Imposta di registro: il valore accertato è utilizzabile anche nell’accertamento sintetico

Federico Migliorini

25 Febbraio 2015 - 14:39

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In tema di accertamento delle imposte sui redditi, il valore accertato ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro può essere preso a riferimento anche l’accertamento delle imposte sui redditi.

Imposta di registro: il valore accertato è utilizzabile anche nell’accertamento sintetico

L’Agenzia delle Entrate può utilizzare il valore dell’immobile accertato ai fini dell’imposta di registro per determinare sinteticamente il reddito del contribuente, sulla base degli accertamenti di tipo sintetico. Questo è quanto ha ribadito dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 12462 del 2014.

La controversia
La controversia trae origine da un avviso di accertamento notificato ad un contribuente in considerazione dell’acquisizione di un immobile. La peculiarità del caso risiede nel valore immobiliare rilevato dall’Agenzia per la determinazione sintetica del reddito imponibile ai fini Irpef: al posto di quanto dichiarato nell’atto notarile, infatti, è stato preso a riferimento il valore definito ai fini dell’imposta di registro. In pratica, l’Agenzia ha utilizzato per il calcolo sintetico del reddito il valore dell’immobile definito per l’imposta di registro. L’Amministrazione finanziaria aveva imputato al contribuente la quota parte del prezzo di acquisto dell’immobile in oggetto di competenza del periodo d’imposta controllato (1/5); a tal fine, tuttavia, non era stato utilizzato il prezzo indicato nell’atto di compravendita, ma quello definito a seguito di accertamento ai fini dell’imposta di registro.

La sentenza
La Cassazione, nel convalidare l’operato del Fisco, hanno ribadito il costante orientamento per cui il valore di mercato dell’immobile accertato ai fini dell’imposta di registro costituisce una presunzione semplice circa il prezzo utilizzabile anche per la determinazione della plusvalenza ai fini delle imposte sui redditi, salva la prova contraria che è chiamato a fornire il contribuente.
Secondo la Suprema Corte, il principio di corrispondenza tra il prezzo accertato ai fini del registro e quello utilizzabile ai fini delle imposte sui redditi trova applicazione riguardo, non soltanto al prezzo ricevuto, ovvero quello rilevante per il venditore ai fini della determinazione della plusvalenza reddituale tassabile ai fini Irpef, ma anche per il prezzo pagato, ossia quello utilizzato per l’accertamento sintetico nei confronti dell’acquirente fondato sugli incrementi patrimoniali.

Dello stesso orientamento si era già espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 16334 del 2013, facendo, quindi ritenere che detto principio sia ormai consolidato. Inoltre, è il caso di ricordare, infine, che l’importante principio sancito dalla Cassazione, con questa pronuncia, trova applicazione non soltanto per l’accertamento sintetico disciplinato dalla previgente normativa, ma anche per quello attuale (utilizzabile a partire dagli accertamenti per il periodo d’imposta 2009), come regolato dal D.M. 24 dicembre 2012, in base al quale, tra l’altro, la spesa per incrementi patrimoniali non viene più ripartita tra l’anno del suo sostenimento ed i quattro precedenti, bensì è integralmente imputata come maggior reddito all’anno in cui è stata sostenuta, al netto, però, dei mutui e dei disinvestimenti dei quattro anni precedenti.

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