Gli investitori, paralizzati dallo shock, ignorano i segnali di rischio incombente. Il silenzio nei mercati non è calma: è il preludio di una possibile crisi sottovalutata.
Tre decenni fa sono rimasta affascinata dal concetto di “silenzio sociale” — l’idea, sostenuta da intellettuali come Pierre Bourdieu, che ciò di cui non si parla sia più rilevante di ciò che si dice.
Oggi questo silenzio grava pesantemente sui mercati. In questi giorni si è levato un frastuono inquietante sul fronte geopolitico — emblematico l’avvertimento di Donald Trump secondo cui l’America “potrebbe o meno” unirsi agli attacchi israeliani contro l’Iran.
Nel frattempo, i dati economici cupi continuano a susseguirsi. La scorsa settimana, la Banca Mondiale ha ridotto le previsioni di crescita globale (al 2,3%) e per gli Stati Uniti (all’1,4%) — avvertendo che, se la pausa di 90 giorni sui dazi della cosiddetta “giornata della liberazione” di Trump scadrà il 31 luglio, il commercio globale potrebbe bloccarsi nella seconda metà dell’anno. Anche la Federal Reserve ha tagliato bruscamente le sue previsioni di crescita per gli USA e alzato le stime di inflazione. Il risultato è una sorta di “stagflazione leggera”. [...]
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