Rialzo dei tassi: la Fed aspetterà il 2016?

Livio Spadaro

15 Ottobre 2015 - 17:54

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La Fed dovrà decidere se rialzare i tassi di interesse. Data la situazione negli USA, in Cina e sui mercati mondiali, conviene aspettare il 2016 o rialzare i tassi entro il 2015?

Rialzo dei tassi: la Fed aspetterà il 2016?

Cresce la speculazione per la decisione della Federal Reserve in merito al rialzo dei tassi di interesse. I mercati asiatici, ma non solo, stanno spingendo per uno slittamento del rialzo dei tassi da parte della Fed.
Ma gli Stati Uniti sono pronti davvero a rialzare i tassi?

Cerchiamo di analizzare i possibili effetti positivi e gli aspetti che invece preoccupano di più la Fed e che potrebbero far slittare la decisione di rialzare i tassi al 2016.

Rialzo dei tassi nel 2016? Lo stato dell’economia USA

I dati sui prezzi al consumo ad Agosto (i nuovi relativi a Settembre usciranno oggi) e i prezzi della produzione resi noti ieri, hanno mostrato una domanda interna ancora piuttosto debole e che potrebbe far allontanare il raggiungimento del target dell’inflazione al 2% cercato dalla Fed.

E’ vero che i dati sull’occupazione e i salari sono stati confortanti, nonostante l’ultima proiezione della richiesta dei sussidi di disoccupazione sia stata anch’essa deludente. Un rialzo dei tassi troppo affrettato, potrebbe causare una contrazione dell’economia, generando un possibile blocco del mercato immobiliare (per il possibile abbassamento delle richieste di mutui), un abbassamento dei consumi, generato da un impatto negativo sul costo del lavoro e quindi dell’abbassamento dei salari, che rischierebbe di portare il Paese in deflazione. Converrebbe quindi per lo meno aspettare di raggiungere il target dell’inflazione del 2% prima di poter effettuare una mossa che potrebbe rivelarsi un boomerang.

Rialzo dei tassi Fed: il problema Cina

Inoltre, aldilà dei dati macroeconomici interni, la Fe} deve fare i conti con il rallentamento dei mercati emergenti e in particolare per quel che riguarda la Cina. Infatti, il debito sovrano cinese e di buona parte delle aziende cinesi è in dollari, quindi un eventuale aumento dei tassi di interesse da parte degli Stati Uniti potrebbe creare un problema di non poco conto, aumentando di fatto il debito della Cina.

La Cina sta mostrando segni di rallentamento dell’economia e la PBoC, la banca centrale cinese, è dovuta scendere in campo più volte per cercare di frenare la rovinosa caduta del mercato di questi mesi, svalutando più volte lo Yuan e usando misure simili al Quantitative Easing messo in campo da Draghi.

Il Giappone anche è in difficoltà, l’Abenomics ossia la politica monetaria messa in atto dal primo ministro nipponico Shinzo Abe non sta dando ancora i risultati sperati.

Rialzo dei tassi nel 2016? Gli effetti in Europa

Chi potrebbe trarre vantaggio da un rialzo dei tassi da parte della Fed potrebbero essere il mercato europeo e il petrolio. L’Europa è da molto tempo interessata alle mosse della Fed, poiché l’euro forte ha causato non pochi grattacapi alle aziende europee gravate dalla forza dell’euro che ha ridotto i margini di profitto sulle esportazioni vista la scarsa convenienza da parte dei consumatori esteri a pagare di più per i prodotti europei. Questo ha spinto il presidente della Bce Mario Draghi a scegliere la carta Quantitative Easing, nonostante le pressioni contro questa decisione della Germania.

La Germania infatti, attraverso il ministro delle finanze Wolfgang Schauble riteneva che il Qe fosse inefficace. Eppure la svalutazione della moneta unica ha apportato grossi benefici alla Germania che ha visto crescere l’attivo commerciale di 45 miliardi attestandosi a +242 miliardi, in totale 12 miliardi in più dell’Eurozona, salvo poi darsi la famosa zappa sui piedi da soli con lo scandalo Volkswagen, che potrebbe costare al Paese teutonico l’1,1% del Pil come ipotizzato dagli analisti di Axa.

Se la Fed dovesse rivelarsi attendista e spostare il rialzo dei tassi al 2016 (i dati macro in uscita in questi mesi sicuramente aiuteranno nella decisione) potrebbe costringere il Governatore della Bce ad aumentare il Qe per cercare di abbassare ulteriormente il cambio con il dollaro che potrebbe portare ad una certa euforia sui mercati europei.

Una menzione va fatta anche per il Regno Unito che sicuramente è uno dei Paesi economicamente messi meglio nel vecchio continente. Anche il Paese della regina Elisabetta è in attesa di rialzare i tassi sulla sterlina, nonostante i dati usciti in questi giorni sul fronte interno non siano proprio incoraggianti soprattutto quelli relativi all’inflazione. Tuttavia è molto probabile che la Boe, la banca centrale inglese, attenda prima il rialzo dei tassi da parte della Fed.

Pensate che, anche la Norvegia, il Paese più ricco nella zona europea, a Settembre ha tagliato i tassi sulla corona norvegese portandoli al minimo storico dello 0,75% con proiezioni future addirittura negative dei tassi. Il governatore Olsen infatti dichiarò che “siamo in una nuova era per l’economia norvegese, non siamo più una lega per conto nostro”. Quello che principalmente preoccupa il governo norvegese è l’incidenza sull’inflazione e sulla crescita per il calo dei prezzi delle materie prime e del petrolio.

Rialzo dei tassi 2015 o 2016? Effetti sul petrolio

Ah sì il petrolio! Come sappiamo le quotazioni del petrolio sono espresse in dollari e quindi un rialzo del dollaro statunitense potrebbe portare ad un innalzamento dei prezzi dell’oro nero. Cosa che farebbe comodo a parecchie economie e soprattutto alle aziende petrolifere che hanno visto ridurre i loro profitti a causa del calo dei prezzi del greggio.

A parte la guerra dei prezzi messa in atto dall’Opec per arginare la concorrenza degli Usa con lo Shale Oil che sta portando a dinamiche complesse in medio oriente con Putin che sta mirando ad un asse con l’Iran, la Siria e l’Iraq per far rialzare i prezzi dell’oro nero. Un aumento dei prezzi del petrolio causato dalla nuova forza del dollaro non avrebbe un effetto troppo positivo sul greggio perché, il maggior importatore mondiale di petrolio è la Cina, che come detto in precedenza si ritroverebbe con debiti superiori e quindi potrebbe indebolire una domanda del petrolio già piuttosto fiacca.

Come abbiamo visto non è cosa facile per la Fed e la Yellen decidere cosa fare con i tassi di interesse perché potrebbe avere un effetto negativo sia per l’economia degli Stati Uniti, sia per l’economia mondiale che per ora è stagnante e con lo spettro della deflazione che incombe.

Per ora, potrebbe essere buona cosa attendere un rialzo dei tassi di interesse e pensare a uno sblocco sulla questione dei prezzi del petrolio, per permettere alle economie emergenti e in particolare alla Cina, locomotiva dell’economia mondiale, di capire come porre rimedio al rallentamento dell’economia.

In bocca al lupo signora Yellen!

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