Mentre si apre il dibattito intorno alla possibilità di modificare la Riforma Fornero introducendo delle pensioni flessibili, torniamo a parlare della pensione integrativa, ormai oggetto d’attenzione per molti lavoratori.
Il 23 e il 24 maggio si terrà a Rimini l’ITForum 2013, la più grande fiera relativa al trading online, la cui novità principale sarà l’attenzione al tema della previdenza, definita un nuovo centro di interesse per “banche e case di investimento, professionisti della gestione e della consulenza, private banker e promotori finanziari, formatori e pubblico retail”.
La pensione integrativa ha legami sempre più forti con il mondo del risparmio e degli investimenti e, riguardando la pianificazione finanziaria di famiglie e individui, diventa oggetto di offerta di banche, agenzie di assicurazioni, nonché reti di promozione finanziaria.
Si ampliano le strategie di investimento ed emerge un nuovo quesito sui fondi pensione: si investirà anche sul rischio?
Fondi pensione e investimenti
Oltre alle azioni, titoli di stato e alle obbligazioni, potrà prendere piede una nuova tendenza di investimento? Nei portafogli dei fondi pensione potranno entrare anche fondi immobiliari, beni rifugio o hedge fund?
Questo alla luce del regolamento approvato dal Dipartimento del Tesoro l’anno scorso per cui i prodotti previdenziali potranno investire su titoli negoziabili quotati su mercati regolamentati (come bond e azioni), nonché in ogni altro tipo di prodotto finanziario, quindi anche in strumenti alternativi, al fine di consentire ai gestori di fondi di differenziare i propri investimenti, ma non in assoluta libertà. Infatti, gli strumenti finanziari non quotati sul mercato, come gli hedge fund, non dovranno rappresentare più del 30% del portafoglio di un prodotto pensionistico, mentre le merci avranno una soglia massima ancora minore, pari al 5%.
Favorevoli o contrari?
Il regolamento apre il dibattito tra favorevoli e contrari, secondo cui i rischi sarebbero dietro l’angolo. Secondo l’ADUC, l’Associazione per i Diritti degli Utenti e Consumatori, investire su beni rifugio o hedge fund potrebbe rappresentare un rischio considerevole perché legherebbe la previdenza a dinamiche poco trasparenti, se non, nel caso degli hedge fund, speculative.
Alessandro Pedone, responsabile per i temi del risparmio dell’Aduc, ha definito la filosofia degli hedge fund poco incline “con gli obiettivi tipici dei fondi pensionistici” e ha aggiunto:
“I fondi pensione dovrebbero impiegare il proprio patrimonio esclusivamente in strumenti finanziari negoziabili sui mercati, che hanno un prezzo facilmente calcolabile, senza alcuna zona d’ombra”.
L’Aduc è piuttosto critica anche rispetto alla possibilità, stabilita dal regolamento, che i fondi pensione impieghino sino al 100% del proprio patrimonio in fondi comuni d’investimento, che, a loro volta, potranno investire in un altro fondo comune. Aumento di spesa per l’investitore? A quanto pare no, perché il regolamento definisce anche che l’investimento in un ulteriore prodotto del risparmio gestito non può assolutamente far incrementare la spesa complessiva di un fondo pensione.
Più morbido il parere di Sergio Corbello, presidente di Assoprevidenza, l’Associazione Italiana per la Previdenza Complementare, per cui la crisi finanziaria in atto ha mostrato che non esistono strumenti finanziari non soggetti a rischi. Partendo dal presupposto di un’essenziale trasparenza, non ampliare il raggio d’azione dei fondi pensione sarebbe un limite. D’altra parte Corbello ha sottolineato la necessità di aprire:
“una riflessione aperta e senza condizionamenti ideologici sul futuro assetto del welfare italiano, dove la previdenza complementare – che attualmente coinvolge solamente 5,5 milioni di lavoratori su un bacino potenziale di circa 23 milioni di persone – deve assumere un ruolo determinante”.
La situazione italiana
Nonostante il 2012 sia stato un anno positivo per i fondi pensione (+7,8% per i fondi negoziali e +8,6% per quelli aperti), l’Italia rappresenta il fanalino di coda nell’Ocse per il rapporto tra PIL e gli stessi fondi, stimato intorno al 5,9%. Le ragioni di questo mancato decollo non sono tanto legate all’informazione sulla materia, quanto alla limitata disponibilità di reddito da destinarvi.
Il rapporto ISTAT sulla crisi, diffuso nelle ultime ore, fotografa infatti un’Italia sempre più in difficoltà, mutilata dalla disoccupazione e dal crollo del potere d’acquisto. Il 25% della popolazione versa in condizioni di disagio economico, mentre il 14,3% in quelle di grave disagio. A ciò si aggiungono il 23,9% dei NEET, il crollo dei consumi pari al 5% nell’ultimo anno, nonché una pressione fiscale record pari al 44% che posiziona l’Italia al top della classifica europea.
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