Pensioni, le novità con il governo Conte bis

Sara Nicosia

5 Settembre 2019 - 10:45

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Pensioni, grandi novità dal nuovo esecutivo giallorosso che punta a rifinanziare Opzione Donna e introdurre una pensione di garanzia per i giovani che vanno incontro a un futuro pensionistico allarmante.

Pensioni, le novità con il governo Conte bis

Pensioni, ecco cosa ci aspetta con il governo bis di Conte. Dopo il voto Rousseau che si è detto favorevole all’alleanza di governo tra Pd e M5S, nella giornata di mercoledì il nuovo esecutivo ha presentato i ministri che andranno a riformare il Paese.

Le pensioni sono tra i temi più scottanti. Se fino a ieri non avevano visto un posto libero all’interno del programma di governo, tornano finalmente sul tavolo politico con una serie di obiettivi futuri e ancora qualche incertezza all’interno del programma di governo ufficiale.

A vacillare, strano ma vero, è il destino di Quota 100 di cui non si è fatta menzione. Certo il fatto che bisogna rifocillare le risorse economiche e le politiche del welfare del Paese, quindi da qualche parte bisognerà cominciare a tagliare.

Ma l’esecutivo giallorosso ha dato anche alcune indicazioni importanti a partire dalla proroga di Opzione Donna, lo scivolo di pensionamento anticipato per le lavoratrici, fino ad arrivare al ritorno di una vecchia conoscenza ovvero l’introduzione delle pensioni di garanzia per i giovani.

Il cambiamento dovrebbe insomma partire proprio dal terreno previdenziale che, se da una parte vede allontanarsi la prospettiva di un addio alla legge Fornero, dall’altra vede la necessità di far quadrare i conti della prossima legge di bilancio attraverso una più che probabile revisione di Quota 100.

Un ultimo punto su cui vale la pena soffermarsi dell’agenda politica giallorossa riguarda il welfare. Nel governo bis di Conte irrobustire le risorse che vadano a incrementare le politiche di welfare per i giovani che vivono situazioni di disagio, sarà infatti un punto centrale.

Pensioni, torna Conte e Quanta 100 si ritira

Su Quota 100 nessuna indicazione è venuta a galla nella giornata di ieri che ha visto la presentazione dei nuovi ministri e un approfondimento sul programma di governo che vede i giallorossi concordi nel perseguire “una politica economica espansiva che non comprometta l’equilibrio delle finanze pubbliche”.

Rimangono in piedi le ipotesi emerse nei giorni scorsi circa un ripensamento di Quota 100 che vada incontro alla necessità di far quadrare i conti pubblici ed evitare la temutissima sterzata in avanti dell’Iva.

Cancellarla nell’immediato sembra impossibile, la strada tracciata potrebbe invece essere quella di un innalzamento dei requisiti anagrafici, passando da 62 a 64 anni di età.

Contemporaneamente si fa valida l’ipotesi di anticipare la fine della sua sperimentazione al 31 dicembre 2020 piuttosto che nel 2021. Tutto sempre puntando all’obiettivo di un risparmio di risorse da indirizzare ai conti pubblici.

Ape Social e proroga Opzione Donna

Se Quota 100 al momento rimane la pecora del sistema previdenziale, lo stesso non si può dire delle compagne d’avventura che da ieri sono tornate alla ribalta della scena: Ape social e soprattutto Opzione Donna.

Ape Social, la misura di pensionamento anticipato per coloro che hanno maturato 63 anni di età e 30-36 anni di contributi, dovrebbe essere oggetto di rafforzamento anche in vista del progressivo smantellamento di Quota 100.

Nello specifico il governo giallorosso vorrebbe allargare la platea dei possibili beneficiari estendendola anche a coloro che vivono una situazione di disagio in età avanzata.

La grande novità rimane però Opzione donna. La misura di pensionamento anticipato riservato alle lavoratrici con 35 anni di contributi versati e 58 anni di età (59 per le lavoratrici autonome), sembrava spacciata.

E invece ecco la sorpresa, reintrodotta solo nel 2019 dall’ex governo gialloverde, la misura era stata finanziata per operare fino al 31 dicembre dello stesso anno. Il governo bis di Conte è invece pronto a inserirla nella prossima legge di bilancio, finanziandola anche per il 2020.

Pensioni, non è un paese per giovani

Dulcis in fundo il programma giallorosso torna a parlare di pensione di garanzia per i giovani. Torna perché il tema, caro al Pd e che ha toccato anche le corde più sensibili del M5S, era stato oggetto di attenzioni dai precedenti governi Gentiloni e Renzi prima di lui.

L’obiettivo è dare ai giovani una copertura previdenziale che, tra il calo delle retribuzioni, il precariato e l’introduzione del sistema unico contributivo, altrimenti non esisterebbe; basare interamente il calcolo della pensione sul sistema contributivo non garantirebbe ai giovani l’integrazione del minimo.

Un tema scottante dato che per i giovani che si trovano sempre più spesso a dover fare i conti con una carriera lavorativa discontinua, non esiste una rete di sicurezza e la prospettiva di assicurarsi una pensione dignitosa è solo un miraggio.

Senza contare che, date proprio tutte le problematiche sopra citate, sarebbe follia chiedere ai giovani di ricorrere alla previdenza integrativa; nella maggior parte dei casi come potrebbero permettersi di pagare dei contributi ai fondi privati oltre che all’Inps?

Chi ha iniziato a lavorare dopo il 1996, secondo quanto riportato dal Rapporto sullo Stato sociale a cura della Sapienza, sembra destinato a una pensione da fame. Il rischio se non si ricorre all’introduzione di pensioni base che non siano legate esclusivamente ai contributi, è una forte crisi sociale.

La misura che vorrebbe integrare la pensione di garanzia per i giovani è quanto mai urgente e necessaria e, forse, il nuovo esecutivo giallorosso con lungimiranza l’ha capito.

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