto dello stipendio.

Si tratta di un adempimento fiscale previsto ogni anno per chi ha presentato il modello 730/2025 (che ricordiamo è riferito ai redditi 2024) indicando il datore di lavoro come sostituto d’imposta. In pratica, dal cedolino di novembre verrà trattenuta la somma necessaria a coprire il saldo del secondo acconto Irpef, ossia la parte finale dell’imposta sul reddito da versare entro il 30 novembre 2025.

Questo passaggio può avere un impatto significativo sullo stipendio mensile, soprattutto per chi ha dichiarato imposte più elevate o non ha crediti d’imposta da compensare. In alcuni casi, la trattenuta può essere così alta da ridurre sensibilmente o addirittura azzerare la retribuzione di novembre, con eventuali conguagli da recuperare nel mese successivo.

Per capire quanto si rischia di perdere in busta paga e perché accade, è importante conoscere come funziona il meccanismo dell’acconto Irpef, chi deve versarlo e in che modo viene calcolato dal datore di lavoro.

Cos’è il secondo acconto Irpef in busta paga

Ogni anno i contribuenti versano l’Irpef, l’imposta sul reddito delle persone fisiche, attraverso due momenti distinti: l’acconto e il saldo. Si tratta di un sistema che consente al Fisco di incassare in anticipo una parte delle imposte dovute sull’anno in corso, prendendo come riferimento i redditi dichiarati nell’anno precedente.

Per i lavoratori dipendenti, a questi versamenti si aggiungono le ritenute mensili operate dal datore di lavoro, che funge da sostituto d’imposta e trattiene direttamente dalle retribuzioni quanto dovuto a titolo di acconto Irpef. In questo modo, l’imposta viene versata progressivamente nel corso dell’anno e successivamente ricalcolata con la dichiarazione dei redditi, quando si determina il saldo effettivo o l’eventuale credito a favore del contribuente.

Nel 2025, quindi, il saldo è riferito ai redditi del 2024, mentre l’acconto serve a coprire le imposte per l’anno in corso. Quest’ultimo è dovuto quando l’imposta netta - cioè calcolata al netto di detrazioni, ritenute, crediti d’imposta ed eventuali eccedenze - supera 51,65 euro. In tal caso, il contribuente è tenuto a versare un importo pari al 100% dell’imposta dichiarata, suddiviso in due momenti distinti: il primo già a giugno, il secondo entro il 1° dicembre 2025, data che sostituisce la scadenza canonica del 30 novembre poiché quest’anno cade di sabato.

Per chi ha scelto di effettuare il conguaglio tramite il datore di lavoro, la seconda rata viene trattenuta automaticamente nella busta paga di novembre, rappresentando di fatto uno degli ultimi adempimenti fiscali prima dei conguagli di fine anno.

Come viene sottratto l’acconto Irpef dalla busta paga

Come anticipato, nel caso dei lavoratori dipendenti, è il datore di lavoro a occuparsi materialmente del versamento dell’acconto Irpef, trattenendo le somme dovute direttamente dalla busta paga e riversandole poi all’Agenzia delle Entrate.

La modalità con cui l’importo viene sottratto dipende dal valore complessivo dell’acconto: se l’imposta da versare è di importo ridotto, il pagamento avviene in un’unica soluzione, mentre per cifre più elevate viene suddiviso in due momenti distinti. Più precisamente se l’importo dell’acconto non supera 257,52 euro, il versamento avviene tutto insieme entro il 1° dicembre 2025.

Se invece l’acconto è superiore a tale soglia, il datore di lavoro provvede a versarlo in due fasi: la prima, pari al 40%, a giugno insieme al saldo dell’anno precedente, e la seconda, corrispondente al 60% restante, con la busta paga di novembre.

È proprio questa seconda parte a preoccupare maggiormente i lavoratori, perché - a differenza del primo acconto di giugno - non può essere rateizzata.

Il datore di lavoro deve infatti trattenere l’intero importo in un’unica soluzione, anche se ciò comporta una forte riduzione, o in alcuni casi persino l’azzeramento dello stipendio di novembre.

E qualora la retribuzione del mese non fosse sufficiente a coprire l’intero importo dovuto? In tal caso il recupero potrà proseguire sulla busta paga di dicembre, con l’applicazione di un interesse dello 0,40%.

Di quanto si riduce lo stipendio

Stabilire con precisione di quanto si riduce lo stipendio di novembre 2025 a causa della trattenuta per il secondo acconto Irpef non è possibile, poiché l’importo varia in base alla posizione in cui si trova il contribuente. La cifra trattenuta dipende infatti dal debito fiscale emerso dalla dichiarazione dei redditi 2025 e dalle eventuali detrazioni o crediti d’imposta che ne hanno ridotto l’importo complessivo.

Come visto sopra, secondo la regola generale il datore di lavoro trattiene dal cedolino di novembre una somma pari al 60% dell’acconto totale dovuto per l’anno in corso. Ciò significa, ad esempio, che in presenza di un debito Irpef di 500 euro, verranno trattenuti 300 euro dallo stipendio, destinati al versamento all’Agenzia delle Entrate.

Per i debiti di importo inferiore a 257,52 euro, invece, non si applica la divisione in due rate: l’acconto viene versato in un’unica soluzione direttamente con la busta paga di novembre, rappresentando così sia il primo che l’unico versamento dovuto per l’anno.

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