Avvocati e commercialisti: la legge sull’equo compenso esiste già, ma bisogna applicarla

Simone Micocci

27 Luglio 2017 - 11:30

Il Jobs Act autonomo tutela i liberi professionisti garantendo loro l’equo compenso: ecco perché, secondo il CNDCEC, non sono necessarie altre leggi.

Avvocati e commercialisti: la legge sull’equo compenso esiste già, ma bisogna applicarla

L’equo compenso per avvocati, commercialisti e liberi professionisti è garantito dal Jobs Act del lavoro autonomo, ma nessuno si è ancora uniformato alle nuove regole.

Questo è il parere del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili (CNDCEC) secondo il quale non è necessario approvare una nuova legge per garantire ai lavoratori autonomi il giusto compenso per le prestazioni professionali da loro effettuate.

Quanto detto è indicato nella nota stampa pubblicata dal CNDCEC in merito al Jobs Act autonomi, di cui il testo completo è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 14 giugno.

Una nota che arriva proprio nel momento in cui presso la Commissione Lavoro del Senato si sta discutendo del Ddl Sacconi, con il quale si punta a reintrodurre il diritto al compenso minimo per i liberi professionisti come i commercialisti e gli avvocati.

Se approvata, la legge sull’equo compenso proposta dall’onorevole Sacconi - capogruppo del Nuovo Centrodestra - renderebbe nulle le clausole contrattuali che comportano una riduzione della retribuzione dei liberi professionisti rendendola inferiore a quanto stabilito dai parametri contenuti nel Decreto Ministeriale del 17 giugno 2016.

Secondo il CNDCEC, però, non è necessaria l’approvazione di una legge per reintrodurre l’equo compenso, perché questo è già garantito dall’articolo 3 del nuovo Jobs Act del lavoro autonomo.

Equo compenso per liberi professionisti: cosa dice il Jobs Act autonomi?

Per il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti, la strada per la reintroduzione dell’equo compenso per le prestazioni eseguite dai liberi professionisti è già stata tracciata dal Jobs Act autonomi (legge 81/2017) dove nell’articolo 3 sulle “clausole e condotte abusive” si legge:

“(1) Si considerano abusive e prive di effetto le clausole che attribuiscono al committente la facoltà’ di modificare unilateralmente le condizioni del contratto o, nel caso di contratto avente ad oggetto una prestazione continuativa, di recedere da esso senza congruo preavviso nonché’ le clausole mediante le quali le parti concordano termini di pagamento superiori a sessanta giorni dalla data del ricevimento da parte del committente della fattura o della richiesta di pagamento.

(2) Si considera abusivo il rifiuto del committente di stipulare il contratto in forma scritta.

(3) Nelle ipotesi di cui ai commi 1 e 2 il lavoratore autonomo ha diritto al risarcimento dei danni, anche promuovendo un tentativo di conciliazione mediante gli organismi abilitati.

(4) Ai rapporti contrattuali di cui al presente capo si applica, in quanto compatibile, l’articolo 9 della legge 18 giugno 1998, n. 192, in materia di abuso di dipendenza “
economica”.

Qui viene stabilito chiaramente il divieto di abuso della dipendenza economica, poichéi vengono dichiarate nulle tutte quelle clausole previste dal contratto che non tutelano il lavoro svolto dal libero professionista.

Ad esempio, sono prive di effetto quelle clausole che permettono al committente di modificare in maniera unilaterale le condizioni del contratto, così come quelle che spostano i termini del pagamento al periodo successivo ai 60 giorni.

Venendo a mancare queste clausole, è quasi impossibile che il lavoratore autonomo venga sfruttato e nella maggior parte dei casi non sarà privato del giusto compenso che gli spetta.

Lo stesso Jobs Act autonomi quindi vieta l’introduzione delle condizioni contrattuali che possono essere definite come “ingiustificatamente gravose e discriminatorie” per i liberi professionisti, comportando uno squilibrio del rapporto contrattuale.

A tal proposito il CNDCEC ha definito queste clausole come “vessatorie”, così come quelle che impongono al libero professionista di “anticipare le spese”, ne “escludono il rimborso” oppure stabiliscono la “gratuità di alcune attività”.

CNDCEC: “Adesso bisogna attuare le nuove norme”

Per il Consiglio quindi il lavoro dei liberi professionisti è già tutelato, almeno sulla carta. Il Jobs Act autonomi, infatti, stabilisce in maniera chiara la nullità delle clausole vessatorie prevedendo anche il diritto al risarcimento danni per il professionista.

Ecco perché non è necessario discutere di eventuali leggi ad hoc - come appunto il ddl Sacconi - dal momento che una norma che tutela il lavoro di avvocati e commercialisti esiste già e adesso deve essere solamente riconosciuta e attuata.

Per far sì che questo accada il segretario nazionale del CNDCEC - Achille Coppola - ha dichiarato di essere pronto a costituire una “task force centrale” con l’obiettivo di fornire consulenza su base territoriale e - soprattutto - di segnalare all’Antitrust eventuali condotte lesive nei confronti dei liberi professionista messe in atto da grandi operatori che si trovano in una posizione di forza, come ad esempio le banche e le assicurazioni.

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