I paradossi dell’euro si rafforzano in uno scenario di deflazione. In che modo la BCE può mettere fine al super-euro?

Nicola D’Antuono

15 Novembre 2013 - 06:23

Alla scoperta dei paradossi dell’euro. Esiste un modo per fermare il super-euro? Sì, ma dipende tutto dalla BCE

I paradossi dell’euro si rafforzano in uno scenario di deflazione. In che modo la BCE può mettere fine al super-euro?

Questa settimana abbiamo assistito a una nuova forte compressione dei rendimenti sui titoli di stato dell’Europa periferica, in particolare con le aste dei Bonos spagnoli e dei Btp italiani (ma anche i Bot annuali hanno sperimentato un forte calo dei tassi sui livelli più bassi di sempre). Allo stesso tempo i tassi sui T-Bond americani e sui Bund tedeschi sono in rialzo, rispettivamente verso il 3% e il 2%. Insomma, i titoli più rischiosi restano appetibili mentre i beni rifugio registrano una flessione. Questo contesto di mercato può essere spiegato con il nuovo rinvio del tapering da parte della Federal Reserve: inizialmente il piano di riduzione degli stimoli monetari doveva partire a ottobre, ma ora le aspettative dei mercati sono per un avvio solo nel primo trimestre del 2014.

Queste particolari dinamiche macroeconomiche hanno creato un nuovo paradosso che riguarda l’euro. Lo sottolinea Steve Englander, specialista della strategia valutaria globale di Citibank. In pratica i tassi sui Treasuries americani sono ora saliti su valori più alti rispetto alla media dei tassi dei primi 8 paesi europei ponderati al prodotto interno lordo. Infatti, i rendimenti dei T-Bond USA hanno nuovamente superato il 2,7%, avvicinandosi alla soglia del 3% intravista la scorsa estate. La media dei tassi degli 8 paesi europei più importanti (in relazione al pil) non raggiunge il 2,6% (i tassi più alti sono quelli di Italia e Spagna sopra il 4%, quelli più bassi di Germania e Danimarca (sotto il 2%).

Secondo gli esperti, però, non è solo il continuo rinvio del tapering a generare simili paradossi. Infatti, il sorpasso dei tassi dei T-Bond USA, per la prima volta dal 2010, potrebbe essere dovuto anche alle aspettative di stagnazione in Europa che alimentano le attese per uno scenario potenzialmente deflazionistico e quindi di tassi di interesse molto bassi. Ciò controbuisce a comprimere sempre più la curva dei rendimenti dei titoli di stato europei, sia sulla parte breve sia su quella lunga. Secondo il parere dell’esperto di Citibank, sarebbe quindi giunto il momento di vendere euro e di acquistare T-Bond USA in vista del ritiro degli stimoli monetari da parte della FED nel 2014.

Lo scenario deflativo potrebbe spingere la BCE verso l’implementazione di manovre monetarie non convenzionali, come ad esempio un vero e proprio programma di acquisto di asset (quantitative easing) che secondo Peter Praet, membro del consiglio esecutivo dell’Eurotower, non sarebbe affatto un’ipotesi priva di fondamento. Insomma, la BCE scenderebbe in campo per combattere la deflazione, e indirettamente anche l’euro forte, mentre negli Stati Uniti si andrebbe nella direzione opposta. In questo modo la BCE metterebbe fine anche ai paradossi dell’euro di questi ultimi anni.

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