Bonus contributi, per il 2023 confermato lo sgravio del 2% che aumenta al 3% per i redditi più bassi. Ecco come cambia l’importo dello stipendio netto.
Nel 2023 le buste paga godranno di un bonus contributi, come tra l’altro già successo nel 2022, che tagliando il cuneo fiscale farà sì che a parità di stipendio lordo ci sia un netto più elevato. Di fatto, nelle tasche dei lavoratori entreranno più soldi, senza che ne risulti un maggiore esborso da parte dell’azienda.
Il bonus busta paga per il 2023 viene finanziato dall’ultima legge di Bilancio, con la quale il governo Meloni ha da una parte confermato lo sgravio contributivo nella misura già prevista da Mario Draghi per l’anno corrente, mentre dall’altra ha deciso in favore di un aumento ulteriore per i redditi più bassi.
Di fatto, nel 2023 avremo due bonus busta paga, o meglio due sgravi contributivi: uno del 2%, come oggi, e l’altro del 3%. A seconda dei casi, quindi, ne risulterà un risparmio, e di conseguenza un aumento di stipendio, maggiore in busta paga.
Non si tratta, quindi, di una novità assoluta rispetto all’anno corrente, tant’è che per la maggior parte dei lavoratori dipendenti non ci sarà alcuna differenza tra lo stipendio percepito nel 2022 e quanto guadagnato nel 2023. Va detto però che poteva andare persino peggio: senza un intervento del governo Meloni, infatti, il bonus busta paga introdotto da Mario Draghi sarebbe cessato il 31 dicembre prossimo, quindi c’era il rischio che il prossimo anno avremmo persino guadagnato meno rispetto a oggi.
Non è stato così, visto che il bonus busta paga è stato confermato per tutto il 2023, e incrementato per una platea ridotta di lavoratori, con la promessa che entro il termine della legislatura il taglio del cuneo fiscale verrà portato al 5%.
Ma concentriamoci sull’immediato futuro e approfondiamo il funzionamento del bonus contributi in busta paga nel 2023, nonché come cambiano gli importi dello stipendio grazie al taglio del cuneo fiscale finanziato dalla manovra finanziaria.
Cos’è il bonus contributi
Da inizio 2022 il governo ha scelto di puntare su uno sgravio contributivo per rendere più pesanti le buste paga. Con tale strumento, infatti, si riduce la quota di contributi a carico del lavoratore, contribuendo così a un aumento dell’importo netto dello stipendio.
Il tutto non produce però svantaggi ai fini della pensione, in quanto è lo Stato - tenuto conto dell’eccezionalità della misura - a farsi carico della quota contributiva residua.
Nel dettaglio, ordinariamente il versamento dei contributi previdenziali per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti a carico del lavoratore avviene sulla base di una certa percentuale da applicare sull’imponibile previdenziale lordo indicato in busta paga.
Tale quota è pari al:
- 9,19% per il lavoratore dipendente nel settore privato;
- 8,80% per il lavoratore dipendente nel settore pubblico.
Della parte residua - 23,81% nel settore privato, 24,20% nel pubblico - se ne fa carico il datore di lavoro, così da arrivare a una percentuale complessiva del 33%; è questa, infatti, la percentuale di retribuzione lorda che su ogni busta paga viene versata ai fini previdenziali.
Riducendo la quota di contributi a carico del dipendente, quindi, ne risulterà un importo di stipendio netto più alto. Nel 2022, lo sgravio è stato pari a:
- lo 0,80% da gennaio a giugno 2022;
- il 2% da luglio a dicembre 2022, più la tredicesima.
Per il 2023 la misura è stata confermata al 2%, mentre per i redditi più bassi sale al 3%.
Chi ne ha diritto
Così come nel 2022, il bonus contributi del 2% spetta su ogni busta paga il cui importo lordo non supera i 2.692 euro. Cifra che, proiettata su tredici mensilità, dà come risultato 35 mila euro.
Per verificare quando si ha diritto o meno al bonus contributi del 2%, quindi, si guarda all’importo mensile della busta paga. Quando risulterà inferiore alla suddetta soglia allora lo sgravio verrà applicato, diversamente no. Potrebbe succedere dunque che per alcune buste paga se ne abbia diritto, mentre per altre - nei mesi in cui ad esempio sono stati fatti più straordinari e quindi ne risulta uno stipendio più alto - no.
C’è poi un secondo sgravio, che come detto è pari complessivamente al 3%. Ad averne diritto sono gli stipendi che non superano l’importo mensile di 1.538 euro (20.000 euro proiettato per tredici mensilità).
Di quanto aumenta lo stipendio
A questo punto, non resta che fare chiarezza su quanto effettivamente aumenta lo stipendio grazie al suddetto sgravio contributivo.
Nel caso delle retribuzioni comprese tra 1.538 e 2.692 euro, le quali godono di una riduzione del 2% della quota contributiva a loro carico, il risparmio massimo è di 53,84 euro al mese, 699,92 euro l’anno.
Infatti, con un’aliquota ordinaria al 9,19% su una retribuzione lorda di 2.692 euro ne sarebbe risultato un versamento contributivo di 247,39 euro, mentre riducendola al 7,19% l’esborso si abbassa a 193,55 euro, con un risparmio quindi di 53,84 euro.
Su uno stipendio di 1.600 euro, invece, il vantaggio mensile è di 32 euro, 416 euro considerando tutte le tredici mensilità. Su uno stipendio di 2.000 euro, infine, il risparmio è di 40 euro, 520 euro per l’intero periodo.
Nel caso degli stipendi inferiori a 1.538 euro, invece, lo sgravio sale al 3%, e quindi ne risulterà un incremento dello stipendio netto pari all’1% rispetto a oggi. Nel dettaglio, il risparmio massimo, per chi quindi percepisce esattamente il suddetto importo, è di 46,14 euro (rispetto ai 30,76 euro riconosciuti nel 2022), quindi 599,82 euro complessivi.
Per chi percepisce uno stipendio di 1.000 euro, invece, il risparmio è di 30 euro (rispetto ai 20 euro attuali), 390 euro per l’intero 2023.
Le conseguenze sull’Irpef
Va detto che tali risparmi saranno in parte mitigati dall’Irpef. Le imposte dovute sullo stipendio, infatti, si calcolano applicando la relativa percentuale sulla retribuzione imponibile al netto della quota contributi dovuta dal lavoratore. Se tale quota si riduce, quindi, ne risulterà un incremento dell’Irpef, in quanto la quota imponibile su cui verrà applicata l’aliquota è più alta.
Ad esempio, se fino a oggi su uno stipendio di 1.500 euro l’Irpef è stata calcolata su 1.392,15 euro (poiché ne viene sottratto il 7,19% dovuto a titolo contributivo, ossia 107,85 euro), dal prossimo anno la base imponibile salirà a 1.407,15 euro, visto che la quota contributi si riduce a 92,85 euro.
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