Quota 41, l’opzione della pensione anticipata riservata ai lavoratori precoci: la guida completa.
Quota 41 è quella opzione della pensione anticipata riservata ad alcune categorie di lavoratori precoci. Una platea oggi piuttosto ridotta, in quanto sono diversi i requisiti da soddisfare per anticipare l’accesso alla pensione con Quota 41, ossia con 41 anni di contributi e senza alcuna condizione anagrafica.
Proprio perché la platea dei beneficiari di Quota 41 è piuttosto ridotta, di questa opzione si continua a parlare con insistenza in vista della prossima riforma delle pensioni. I sindacati, infatti, vorrebbero che per ogni lavoratore si applicasse il principio per cui 41 anni di contributi sono sufficienti per andare in pensione, indipendentemente dall’età anagrafica. Lo slogan è “Quota 41 per tutti”; obiettivo che tuttavia non sembra essere facilmente raggiungibile visti i costi che una tale misura di accesso alla pensione avrebbe.
Oggi i costi di Quota 41 sono piuttosto contenuti visto che la platea è ristretta e sono state recentemente introdotte anche delle finestre mobili che ne riducono la spesa.
Per accedere alla Quota 41 - con la quale si può andare in pensione una volta maturati 41 anni di contributi - infatti, non è sufficiente essere dei lavoratori precoci; è necessario far parte di uno dei cinque profili di tutela riconosciuti con la Legge di Bilancio 2017 e ampliati dalla manovra finanziaria dell’anno successivo.
Anche i requisiti della Quota 41 - così come quelli delle altre opzioni di pensionamento - hanno subito una modifica nel 2019. Con il decreto 4/2019 con il quale il Governo ha riformato le pensioni e ha bloccato il requisito contributivo per accedere a questa misura, infatti, è stato introdotto il meccanismo della finestra mobile anche per Quota 41.
Di finestre mobili per Quota 41 riservata ai precoci ne parleremo nel prosieguo dell’articolo; prima vediamo nel dettaglio come funziona e come fare domanda partendo con l’analizzare il significato di lavoratori precoci.
QUOTA 41 (PRECOCI)
Quota 41: chi sono i lavoratori precoci?
Si definiscono lavoratori precoci coloro che prima del compimento del 19° anno di età hanno maturato già 12 mesi di contributi per periodi lavorativi non per forza continuativi.
A questi lavoratori - qualora rientrino nelle seguenti categorie - viene riconosciuta un’agevolazione che consiste in uno “sconto” contributivo rispetto a quanto richiesto per accedere alla pensione anticipata Inps, per la quale ricordiamo sono necessari 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne.
Questi, infatti, potranno andare in pensione con soli 41 anni di contributi (sia per gli uomini che per le donne).
Chiarimenti sui 12 mesi di contribuzione per i precoci
L’anno di contributi che permette al precoce di essere riconosciuto come tale, però, deve derivare da lavoro effettivo e non può essere riscattato o versato volontariamente. Non concorrono al raggiungimento dei requisiti, tanto per chiarire, neanche i contributi figurativi derivanti dal riscatto dell’anno di servizio militare poiché non derivano da effettiva attività lavorativa.
I contributi volontari, tra l’altro, non possono essere versati per periodi pregressi visto che gli stessi vanno versati, trimestre per trimestre per i periodi presenti (è consentito il versamento del semestre prima dell’inizio della prosecuzione solo nel caso che lo stesso non sia già coperto da contribuzione).
Chi, quindi, non ha svolto lavoro effettivo da cui sia derivata contribuzione prima del compimento dei 19 anni non può recuperare in alcun modo questo requisito.
Quota 41 anche con contributi volontari?
In 41 anni di contributi richiesti per la pensione con Quota 41 possono anche essere raggiunti versando i contributi volontari. Ricordiamo che quest’ultimi possono essere versati da lavoratori dipendenti e autonomi, lavoratori parasubordinari, liberi professionisti, lavoratori dei fondi speciali che non stanno versando contributi obbligatori, ma anche dai titolari di assegno ordinario di invalidità o pensione indiretta (come ad esempio reversibilità).
Esclusi dalla possibilità di versare i contributi volontari solo coloro che percepiscono pensione diretta.
Chi può accedere alla Quota 41
Come anticipato, non basta essere lavoratori precoci per accedere alla Quota 41. La Legge di Bilancio 2017 con la quale è stata riconosciuta questa agevolazione, infatti, ha previsto dei particolari profili di tutela, poi ampliati dalla Legge di Bilancio 2018.
Nel dettaglio, a oggi possono accedere alla Quota 41 i precoci:
- in stato di disoccupazione a seguito di cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale, e che abbiano concluso integralmente la prestazione per la disoccupazione loro spettante da almeno tre mesi;
- che assistono, al momento della richiesta e da almeno sei mesi, il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità. I cosiddetti caregiver. È richiesto, dunque, il requisito della convivenza;
- che abbiano capacità lavorativa ridotta, accertata come invalidità civile, superiore o uguale al 74 per cento. Non possono farne richiesta coloro che percepiscono l’Assegno Ordinario d’Invalidità;
- lavoratori dipendenti che svolgono da almeno 6 anni all’interno degli ultimi 7 attività lavorative gravose;
- lavoratori dipendenti addetti alle attività usuranti o ai lavoratori notturni con almeno 64 notti lavorate l’anno.
I lavoratori notturni sono ricompresi nel lavoro usurante quando:
- svolgono la propria attività su turni che prevedono anche il lavoro nel periodo notturno per almeno 6 ore nell’arco temporale compreso tra la mezzanotte e le 5 del mattino per un numero di giorni lavorativi di almeno 64 l’anno
- svolgono la propria attività lavorativa per almeno nel periodo notturno per almeno 3 ore comprese nell’arco temporale tra la mezzanotte e le cinque del mattino per tutto l’anno lavorativo (ovviamente ferie escluse).
Per essere considerati lavoratori usuranti e per godere dei benefici previdenziali previsti (la Quota 41 di cui stiamo parlando ma anche la Quota 97,6 dedicata esclusivamente ai lavoratori usuranti) è necessario aver svolto il lavoro usurante per almeno 7 anni nei 10 anni che precedono la domanda di pensione oppure, in alternativa, per almeno la metà della vita lavorativa.
Quindi chi rientra in queste categorie e - indipendentemente dalla propria età anagrafica - ha maturato 41 anni di contributi (di cui 12 mesi accreditati prima dei 19 anni) può richiedere l’accesso alla pensione; vediamo come fare per presentare la domanda.
Domanda
Per accedere alla Quota 41 bisogna inviare la domanda per il riconoscimento delle condizioni di accesso al beneficio - con modalità telematica (clicca qui) - entro il 1° marzo di ciascun anno.
Quindi è scaduto il termine per presentare domanda per andare in pensione nel 2021 con la Quota 41; tuttavia è possibile, qualora ci siano ancora delle risorse residue rispetto a quanto stanziato per il 2021, che vengano accolte anche le domande presentate entro il 30 novembre prossimo.
Finestra mobile, Quota 41: da quando decorre la pensione?
Facciamo chiarezza sul concetto di finestra mobile per Quota 41. Nel dettaglio, la finestra mobile è il tempo che passa dal raggiungimento dei requisiti per una determinata opzione per il pensionamento e la decorrenza dell’assegno previdenziale.
Fino a qualche anno fa Quota 41 non prevedeva alcuna finestra mobile; questa, infatti, è stata introdotta dal decreto 4/2019 con il quale è stato bloccato l’incremento di 5 mesi di contributi che avrebbe interessato questa misura in caso di adeguamento con le aspettative di vita.
Parimenti, però, il Governo ha introdotto una finestra trimestrale per Quota 41, stabilendo che “coloro che perfezionano i prescritti requisiti dal 1° gennaio 2019 conseguono il diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico decorsi tre mesi dalla maturazione degli stessi”. Questi, quindi, percepiscono il primo assegno di pensione dal primo giorno bancabile del mese successivo all’apertura della relativa finestra mobile.
Attenzione: dalla decorrenza di Quota 41 la prestazione erogata “non è cumulabile con redditi da lavoro subordinato o autonomo prodotti in Italia o all’estero per il periodo di anticipo rispetto ai requisiti vigenti per la generalità dei lavoratori”.
Calcolo pensione con Quota 41
A meno che non si scelga una pensione che preveda, in ogni caso, il ricalcolo interamente contributivo (come può essere l’Opzione donna), a meno che non si effettui un computo nella gestione separata o si eserciti l’opzione contributiva che prevedono di spostare i contributi nel sistema contributivo, la previdenza italiana prevede che vengano applicati i sistemi di calcolo previsti e basati sul requisito temporale dei versamenti.
Nello specifico il sistema contributivo viene applicato solo a coloro che hanno iniziato a versare i propri contributi a partire dal 1 gennaio 1996.
Per tutti i lavoratori, invece, che al 31 dicembre 1995 erano in possesso di contribuzione versata nel calcolo della pensione si utilizza il sistema misto/retributivo che prevede il calcolo della pensione sulla base della media delle retribuzioni percepite negli ultimi 5 o 10 anni di lavoro, e precisamente:
- per i lavoratori che al 31 dicembre 1995 erano in possesso di almeno 18 anni di contributi versati viene applicato il sistema contributivo fino al 31 dicembre 2011 applicando, quindi, il contributivo solo sui contributi versati a partire dal 2012.
- per i lavoratori che al 31 dicembre 1995 erano in possesso di meno di 18 anni di contributi il sistema retributivo si applica fino al 31 dicembre 1995 e dal 1996 si applica sui contributi versati il sistema contributivo.
La Quota 41 segue le stesse regole.
leggi anche
Pensione nel 2021: guida al calcolo dell’assegno

Lavoro dopo pensione con Quota 41
Anche se il divieto di cumulo tra redditi da lavoro e redditi da pensione è stato definitivamente abolito premettendo, di fatto, al lavoratore che accede alla pensione di riprendere l’attività lavorativa (o di continuarla nel caso di tratti di un lavoratore autonomo), ci sono misure che fanno eccezione.
Per chi accede alla pensione di vecchiaia, alla pensione anticipata, all’Opzione donna e anche ad altre misure previdenziali, pur essendo richiesta la cessazione dal lavoro subordinato (per il lavoro autonomo non è richiesta cessazione), non è fatto divieto di riprendere l’attività lavorativa, anche con lo stesso datore di lavoro, dopo la decorrenza del primo pagamento della pensione.
Di fatto, quindi, il lavoratore dipendente può cessare di lavorare il giorno prima di accedere alla pensione, vedersi erogare il primo pagamento e ricominciare a lavorare nel giro di pochi giorni senza che questo influisca minimamente sul diritto alla pensione e sull’importo dell’assegno previdenziale.
Ma come dicevamo, non tutte le misure lo consentono ed, anzi, alcune lo vietano completamente. È il caso della Quota 100, per esempio, che vieta il cumulo dei redditi da lavoro con quelli da pensione con l’esclusione dei redditi da lavoro autonomo occasionale nel limite di 5mila euro annui e fino al compimento dei 67 anni di età necessari per accedere alla pensione di vecchiaia.
Per quanto riguarda la pensione con Quota 41 precoci, anche con questa misura sussiste il divieto di cumulo. Nel caso della pensione precoci, a differenza di quello che avviene con la Quota 100, così come previsto dalla legge 232 del 2016, il divieto riguarda l’intero periodo dell’anticipo che separa il lavoratore dal ipotetico diritto alla pensione anticipata ordinaria.
Per chi accede con 41 anni di contributi il divieto di cumulare redditi da lavoro con quelli da pensione esiste per 1 anno e 10 mesi (10 mesi per le donne), ovvero fino a quando non avrebbe raggiunto, continuando a lavorare, il diritto alla pensione anticipata.
Pensione Quota 41 conviene?
Dire se accedere alla pensione con la Quota 41 conviene oppure no può dirlo solo il diretto interessato partendo da dati certi. Il dato certo che possa fornirle è che la pensione liquidata con 41 anni di contributi non prevede penalizzazioni di sorta nel calcolo dell’assegno.
Ovviamente rispetto alla pensione anticipata ordinaria sarà previsto il versamento di due anni di contributi in meno (e questo sicuramente prevede un importo minore dell’assegno), ma anche - in alcune circostanze - due anni di lavoro in meno. Sicuramente l’importo dell’assegno risentirà anche del coefficiente di trasformazione meno conveniente applicato, visto che si uscirà dal mondo del lavoro due anni prima.
Ma non si deve tenere conto solo dell’importo dell’assegno in questo ragionamento: ovviamente il lavoratore che smette di lavorare due anni prima ne guadagna in salute, serenità e benessere. Inoltre la pensione viene percepita, anche se di importo più basso, per 24 mesi in più.
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Giuseppe
Giugno 2019
Ho 60 anni o lavorato con i contributi 37 anni e 6 in nero e già la 2 o 3 Riforma del lavoro e pensione a NON ANDARE IN PENSIONE. Sono fuori per la quota 100 di Salvini 2019 fra 3 anni 2021 QUOTQ 41 di CONTRIBUTI chiedo come ai tempi a ELSA FORNERO MONTI E GOVERNO ITALIANO ONOREVOLI E SENATORI DELLA LEGGE FORCA dei 67 anni sono 2 anni che sono DISOCCUPATO i pochi lavori trovati PER RACCOMANDAZIONE UMILI E MALTRATTI SENZA TUTELA SINDACATI. Penso sia giusto e onesto mandare le persone a 60 ANNI uomo o donna IL FISICO E IL CERVELLO CEDE penso a quel PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA PIANGERE PER LE MORTI BIANCHE SUL LAVORO. Mi sembra che qualche 50/60 sia MORTO? Lo chiedo ONOREVOLI SENATORI ITALIANI.