Busta paga, aumenti più bassi di quelli annunciati. Ecco i veri importi

Simone Micocci

28 Ottobre 2025 - 16:45

Aumentano gli stipendi? Sì, ma l’incremento è più basso rispetto a quanto credi. Ecco la tabella che svela la verità sugli importi.

Busta paga, aumenti più bassi di quelli annunciati. Ecco i veri importi

La legge di Bilancio 2026 taglia l’Irpef sul secondo scaglione - che va da 28.000 a 50.000 euro - generando un risparmio di massimo 440 euro l’anno per chi guadagna fino a 200.000 euro (sopra questa soglia il risparmio fiscale viene annullato da una minore detrazione per reddito da lavoro dipendente).

Tuttavia bisogna fare chiarezza sul fatto che nelle tasche dei lavoratori entreranno meno soldi rispetto a quelli annunciati. Chi ad esempio guadagna 30.000 euro non guadagna - come detto da più parti - 40 euro al mese, ossia il 2% sulla parte di reddito che rientra nel secondo scaglione (pari a 2.000 euro appunto). Anzi, come vedremo di seguito non prenderà alcun euro dalla riforma fiscale.

Per calcolare la base imponibile sulla quale si applica il risparmio Irpef, infatti, bisogna per prima cosa sottrarre i contributi versati, per la sola parte a carico del lavoratore, pari al 9,19% della retribuzione lorda. La base imponibile su cui calcolare il risparmio Irpef, quindi, è più bassa rispetto alla retribuzione annua lorda: per questo motivo anche l’importo generato dalla nuova riforma fiscale è inferiore rispetto a quanto raccontato.

Su quale parte dello stipendio si paga l’Irpef

Capire su quale parte dello stipendio si paga l’Irpef è fondamentale per non confondere retribuzione lorda e retribuzione imponibile, due concetti che spesso vengono confusi ma che determinano differenze notevoli in busta paga.

L’Irpef, infatti, non si applica sull’intero stipendio lordo indicato nel contratto, ma solo sulla parte residua dopo aver sottratto i contributi previdenziali dovuti all’Inps (o alla cassa di riferimento). Questa quota, che serve a finanziare la pensione e le prestazioni assistenziali, non è soggetta a tassazione. A tal proposito, nel 2025 le aliquote contributive restano invariate: 9,19% per i dipendenti del settore privato e 8,80% per quelli del pubblico impiego.

Di conseguenza, se un lavoratore del settore privato ha una retribuzione annua lorda (RAL) di 30.000 euro, dovrà versare circa 2.757 euro di contributi previdenziali. Il suo reddito imponibile, ossia la parte su cui effettivamente si calcola l’Irpef, scenderà quindi a 27.243 euro. È su questo importo - non sui 30.000 euro - che vengono applicate le aliquote Irpef, secondo la struttura progressiva in vigore (23% fino a 28.000 euro, 35% da 28.000 a 50.000 euro e 43% oltre i 50.000 euro). Pertanto, nel caso appena citato, tutto il reddito imponibile rientra nel primo scaglione, quindi l’imposta lorda sarà pari al 23% di 27.243 euro, ossia circa 6.266 euro.

Facciamo un secondo esempio per chiarire meglio il meccanismo. Un dipendente con una Ral di 40.000 euro dovrà versare contributi per circa 3.676 euro, ottenendo così un reddito imponibile di 36.324 euro. In questo caso, l’Irpef non sarà più calcolata tutta al 23%, ma:

  • il 23% sui primi 28.000 euro;
  • il 35% sui restanti 8.324 euro.

Il totale delle imposte lorde sarà quindi di circa 8.900 euro, a cui poi aggiungere le detrazioni previste.

Quanto si guadagna davvero con il taglio Irpef

La riduzione dell’aliquota Irpef sul secondo scaglione, dal 35% al 33%, è una delle novità principali della legge di Bilancio 2026. La modifica riguarda i redditi compresi tra 28.000 e 200.000 euro, cioè quella fascia di lavoratori e pensionati considerata “medio-alta”, per i quali è previsto un risparmio è pari a due punti percentuali sulla parte imponibile che cade nel secondo scaglione (tra 28.000 e 50.000 euro).

Tuttavia, come abbiamo visto nel capitolo precedente, l’Irpef non si calcola sull’intero stipendio lordo bensì sul reddito imponibile, cioè al netto dei contributi previdenziali, il che significa che l’effetto reale del taglio è più basso di quello calcolato teoricamente.

Facendo un esempio, un lavoratore con una retribuzione annua lorda di 40.000 euro paga l’Irpef sul reddito imponibile di circa 36.300 euro, dopo la trattenuta dei contributi. Di questa somma, soltanto 8.000 euro circa rientrano nel secondo scaglione e beneficiano del taglio di aliquota: il risparmio effettivo, in questo caso, è di poco più di 160 euro l’anno, ovvero poco più di una decina di euro al mese. Il vantaggio massimo si ottiene per chi guadagna circa 55.000 euro lordi, come si può vedere nella tabella seguente.

Retribuzione annua lorda Base imponibile Risparmio Irpef annuo Risparmio mensile
28.000 25.428 0 0
30.000 27.243 0 0
32.000 29.058 21 2
34.000 30.872 58 5
36.000 32.687 95 8
38.000 34.502 132 11
40.000 36.316 166 14
42.000 38.131 201 17
44.000 39.946 236 20
46.000 41.760 271 23
48.000 43.575 306 26
50.000 45.390 340 28
55.000 50.389 440 37
60.000 54.666 440 37
70.000 63.223 440 37

Gli importi, quindi, sono più bassi rispetto a quelli spesso citati nel dibattito pubblico: basti pensare che con una Ral di 32.000 euro è previsto un beneficio pressoché simbolico: parliamo di poche decine di euro all’anno, troppo poco per produrre un effetto percepibile in busta paga. Solo superando i 35.000 euro lordi il risparmio comincia a diventare leggermente più evidente, ma resta comunque limitato a meno di 10 euro netti al mese.

È solo nella fascia medio-alta, tra 40.000 e 55.000 euro, che il taglio del 2% si traduce in un vantaggio migliore, arrivando a un massimo di 440 euro. Oltre questa soglia, il vantaggio non cresce ulteriormente, perché il taglio si applica sempre e solo sulla porzione di reddito che rientra nel secondo scaglione, ossia tra 28.000 e 50.000 euro. Chi guadagna 60.000 o 70.000 euro continuerà quindi a risparmiare la stessa cifra, mentre per i redditi più elevati - sopra i 200.000 euro - il beneficio viene neutralizzato dalla riduzione delle detrazioni per reddito da lavoro dipendente, così da evitare che il vantaggio fiscale si traduca in un privilegio per le fasce più alte.

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# IRPEF

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