Redditometro, spesometro, anagrafe tributaria: come cambiano gli accertamenti fiscali in Italia nel 2014

Valentina Brazioli

25/04/2014

Redditometro, spesometro, anagrafe tributaria: parole che ormai sono diventate praticamente di uso comune, e che segnalano come in Italia gli accertamenti fiscali siano sempre più frequenti: addirittura raddoppiati a partire dal 2003.

Redditometro, spesometro, anagrafe tributaria: come cambiano gli accertamenti fiscali in Italia nel 2014

Redditometro, spesometro, anagrafe tributaria: tre termini che fino a qualche anno fa non avrebbero detto assolutamente nulla ai contribuenti italiani, e che invece adesso ritroviamo nei titoli dei principali quotidiani. E’ finita l’era dei furbetti? Forse è un po’ presto per dirlo, soprattutto se consideriamo gli impressionanti dati sul fenomeno dell’evasione fiscale nel nostro Paese; ciò che è certo, però, è che il fisco nostrano si è decisamente rimboccato le maniche, e sta puntando tutto sullo strumento dell’accertamento fiscale.

Gli accertamenti fiscali in Italia: raddoppiati dal 2003

I numeri, da questo punto di vista, parlano chiaro: se nel 2013 solo un contribuente su 122 subiva un accertamento, quest’anno siamo già a quota uno su 67. Una stretta sicuramente dovuta all’utilizzo sempre più frequente delle banche dati, che hanno fatto calare i controlli formali proprio a vantaggio degli accertamenti fiscali: questi ultimi, dal 2003 ad oggi sono più che raddoppiati.

Crescono gli incassi per lo Stato

Anche le classiche verifiche fiscali, da effettuare fisicamente sul luogo di lavoro del contribuente, sembrano non poter reggere il confronto con la forza dell’accertamento, soprattutto dal punto di vista della produttività. Infatti, secondo le statistiche fornite ufficialmente da Attilio Befera, direttore dell’Agenzia delle Entrate, nel 2013 proprio grazie agli accertamenti fiscali si è riusciti a garantire un recupero medio di oltre 10 mila euro ciascuno. Un bell’incremento, se consideriamo che questa quota nel 2003 era ferma appena a 1200 euro.

Le armi dello fisco contro l’evasione: il potenziamento delle banche dati

A chi dare il merito (o la colpa, dipende dai punti di vista) di questa furia sanzionatrice del fisco italiano? Dove ha fallito il senso civico, ha potuto l’enorme potenziamento delle banche dati: in primis l’anagrafe tributaria, nata nel 2006 ed evolutasi nel corso degli ultimi anni, ma anche il redditometro e l’implacabile spesometro stanno dando il loro contributo nello stanare gli evasori fiscali nel nostro Paese. Se a questi strumenti aggiungiamo anche i dati bancari e gli studi di settore, è comprensibile che gli accertamenti siano sempre più frequenti.

Il ruolo strategico di Equitalia

L’intera operazione, però, non sarebbe riuscita a portare benefici concreti nelle casse dell’Erario se, parallelamente all’attività di controllo, non si fosse potenziata anche l’attività di riscossione. E’ qui che entra in gioco Equitalia: grazie agli strumenti coercitivi di cui è dotata, se nei primi anni del 2000 lo Stato riusciva a riscuotere tra l’1 e il 2 per cento di quanto accertato, oggi questo valore si è moltiplicato almeno per 5.

Tutti numeri che sicuramente segnalano quanto l’Italia stia facendo per contrastare il fenomeno dell’evasione fiscale; peccato che un impegno simile nella lotta agli sprechi, alle inefficienze e alla spesa pubblica improduttiva, almeno per ora, non sembri destinato a un analogo impiego di energie.

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