Pensione prima del previsto se hai iniziato a lavorare giovane, i requisiti

Simone Micocci

29 Giugno 2025 - 09:42

Iniziare a lavorare molto presto può facilitare l’accesso alla pensione. Ecco chi può andarci in anticipo grazie ai contributi versati da minorenne.

Pensione prima del previsto se hai iniziato a lavorare giovane, i requisiti

Chi ha iniziato a lavorare da giovane può andare in pensione prima del previsto, grazie alle regole che tutelano i cosiddetti lavoratori precoci.

Nel 2025 restano infatti in vigore misure come Quota 41, che permette il pensionamento anticipato a chi ha maturato almeno 12 mesi di contributi prima di compiere 19 anni, a condizione però di rientrare in specifiche categorie protette.

In Italia l’età minima per lavorare è fissata a 16 anni, o a 15 per chi frequenta percorsi di alternanza scuola-lavoro (oggi chiamati Pcto). Non è raro, quindi, che già al compimento della maggiore età alcuni abbiano alle spalle periodi contributivi utili per la pensione.

Tuttavia, non basta aver iniziato presto: per ottenere questa forma di pensione anticipata servono requisiti ben precisi, sia contributivi che legati alla condizione lavorativa o personale.

A tal proposito, in questo articolo vediamo nel dettaglio chi può andare in pensione prima del previsto se ha iniziato a lavorare giovane, quali sono le categorie tutelate, e cosa cambia per chi ha versato contributi solo dopo il 1996.

Quota 41, non basta aver iniziato a lavorare prima dei 19 anni

Come anticipato, chi ha iniziato a lavorare da molto giovane, maturando almeno 12 mesi di contributi prima del compimento dei 19 anni, può andare in pensione con 41 anni di contributi, quindi di fatto 1 anno e 10 mesi prima rispetto a quanto richiesto per la pensione anticipata.

Ma non basta. Allo stesso tempo bisogna far parte di almeno una tra le seguenti categorie:

  • disoccupati, per cause non dipendenti dalla propria volontà, che da almeno 3 mesi hanno cessato di percepire la Naspi;
  • invalidi con percentuale pari o superiore al 74%;
  • caregiver, ossia coloro che assistono da almeno 6 mesi, il coniuge, un parente di primo grado convivente, con handicap. Vale anche per chi assiste un parente o un affine di secondo grado convivente ma solo nel caso in cui i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto 70 anni oppure siano affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti;
  • hanno svolto attività particolarmente faticose e pesanti, o meglio attività usuranti di cui al decreto del ministero del Lavoro e della previdenza sociale del 19 maggio 1999, come pure gli addetti alla linea catena, i lavoratori notturni, i conducenti di veicoli con capienza complessiva non inferiore a 9 posti adibiti al trasporto collettivo.
  • hanno svolto attività gravose per almeno 7 anni negli ultimi 10, oppure per almeno 6 anni negli ultimi 7. Si tratta di quelle professioni che rientrano nel seguente elenco:
    • operai dell’industria estrattiva, dell’edilizia e della manutenzione degli edifici;
    • conduttori di gru o di macchinari mobili per la perforazione nelle costruzioni;
    • conciatori di pelli e di pellicce;
    • conduttori di convogli ferroviari e personale viaggiante;
    • conduttori di mezzi pesanti e camion;
    • personale delle professioni sanitarie infermieristiche ed ostetriche ospedaliere con lavoro organizzato in turni;
    • addetti all’assistenza personale di persone in condizioni di non autosufficienza;
    • insegnanti della scuola dell’infanzia ed educatori degli asili nido;
    • facchini, addetti allo spostamento merci ed assimilati;
    • personale non qualificato addetto ai servizi di pulizia;
    • operatori ecologici ed altri raccoglitori e separatori di rifiuti;
    • operai dell’agricoltura, della zootecnia e della pesca;
    • pescatori della pesca costiera, in acque interne, in alto mare, dipendenti o soci di cooperative;
    • lavoratori del settore siderurgico di prima e seconda fusione e lavoratori del vetro addetti a lavori ad alte temperature non già ricompresi nella normativa del d.lgs.67/2011;
    • marittimi imbarcati a bordo e personale viaggiante dei trasporti marini e in acque interne.

Basta soddisfare almeno uno tra i suddetti requisiti per poter andare in pensione con 41 anni di contributi. E se ci concentriamo sulla prima categoria, notiamo come Quota 41 potrebbe rappresentare una soluzione per smettere di lavorare persino 2 anni prima dal raggiungimento dei 41 anni di contributi. Come? Potrebbe esserci un accordo con l’azienda che per favorire il ricambio generazionale procede al licenziamento del dipendente così che questo possa percepire 2 anni di indennità di disoccupazione (con relativo versamento dei contributi), al termine dei quali (decorsi altri 3 mesi) si potrà fare domanda di pensionamento.

Quota 41 precoci, altri aspetti da sapere

Prima di concludere, è importante chiarire altri aspetti legati alla Quota 41 per i lavoratori precoci. Per poter accedere a questa forma di pensione anticipata, è infatti necessario che almeno un contributo settimanale sia stato versato nel regime retributivo, ossia prima del 1° gennaio 1996. Chi ha iniziato a lavorare interamente dopo questa data, rientrando esclusivamente nel sistema contributivo, non può quindi beneficiare delle regole di Quota 41, ma può accedere ad altre forme di pensionamento agevolato.

Inoltre, va ricordato che una volta raggiunti i 41 anni di contributi, non si può andare subito in pensione. Quota 41 prevede infatti una finestra mobile di 3 mesi, durante la quale l’Inps esamina la domanda e perfeziona il pagamento dell’assegno.

Ciò significa che il primo rateo di pensione viene erogato solo dopo il decorso di questo periodo, allungando di fatto i tempi per l’effettiva uscita dal lavoro.

L’agevolazione per chi non ha contributi maturati entro il 1° gennaio 1996

Va precisato che anche per chi ha iniziato a lavorare da minorenne ma ha versato contributi esclusivamente dopo il 1996, e quindi rientra interamente nel sistema di calcolo contributivo, esiste comunque una forma di agevolazione.

In base a quanto previsto dall’articolo 1, comma 7, della legge n. 335 del 1995, la contribuzione accreditata per i periodi lavorati prima del compimento dei 18 anni viene infatti valorizzata in misura maggiore. Più precisamente, i contributi versati in questi periodi sono moltiplicati per 1,5 ai fini del calcolo dell’importo della pensione.

Si tratta di un vantaggio significativo, in quanto consente di incrementare il montante contributivo e, di conseguenza, di ottenere un assegno pensionistico più elevato, anche senza poter accedere alle regole più favorevoli di Quota 41. È dunque un’opportunità importante per chi ha iniziato a lavorare giovane ma non possiede contributi versati nel regime retributivo.

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