Il Senato americano approva il taglio delle tasse voluto da Trump, si attende il via libera della Camera. La riforma potrebbe portare a +0,3% sul Pil.
Il Senato americano approva la riforma fiscale sul filo di lana, sono infatti 51 i voti favorevoli e 49 quelli contrari alla nuova normativa voluta dal presidente Donald Trump. Passano in secondo piano, almeno per il momento, le nuove rivelazioni sul Russiagate. Si aspetta un aumento del Pil dello 0,3% grazie alla riduzione delle tasse e dal ritorno in patria dei capitali americani all’estero.
Riforma fiscale approvata, la parola passa alla Camera
La riforma fiscale americana avrà un impatto travolgente sull’economia statunitense, che potrebbe portare il Pil a un aumento dello 0,3%. La parte principale della nuova riforma consiste nella contrazione della pressione fiscale dall’attuale 35% al 20%, vale a dire una flessione di 1.400 miliardi di dollari, motivo per cui i democratici erano contrari.
Essi credono che questo sia un grande regalo ai ricchi e alle grandi corporazioni, togliendo fondi preziosi alla classe media. Infatti il senatore democratico Chuck Schumer ha dichiarato, subito dopo la votazione:
C’è di che vergognarsi, sempre più soldi finiranno nelle tasche dei ricchi e delle grandi corporazioni mentre la classe media sarà costretta a pagare di più.
Secondo i senatori democratici, quindi, il taglio delle tasse avvantaggia i più ricchi, rimanendo quasi indifferente per il cittadino medio americano.
Facendo i conti, infatti, per chi ha più di 1 milione di dollari di reddito, il risparmio sarà di 35mila dollari l’anno, mentre per il cittadino medio (reddito fra 50mila e 85 mila dollari) il risparmio sarà di 850$.
La riduzione delle tasse potrebbe però portare al rimpatrio di almeno una parte dei 2500 miliardi di dollari che giacciono al momento all’estero, dato che l’operazione diventerebbe meno costosa. Per comprendere l’entità di questa cifra, basti pensare che è pari quasi al doppio del debito pubblico italiano.
La riforma dei repubblicani dovrà attendere il via libera della Camera dei Rappresentanti per diventare realtà. Quest’ultima ha approvato una riforma fiscale a metà novembre, dunque si dovranno armonizzare le due versioni, che non sembrano così diverse, almeno a detta dei vertici del partito del presidente.
Chi beneficia della riforma fiscale?
Secondo Goldman Sachs gli utili delle società americane cresceranno del 14% nel 2018 e del 5% nel 2019 qualora il Congresso dovesse ratificare la riforma di Trump. Inoltre secondo la banca d’affari l’indice S&P 500 salirà a 2.850 punti nel 2018, a 3000 nel 2019 e 3100 nel 2020.
Goldman Sachs ha inoltre fissato il rating overweight sul settore industriale americano, che già viaggia in un trend crescente, ma che con la crescita economica attuale potrà avere più margine di spesa per gli investimenti. La banca d’affari americana ha invece dato rating neutral per il settore tecnologico perché esso genera i maggiori profitti all’estero e quindi non subisce grandi ripercussioni dai tagli fiscali negli Stati Uniti.
AllianceBernstein aveva già spiegato un mese fa che con la riforma fiscale ci sarebbero state opportunità di crescita per l’azionariato USA, soprattutto grazie al possibile rimpatrio dei capitali americani all’estero.
Tutti i listini globali hanno ottenuto guadagni dopo la notizia arrivata da Washington. Fra tutti anche il FTSE MIB, che viaggia alle 12.40 a quota 22.375,50 punti, registrando una crescita dell’1,20%. Il DAX di Francoforte si attesta a 13.032,50 (+1,32%), mentre il CAC di Parigi a 5.372,25, segnando +1,05%.
Il cambio euro dollaro viaggia nella mattinata odierna in leggero ribasso (-0,35%), attestandosi a quota 1,1855, non subendo quindi, almeno per il momento, grandi ripercussioni.
Infine, chi più di tutti potrebbe ottenere benefici dalla riforma fiscale? Chiaramente proprio Donald Trump. Dalla sua campagna elettorale l’attuale presidente aveva promesso questo taglio delle tasse, che avvantaggia i milionari americani come lui.
Oltre a un discorso economico, il passo in avanti della riforma fiscale oscura (o tenta di farlo) lo scandalo Russiagate, che con le nuove rivelazioni getta una grande ombra sui rapporti fra Trump e Mosca prima delle elezioni. Infatti l’ex consigliere Michael Flynn ha ammesso di aver mentito all’FBI sugli incontri tenuti con l’ambasciata russa durante il periodo di transizione fra l’amministrazione Obama e quella di Trump. Per il momento non sono emersi atti illeciti del presidente, ma lo scandalo Russiagate si arricchisce sempre più di nuove rilevazioni che fanno tremare la Casa Bianca.
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