Tanta paura per il Quantitative Tightening-QT, ma alla fine i BTP hanno fatto anche meglio. Il commento dell’esperto e il paragone con gli altri Titoli di Stato.
BTP e spread BTP-Bund a 10 anni sotto controllo, a dispetto della grande paura per l’effetto che l’avvento del QT-Quantitative Tightening, il piano che la BCE ha lanciato agli inizi del 2023 ribaltando le conseguenze del programma diamentralmente opposto QE-Quantitative easing, che per tanti anni è stato considerato una sorta di scudo sfornato ad hoc dalla Banca centrale europea per salvare l’Italia e altri Paesi caratterizzati da elevati livelli di debito pubblico.
Sono ormai anni che il QT o anche piano anti-BTP che spaventò gli stessi esponenti del governo Meloni, quando venne annunciato dalla presidente della BCE Christine Lagarde nella riunione del 15 dicembre 2022, insieme alla decisione dell’istituzione di alzare quel giorno i tassi di interesse dell’area euro, di nuovo, di ben 50 punti base.
Oltre alla stretta monetaria, Lagarde comunicò che, a partire dall’anno successivo, ovvero dal 2023, avrebbe continuato a “reinvestire integralmente, il capitale rimborsato sui titoli in scadenza nel quadro del PAA sino alla fine di febbraio 2023. Successivamente il portafoglio del PAA” sarebbe stato “ ridotto a un ritmo misurato e prevedibile ”, in quanto la Banca centrale europea avrebbe reinvestito “solo in parte il capitale rimborsato sui titoli in scadenza”.
Quel giorno venne decretata dunque la fine dei giochi, che sarebbe stata (e lo è tuttora) molto graduale, del QE-Quantitative easing, piano concepito dall’ex presidente della BCE e predecessore di Christine Lagarde, Mario Draghi, da subito osteggiato dai grandi falchi dell’Eurotower.
A rimanere in essere sarebbe stato l’altro QE, noto anche come QE pandemico. Lagarde avrebbe poi staccato la spina anche a quel bazooka monetario, ultimo assist a favore dei BTP e dei Titoli di Stato dell’area euro.
QT e fine QE-PEPP BCE. Ma i BTP di Meloni hanno retto il colpo molto bene. Il commento di BNP Paribas AM
Chi temeva grandi scossoni sul mercato dei Titoli di Stato italiani è stato tuttavia smentito. I bond sovrani made in Italy non solo hanno superato quella sfida - fine del QE e anche del PEPP - ma hanno continuato a essere ben comprati, a dispetto del Quantitative Tightening.
Lo ha fatto notare a Money.it Mario Pietrunti, Senior European Economist di BNP Paribas Asset Management, che ha messo in evidenza la fiducia dei mercati di cui il governo Meloni e, di riflesso,i Titoli di Stato italiani continuano a beneficiare, e che ha segnalato anche la solidità che, tutto sommato, l’Italia continua a dimostrare.
Pietrunti ha fatto riferimento a dati macroeconomici che hanno mostrato “ una sostanziale tenuta dell’economia, a fronte di un’elevata incertezza sul fronte commerciale e geopolitico”, e sulla scia di un governo Meloni che ha continuato a gestire i conti pubblici in modo prudente, anche rispetto a diverse altre economie europee.
“La politica di bilancio continua a risultare più prudente rispetto alla media europea ”, ha sottolineato l’economista senior di BNP Paribas Asset Management, indicando, “in tale contesto”, anche “ una graduale ricomposizione della spesa pubblica (da parte del governo Meloni), con un incremento degli investimenti pubblici, che dovrebbe ulteriormente favorire le prospettive di crescita di medio periodo”.
Pietrunti si è mostrato dunque fiducioso nella possibilità che “i fondamentali macroeconomici” dell’Italia avallino la prospettiva di “una sostanziale stabilità degli spread, più che un loro allargamento”.
Aiuta tra l’altro un altro fattore che l’economista ha puntualizzato, che si riferisce proprio alla decisione della BCE, ormai attiva da un bel po’, di mettersi a dieta, ovvero di ridurre la mole di Titoli di Stato - BTP ma anche altri bond euro - di cui ha fatto tanto incetta in passato ricorrendo per l’appunto al piano QE:
“In questo contesto, la prevedibilità e la gradualità con cui la BCE sta provvedendo a ridurre il proprio bilancio hanno fatto sì che il QT non abbia avuto, e presumibilmente non avrà, impatti significativi sui mercati”.
Ovvio, secondo qualcuno l’attenzione rimane d’obbligo.
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I BTP hanno superato il test QT della BCE facendo quest’anno anche meglio degli OAT, Bund & Co.
I fatti hanno già dato ragione a Pietrunti.
Sebbene infatti i rendimenti dei BTP a 10 anni puntino nella giornata di oggi, 1° dicembre 2025, verso l’altro, la prova di come i Titoli di Stato italiani non solo abbiano superato il test QT della BCE ma abbiano performato meglio in quest’ultimo anno rispetto alla media europea è incisa tutta nei numeri: nello specifico, nei numeri che riassumono il trend dei rendimenti dei BTP decennali.
Rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, i rendimenti decennali italiani risultano infatti in salita, ma in misura meno significativa rispetto al balzo che ha, in alcuni casi, interessato i rendimenti dei Titoli di Stato di altri Paesi del blocco.
I BTP dell’Italia di Meloni hanno fatto insomma meglio.
Dalle rilevazioni di Bloomberg emerge infatti che i rendimenti dei BTP a 10 anni sono saliti su base annua di 16 punti base.
Il trend al rialzo non è di per sé una notizia positiva, se si considera che la relazione tra prezzi e rendimenti di un bond è inversamente proporzionale, il che significa che, se i rendimenti salgono, i prezzi dell’obbligazione scendono.
Tra l’altro, fino a qualche settimana fa, i rendimenti italiani su base annua erano in calo, il che significa che la tensione sui BTP è tornata recentemente a riaccendersi.
Detto questo, il rialzo dei rendimenti dei BTP decennali, sul mercato secondario, è di entità decisamente inferiore rispetto agli aumenti che sono stati incassati dai rendimenti degli OAT francesi e degli stessi Bund tedeschi. Certo, gli allarmi non mancano, e a lanciarli di recente è stata la stessa Banca centrale europea.
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Il trend su base annua dei rendimenti dei BTP, OAT, Bund, Bonos e altri bond euro
Così emerge di fatto, dalle rilevazioni di Bloomberg, che si riferiscono al trend su base annua (i rendimenti sono quelli decennali):
- Rendimenti BTP: +16 punti base al 3,44% di oggi, 1° dicembre 2025.
- Rendimenti OAT francesi: + 55 punti base, al 3,45%.
- Rendimenti Bund tedeschi: +64 punti base, al 2,72%.
- Rendimenti Bonos spagnoli: +41 punti base, al 3,20%.
- Rendimenti Titoli Portogallo: +50 punti base, al 3,03%.
- Rendimenti Titoli Olanda: +54 punti base, al 2,86%.
- Rendimenti Titoli Grecia: +42 punti base, al 3,32%.
Dal trend dei rendimenti viene confermato tra l’altro che, dopo essersi azzerato, lo spread Italia-Francia a 10 anni continua a viaggiare in territorio negativo, sebbene in misura decisamente lieve, appena di 1 punto base, a conferma di come gli investitori considerino i BTP lievemente più sicuri rispetto agli OAT, questi ultimi espressione di un debito pubblico francese che, così come il deficit, continua a preoccupare gli operatori di mercato.
Allo stesso tempo, va ricordato anche che sia i Titoli di Stato italiani che quelli francesi viaggiano a valori superiori rispetto al 3,32% dei rendimenti decennali della Grecia e che dunque i bond sovrani ellenici vengono a loro volta considerati meno rischiosi del debito pubblico di Italia e Francia.
Ciò non toglie all’Italia di Meloni la soddisfazione di aver assistito al rialzo più contenuto, nell’ultimo anno, dei rendimenti dei BTP, a dispetto dell’era QT-Quantitative Tightening, che va avanti tra l’altro da un bel po’ di tempo.
Anche Bankitalia ha confermato la resilienza dei Titoli di Stato italiani al QT della BCE
In un recente paper, è stata la stessa Bankitalia a sottolineare come l’era della BCE non più pronta a blindare con il suo QE i Titoli di Stato dell’Eurozona non abbia avuto effetti non solo disastrosi, ma neanche particolarmente negativi sui BTP.
In un’analisi recente della Banca d’Italia si legge infatti che, “nei periodi in cui gli acquisti dell’Eurosistema sono stati ridotti o sospesi (dunque in concomitanza con l’avvio del Quantitative Tightening), gli investimenti privati in titoli sovrani sono rimasti stabili o sono aumentati, con impatti modesti e statisticamente non significativi sui costi di emissione”.
Vero che, ha precisato Via Nazionale che, “durante fasi di tensione sui mercati, la domanda da parte degli investitori finali tende a indebolirsi, con conseguente aumento dei costi di emissione nelle aste ”.
Ma quel peggio che si era paventato con la fine del Quantitative easing e la nuova era del Quantitative Tightening, alla fine, non si è palesato. Anche se la BCE ha smesso di fare shopping di BTP, così come di altri bond dell’Eurozona, la carta italiana nello specifico ha retto più che bene, limitando in modo deciso il rialzo dei rendimenti, anche di più rispetto agli altri Titoli di Stato dell’Eurozona. Non per niente, il trend dello spread BTP-Bund a 10 anni rimane ai minimi dal 2010, a 72 punti base.
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