Mario Draghi ha davvero salvato l’Eurozona con la sua BCE? Gli effetti positivi ci sono, ma il massimo della resa è già stato raggiunto.
Draghi ha davvero salvato l’economia dell’Eurozona alla guida della BCE?
Le previsioni di crescita sono state riviste al rialzo, le stime di inflazione al ribasso. Sono stati creati nuovi posti di lavoro. Sembrerebbe che Mario Draghi, presidente della Banca Centrale Europea, abbia tutto il diritti di festeggiare: la BCE tramite la sua guida è riuscita a raggiungere traguardi inimmaginabili fino a poco tempo fa, l’economia dell’Eurozona è tornata a crescere.
Ma possiamo davvero parlare di successo? Mario Draghi ha salvato l’economia della zona euro? Diciamo che il presidente della BCE dovrebbe affrettarsi a prendersi i complimenti, perché questo idillio non durerà per sempre. Non è durato negli Stati Uniti e non è durato nel Regno Unito, due Paesi che hanno introdotto il QE e il taglio dei tassi anni addietro e a cui Mario Draghi ha copiato il piano di stimolo monetario all’economia.
Come la Federal Reserve degli Stati Uniti e la Bank of England del Regno Unito, la BCE ha tagliato i tassi di interesse ai minimi storici e ha aumentato la stampa di denaro contante. In più, Draghi prevede di continuare con il piano attualmente in corso ancora per un po’ di tempo. È vero, in occasione dell’ultima riunione della BCE a Tallinn Draghi ha dichiarato che la necessità di ulteriori tagli ai tassi di interesse non è più all’ordine del giorno e che i rischi per le prospettive economiche sono equilibrati, ma è mancato un qualsiasi riferimento ad un prossimo aumento del costo del denaro o al fatto che il tapering del QE possa iniziare presto.
Draghi vuole assolutamente assicurarsi che il recupero sia stabile e che l’inflazione salga più vicina al suo target prima di togliere il piede dall’acceleratore della macchina dello stimolo. Ancora una volta, Draghi segue l’esempio della Fed e della BoE.
Non c’è dubbio, la BCE ha davanti uno scenario di gran lunga migliore rispetto a quello che aveva davanti cinque anni fa, quando l’economia faceva dentro e fuori dalla recessione, la disoccupazione stava aumentando e vi erano timori reali che l’Italia e la Spagna sarebbero stati i prossimi a cadere nella trappola della crisi del debito europeo.
Il fatto che i due Paesi si siano salvati è dovuto per lo più alla promessa di Draghi pronunciata nel luglio 2012, occasione in cui ha riferito che la BCE avrebbe fatto "tutto ciò che serve" per difendere l’euro, pronunciando l’ormai celebre “whatever it takes”.
Risulta chiaro, tuttavia, che i tassi di interesse ultra-bassi e il QE stanno generando lo stesso tipo di recupero del mercato del lavoro riscontrato negli Stati Uniti e nel Regno Unito: 5 milioni di posti di lavoro sono stati creati negli ultimi tre anni e mezzo nella zona euro, ma come lo stesso Draghi ha ammesso molti di questi sono posti di bassa qualità, part-time o temporanei. È per questo che la disoccupazione in discesa non è accompagnata da salari più alti, che è anche il motivo per cui l’inflazione rimane debole.
Lo stimolo estremo di politica monetaria non può fare di più: trattasi di antidolorifico, non di cura.
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