Ultimatum del governo Meloni alla Bce: “Problemi seri per il debito italiano se alza ancora i tassi”

Giacomo Andreoli

6 Marzo 2023 - 16:30

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Dopo la riunione di marzo la Bce vuole aumentare ancora i tassi di interesse, ma se lo farà, secondo il governo Meloni ci saranno problemi seri per chi ha bilanci molto indebitati come l’Italia.

Ultimatum del governo Meloni alla Bce: “Problemi seri per il debito italiano se alza ancora i tassi”

La Bce continua ad alzare i tassi di interesse nell’Eurozona, ma questo pone seri problemi al debito e al bilancio italiani. A lanciare l’allarme è il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, che ancora una volta critica l’operato della Banca centrale europea. Secondo il governo Meloni, sostenuto dalla maggior parte degli economisti italiani, le politiche della Bce sarebbero troppo restrittive e non sarebbero nemmeno funzionali ad abbassare davvero l’inflazione.

Come ha spiegato anche il presidente di Confindustria Carlo Bonomi, al contrario dell’economia americana, in cui l’inflazione è nata da uno squilibrio interno tra domanda e offerta, nell’Ue un’inflazione indotta per lo più dal caro-energia non verrebbe frenata da una ferrea politica monetaria. Da qui il pressing del governo per far cambiare strategia alla Bce.

Altrimenti si rischia di bruciare miliardi di euro di bilancio statale, in questo momento ancora fondamentali per garantire i necessari aiuti agli italiani contro il caro-vita e un caro-energia che ancora non si è davvero sgonfiato.

Perché l’aumento dei tassi Bce può mettere in crisi il debito italiano

Secondo Giorgetti l’approccio del governo sui conti pubblici finora “è stato prudente e responsabile” perché “avere conti in ordine è un esigenza assoluta per il nostro Paese, che deve mantenere la fiducia dei mercati”. L’obiettivo dell’esecutivo è quindi evitare un aumento dei costi di finanziamento, così da non avere ripercussioni su famiglie e imprese.

La politica monetaria della Bce, tra continui rialzi dei tassi d’interesse e l’avvio proprio in questo mese del Quantitative tightening (cioè la riduzione degli acquisti dei titoli di Stato), rischia però di vanificare gli sforzi fatti finora. Aumentare i tassi di interesse e diminuire il numero di Btp detenuti dalla Bce significa far aumentare i rendimenti dei titoli governativi dei Paesi dell’area Euro, soprattutto quelli più indebitati.

Insomma, il costo del debito, misurato in interessi da versare a chi acquista i titoli, potrebbe salire di molto e ci sarebbero meno soldi per la spesa pubblica. Non solo: Il ruolo delle banche nell’acquisto di nuovo debito pubblico potrebbe ridursi con il venir meno dell’ombrello protettivo della Banca centrale europea.

Di quanto possono aumentare ancora i tassi di interesse in Europa

Gli ultimi dati su un’inflazione che arretra solo lentamente, assieme a delle prospettive economiche dell’Eurozona positive, ma non così solide da poter sopportare dei cali, sembravano aver spinto la Bce a più miti consigli.

Oggi, invece, il capo economista della banca centrale Philip Lane ha confermato che la banca proseguirà nel rialzo dei tassi anche dopo la riunione di marzo quando, con ogni probabilità, i tassi saliranno di 50 punti al 3,5%, con annesso aumento del costo del mutui. L’ammontare dei nuovi rialzi sarà deciso sulla base dei dati, ma il mercato stima già che i tassi saliranno al 4% entro l’anno.

L’ossessione dei falchi della Bce sull’inflazione core

Il governatore della Banca centrale austriaca, e componente del board dei governatori della Bce, Robert Holzmann, chiede che i rialzi dei tassi siano da mezzo punto ognuno nelle quattro riunioni fino a luglio. Il banchiere, da sempre uno dei più ’falchi’ all’interno dell’Istituto europeo, ha spiegato di credere che “l’inflazione ’core’ non si indebolirà significativamente nel primo semestre dell’anno e rimarrà agli attuali livelli”.

Una vera e propria ossessione, quella dei falchi per l’inflazione ’core’. Si tratta dell’inflazione sottostante, che esclude i prezzi volatili di cibo e carburante, e che è salita al 5,6% a febbraio dal 5,3% di gennaio.

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