Tassa finanza e Google Tax: queste le proposte lanciate da Renzi durante il discorso conclusivo al Lingotto. Ecco in cosa consistono le novità della prossima manovra.
Tassa finanza e Google Tax, o più propriamente tassa sulle transazioni finanziarie e Web tax: questi i due elementi cardine della prossima manovra indicati come necessari dal ministro Martina e dall’ex premier Matteo Renzi durante la giornata conclusiva del Lingotto, la convention di tre giorni organizzata da Renzi stesso per lanciare la sua candidatura in vista delle primarie del PD che si svolgeranno il prossimo 30 aprile.
Durante il discorso di chiusura al Lingotto, Matteo Renzi ha dunque spiegato quali saranno i punti principali nel suo progetto per la prossima manovra, nel tentativo di anticipare eventuali indicazioni o pressioni da parte dell’Unione Europea. Tassa finanza e Google Tax, infatti, sono oggetto di discussione in Italia e in ambito europeo già da alcuni anni.
Con il supporto del ministro Maurizio Martina, l’ex segretario PD ha illustrato in che modo l’Italia, così come altri Paesi europei, potrebbe fare da traino in Europa, attraverso l’inserimento nella prossima legge di bilancio di una Web tax per ottenere un maggior controllo fiscale sulle più grandi società online a livello mondiale, e di una nuova tassa sulle transazioni speculative, che andrebbe ad implementare l’efficacia della già esistente Tobin Tax.
A differenza della Tobin Tax, infatti, la nuova tassa finanza:
- sarebbe applicata a qualsiasi tipo di transazione (scambi valuta e di azioni, obbligazioni, contratti derivati);
- avrebbe un’aliquota pari solo allo 0,05% (metà della tassa già esistente);
- raddoppierebbe le entrate dello Stato.
Ma cosa sono nel dettaglio la tassa finanza e la Google Tax e quali vantaggi comporteranno per il gettito fiscale dell’Italia?
Tassa finanza: cos’è e cosa prevede? La proposta di Renzi
Durante il discorso conclusivo al Lingotto, Matteo Renzi e Maurizio Martina hanno voluto lanciare un messaggio forte alla sinistra, avanzando la proposta di una nuova tassa sulle transazioni finanziarie (TFF), che andrebbe ad ampliare il raggio d’azione della già esistente Tobin Tax.
La Tobin Tax, in vigore in Italia dal 2013, ha anch’essa lo scopo di controllare e limitare il più possibile le speculazioni all’interno dei mercati finanziari, garantendo quindi l’entrata di una maggior liquidità nelle casse dello Stato. Oltre al nostro Paese, la Tobin Tax è in vigore in altri paesi europei, tra i quali Francia, Germania, Spagna, Portogallo, Austria, Belgio e Grecia.
La Tobin Tax riguarda le transazioni su azioni, partecipazioni e altri strumenti finanziari emessi da società che abbiano la residenza fiscale in Italia. Attualmente l’aliquota per la Tobin Tax è dello 0,2% per le azioni e 0,1% per le transazioni sui mercati regolamentati.
La nuova tassa finanza, invece, amplierebbe il range delle transazioni tassabili, in quanto verrebbe applicata a qualsiasi tipo di transazione, dagli scambi valutari a quelli azionari, dalle obbligazioni ai contratti derivati. Con un’aliquota inferiore o pari allo 0,05%, questa nuova tassa diventerebbe comunque un efficace strumento di regolamentazione finanziaria.
Un’adozione condivisa a livello europeo sembra al momento prematura e per questo l’Italia, insieme ad altri Stati Membri sostenitori dell’iniziativa di una tassa finanza europea, avrebbe in questo contesto il compito di dare il via ad un processo che potrebbe coinvolgere poi tutta l’Unione Europea. La TFF ha infatti un potenziale fiscale significativo ed evidente: secondo le stime, con la sua introduzione, l’Italia otterrebbe un gettito fiscale di circa 6 miliardi di euro l’anno.
Facendo da eco a quanto dichiarato poche settimane fa da Renzi in California riguardo il "lavoro di cittadinanza", il ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina ha spiegato che la nuova tassa sulle transazioni finanziarie permetterebbe all’Italia di
"raddoppiare quello che abbiamo messo sul reddito di inclusione. [...] Lo potremmo raddoppiare da subito. Il cuore della nostra sfida è il lavoro".
Il progetto per la nuova tassa sulle transazioni finanziarie, inserito da Matteo Renzi nella propria mozione congressuale, è molto ambizioso e nel dettaglio prevede:
- applicazione ad ogni tipo di transazione sui mercati finanziari (azioni, obbligazioni e tutte le classi di strumenti derivati);
- utilizzo del principio di residenza dell’effettivo beneficiario della transazione e della nazionalità dell’asset per individuare le operazioni tassabili;
- calcolo della tassazione sulla base della singola transazione e non dei saldi netti giornalieri, con particolare attenzione alle transazioni ad alta frequenza;
- definizione dettagliata dei market-makers;
- riduzione al minimo dei casi di esenzione.
Google Tax: cos’è la Web Tax per le società online
La proposta riguardante una Web Tax da applicare alle maggiori società online è stata avanzata per la prima volta nel 2013 dal deuputato PD e presidente della commissione Bilancio, Francesco Boccia.
Più volte soggetta a bocciature e resistenze interne allo stesso PD, l’introduzione della Web Tax sembra ormai imminente, tanto che pochi giorni fa in Parlamento il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan non ne ha escluso l’eventuale inserimento nella prossima legge di bilancio.
Durante il discorso conclusivo del Lingotto, il ministro Martina e l’ex segretario PD Matteo Renzi sono ritornati sull’importanza della Google Tax. Lo scopo è quello di evitare che le più grandi aziende dell’universo del web, come Google, Amazon e Facebook, continuino a registrare i loro profitti come servizi per società minori con residenza fiscale in altri Paesi e, di conseguenza, con una tassazione più conveniente. Amazon, ad esempio, ha la propria sede legale per le operazioni europee in Lussemburgo, mentre Facebook e Google in Irlanda.
Seguendo l’esempio della Gran Bretagna, che ha istituito la Web Tax nell’aprile del 2015, anche l’Italia quindi vuole impedire che i colossi del web continuino a sfuggire alla corretta tassazione alla quale dovrebbero essere soggetti. Si calcola, infatti, che l’introduzione della Google Tax frutterebbe alle casse dello Stato circa 1 miliardo di euro l’anno. Inoltre, in questo modo si metterebbe fine anche alla "concorrenza sleale" di cui fanno le spese le società italiane del settore.
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