Nel 2023 su tutte le buste paga inferiori a un certo importo viene applicato il cosiddetto bonus contributi, uno sgravio del 2% o 3% a seconda dei casi. Ecco tutto quello che serve sapere a riguardo.
In tutte le buste paga, purché d’importo inferiore a 2.692 euro, riferite al periodo che va dal 1° gennaio al 31 dicembre 2023, tredicesima compresa, è presente un bonus che a seconda dello stipendio percepito può essere più o meno elevato.
Conosciuto come bonus contributi, si tratta di uno sgravio contributivo introdotto dal governo Meloni (in continuazione con quanto già fatto dal governo Draghi) per ridurre il cuneo fiscale, ossia la differenza che c’è tra l’importo lordo e netto dello stipendio.
Nel dettaglio, anziché intervenire - come fatto in passato con il bonus Renzi ad esempio - sull’Irpef, stavolta si è preferito intervenire sulla quota di contributi a carico del lavoratore, facendo sì che chi percepisce uno stipendio inferiore a una certa soglia dovrà versare meno contributi all’Inps. Il che non comporterà alcuna conseguenza sulla pensione poiché della quota di contributi mancante se ne farà carico l’Inps.
Nonostante venga applicato da qualche mese da tutte le aziende, e sia presente quindi nelle buste paga degli aventi diritto, sono in molti ancora a non comprenderne le conseguenze, anche perché l’importo potrebbe non essere così rilevante da saltare subito all’occhio.
Anche se non si tratta di un importo elevato è comunque importante sapere di cosa si tratta, nonché dove trovarlo in busta paga così da accertarsi che il proprio datore di lavoro lo stia applicando correttamente (come indicato dall’Inps con la circolare Inps n. 7 del 24 gennaio scorso).
Cos’è il bonus contributi
Da inizio 2022 il governo ha scelto di puntare su uno sgravio contributivo per rendere più pesanti le buste paga, ma solo per chi ha uno stipendio inferiore a 2.692 euro. Con tale strumento, infatti, si riduce la quota di contributi a carico del lavoratore, contribuendo così a un aumento dell’importo netto dello stipendio.
Nel dettaglio, ordinariamente il versamento dei contributi previdenziali per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti a carico del lavoratore avviene sulla base di una certa percentuale da applicare sull’imponibile previdenziale lordo indicato in busta paga.
Tale quota è pari al:
- 9,19% per il lavoratore dipendente nel settore privato;
- 8,80% per il lavoratore dipendente nel settore pubblico.
Della parte residua - 23,81% nel settore privato, 24,20% nel pubblico - se ne fa carico il datore di lavoro, così da arrivare a una percentuale complessiva del 33%; è questa, infatti, la percentuale di retribuzione lorda che su ogni busta paga viene versata ai fini previdenziali.
Riducendo la quota di contributi a carico del dipendente, quindi, ne risulterà un importo di stipendio netto più alto. Nel 2022, lo sgravio è stato pari a:
- lo 0,80% da gennaio a giugno 2022;
- il 2% da luglio a dicembre 2022, più la tredicesima.
Una misura che è piaciuta anche al governo Meloni che con la legge di Bilancio 2023 ha scelto di confermare tale sgravio per i redditi inferiori a 2.692 euro lordi, che in prospettiva equivale a un reddito annuo di 35 mila euro, portandolo invece al 3% per chi ha uno stipendio inferiore a 1.923 euro (25 mila euro annui).
Chi ne ha diritto
Come visto sopra, per verificare se spetta o meno il bonus contributi del 2% bisogna guardare all’importo mensile della busta paga. Laddove risultasse inferiore alla soglia di 2.692 euro allora lo sgravio verrà applicato, diversamente no.
Potrebbe succedere dunque che per alcune buste paga se ne abbia diritto, mentre per altre - nei mesi in cui ad esempio sono stati fatti più straordinari e quindi ne risulta uno stipendio più alto - no.
C’è poi un secondo sgravio, che come detto è pari complessivamente al 3%. Ad averne diritto sono gli stipendi che non superano l’importo mensile di 1.923 euro.
Di quanto aumenta lo stipendio
A questo punto, non resta che fare chiarezza su quanto effettivamente aumenta lo stipendio grazie al suddetto sgravio contributivo.
Nel caso delle retribuzioni comprese tra 1.923 e 2.692 euro, le quali godono di una riduzione del 2% della quota contributiva a loro carico, il risparmio massimo è di 53,84 euro al mese, 699,92 euro l’anno.
Infatti, con un’aliquota ordinaria al 9,19% su una retribuzione lorda di 2.692 euro ne sarebbe risultato un versamento contributivo di 247,39 euro, mentre riducendola al 7,19% l’esborso si abbassa a 193,55 euro, con un risparmio quindi di 53,84 euro.
Su uno stipendio di 1.600 euro, invece, il vantaggio mensile è di 32 euro, 416 euro considerando tutte le tredici mensilità. Su uno stipendio di 2.000 euro, infine, il risparmio è di 40 euro, 520 euro per l’intero periodo.
Nel caso degli stipendi inferiori a 1.923 euro, invece, lo sgravio sale al 3%, e quindi ne risulterà un incremento dello stipendio netto pari all’1% rispetto a oggi. Nel dettaglio, il risparmio massimo, per chi quindi percepisce esattamente il suddetto importo, è di 57,69 euro (rispetto ai 38,46 euro riconosciuti nel 2022), quindi 749,97 euro complessivi.
Per chi percepisce uno stipendio di 1.000 euro, invece, il risparmio è di 30 euro, 390 euro per l’intero 2023.
Le conseguenze sull’Irpef
Va detto che tali risparmi saranno in parte mitigati dall’Irpef. Le imposte dovute sullo stipendio, infatti, si calcolano applicando la relativa percentuale sulla retribuzione imponibile al netto della quota contributi dovuta dal lavoratore. Se tale quota si riduce, quindi, ne risulterà un incremento dell’Irpef, in quanto la quota imponibile su cui verrà applicata l’aliquota è più alta.
Ad esempio, se fino a oggi su uno stipendio di 1.500 euro l’Irpef è stata calcolata su 1.392,15 euro (poiché ne viene sottratto il 7,19% dovuto a titolo contributivo, ossia 107,85 euro), dal prossimo anno la base imponibile salirà a 1.407,15 euro, visto che la quota contributi si riduce a 92,85 euro, con la conseguenza quindi che bisognerà versare più Irpef.
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Come controllarlo in busta paga?
Applicato da gennaio, o al più tardi a febbraio con tanto di riconoscimento degli arretrati, dalla generalità delle aziende, il bonus contributi è facilmente individuabile dalla busta paga.
Nel dettaglio, bisogna guardare nella parte finale del cedolino, quella in cui vengono indicate tutte le voci che trasformano il lordo in netto, dalle trattenute Irpef ai versamenti contributivi appunto. È qui che viene indicato l’esonero - del 2% o 3% a seconda dei casi - che in alcune buste paga viene descritto insieme ai riferimenti normativi.
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