Preavviso di licenziamento: le regole per il datore di lavoro

Claudio Garau

26 Ottobre 2021 - 11:00

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Il preavviso di licenziamento trova la sua disciplina nel Codice Civile e nei vari CCNL. Ecco una guida rapida per il datore di lavoro che intende recedere dal contratto di lavoro.

Preavviso di licenziamento: le regole per il datore di lavoro

Quella del licenziamento resta sempre una materia delicata, oggi più che mai. Le norme di legge in proposito indicano al datore di lavoro come deve comportarsi, laddove intenda recedere unilateralmente dal contratto di lavoro con un suo lavoratore subordinato.

Vi sono infatti delle garanzie a favore del lavoratore di cui bisogna tener conto: tipico è il caso del dipendente che riceve una comunicazione scritta da parte del datore di lavoro, con la quale è informato che nel giro di un paio mesi il rapporto di lavoro verrà meno e che il periodo tra la ricezione della lettera e il termine effettivo del rapporto sarà imputato a titolo di preavviso.

Da rilevare subito che il datore di lavoro, in base alle norme vigenti, può licenziare un suo lavoratore soltanto se c’è una ragione fondata per farlo. E, come accennato, deve rendere nota al lavoratore la decisione del recesso, rispettando un periodo di preavviso - ossia un congruo anticipo - la cui durata è stabilita nel CCNL di riferimento.

Di seguito intendiamo proprio volgere l’attenzione verso le regole per il datore di lavoro: come funziona il preavviso di licenziamento? Scopriamolo.

Preavviso di licenziamento: che cos’è in concreto e la sua finalità

Ci si potrebbe chiedere in che cosa consiste di fatto il preavviso di licenziamento, un’espressione che potrebbe non risultare chiara immediatamente a tutti. Sgomberiamo il campo da ogni possibile dubbio e specifichiamo quanto accennato poco sopra: la legge con questi termini intende il lasso di tempo che deve intercorrere tra la comunicazione del licenziamento e la cessazione del contratto di lavoro.

Il preavviso, nel diritto del lavoro, consiste in un istituto ideato a garanzia della parte che di fatto subisce l’interruzione del rapporto di lavoro. Esso, come opportunamente specificato dalla Corte di Cassazione in diverse sue sentenze, è mirato ad attenuare le conseguenze pregiudizievoli dell’improvvisa cessazione del rapporto di lavoro.

Ricordiamo altresì che laddove il diritto di recesso sia esercitato dal datore di lavoro, abbiamo il cd. preavviso di licenziamento - ossia l’argomento che qui ci interessa. Se invece a esercitare il recesso è il dipendente si parla invece del ben diverso preavviso di dimissioni.

Il preavviso di licenziamento ha l’aspetto positivo di consentire al lavoratore licenziato di sfruttare un periodo retribuito, mentre è alla ricerca di un nuovo lavoro e dunque mentre sta cercando di riorganizzare la propria vita lavorativa.

Il licenziamento di per sé è un atto unilaterale che può essere adottato soltanto se vi è una giusta causa o un giustificato motivo. Le norme del diritto del lavoro, e in primis l’art. 2118 del Codice Civile, impongono che il licenziamento sia comunicato - con congruo anticipo, salva la giusta causa - al lavoratore in forma scritta e nella comunicazione deve essere indicato il motivo che lo ha imposto.

Preavviso di licenziamento: quando non sussiste l’obbligo per il datore di lavoro

Abbiamo appena accennato al fatto che l’art. 2118 è norma cardine in materia di preavviso e ciò è vero in quanto, in virtù di questa disposizione, ciascuno dei contraenti può esercitare il recesso dal contratto di lavoro a tempo indeterminato, dando luogo al preavviso secondo le previsioni di dettaglio, di cui ai contratti collettivi di lavoro.

Vi sono però circostanze nelle quali l’obbligo di preavviso non sussiste: ci riferiamo ai casi nei quali il rapporto di lavoro a tempo indeterminato termini per giusta causa, vale a dire quando si presenta una causa, dovuta al comportamento del lavoratore, che non permetta la prosecuzione, neanche temporanea, del rapporto di lavoro. Ciò in quanto viene leso irrimediabilmente il doveroso legame di fiducia che fonda ogni rapporto lavorativo.

In questi casi si parla di licenziamento in tronco, o senza preavviso, in quanto il recesso può essere legittimamente comunicato al lavoratore, senza alcun anticipo. Ecco perché il preavviso di licenziamento si applica ai meri casi di recesso per giustificato motivo soggettivo o oggettivo.

Preavviso di licenziamento: come funziona il calcolo?

Abbiamo accennato al fatto che di regola sono i vari CCNL a predisporre qual è il termine di preavviso da rispettare, da parte del datore di lavoro che voglia effettuare il licenziamento del dipendente.

Nella legge troviamo infatti le regole generali del preavviso ma non i dettagli sul suo calcolo. Quest’ultimo può infatti essere diverso in base al livello e alla qualifica del lavoratore, all’anzianità di servizio, e al settore produttivo di riferimento.

Prefissato dal CCNL in un determinato modo, il preavviso di licenziamento non può essere abbreviato (divieto di deroga in peius), da una norma ad hoc nella contrattazione individuale tra azienda e lavoratore. Piuttosto è possibile una modifica cd. in melius.

Inoltre, vero è che il preavviso comincia a decorrere nel momento in cui il lavoratore subordinato riceve la comunicazione di licenziamento; tuttavia alcuni CCNL dispongono che la data di decorrenza del preavviso sia predeterminata.

Concludendo, appare doveroso ricordare in tema di preavviso di licenziamento e di regole da seguire da parte del datore di lavoro, che in detto lasso di tempo - come più volte sottolineato dalla Cassazione - non sono computati i giorni di assenza del lavoratore dovuti a malattia e ferie.

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