Europa fuori dall’Euro: chi sono e cosa chiedono i nuovi partiti antieuro

Simone Casavecchia

02/01/2015

Syriza, Ukip, Podemos: questi i tre nomi che fanno tremare l’Europa nel 2015 perché la loro possibile vittoria alle elezioni potrebbe portare l’Unione fuori dall’Euro: ecco chi sono e cosa chiedono.

Europa fuori dall’Euro: chi sono e cosa chiedono i nuovi partiti antieuro

La mancanza di un’unione politica che sostenga e supporti quella monetaria, sarà un problema particolarmente evidente nel 2015 soprattutto in una prospettiva non tanto interna, quanto piuttosto esterna, o quanto meno liminare, alle istituzioni europee. Il nuovo anno accoglie, infatti, nel suo calendario, tre scadenze elettorali che fanno tremare politici e economisti del vecchio continente unito, per la carica di innovatività che i loro risultati potrebbero comportare. In Grecia, Regno Unito e Spagna sono, infatti, dati per favoriti tre partiti che nei loro programmi prevedono un’uscita dall’euro o dall’Europa o una totale riconfigurazione delle politiche economiche di austerità che sono state finora adottate dalle istituzioni politiche e bancarie europee.

Grecia
Le elezioni politiche in Grecia si sono rese necessarie per il mancato raggiungimento del quorum utile per eleggere il presidente della Repubblica. Dopo le tre fumate nere (19, 23 e 29 Dicembre), sono state quindi fissate al 25 Gennaio le elezioni politiche che dovranno rinnovare il Parlamento greco. In questo caso il partito dato per favorito dai sondaggi è Syriza, la formazione della sinistra radicale guidata da Alexis Tsipras che è diventata, in questi ultimi giorni, un vero e proprio incubo sia delle istituzioni di Bruxelles che delle Borse Europee. Tsipras è il candidato che, con le maggiori probabilità sarà chiamato a costituire il nuovo governo: quel che più si teme è, però, il suo programma di politica economica.
Anche se sono 5 anni che Syriza si muove sulla scena politica greca, sono state in particolare le dichiarazioni rilasciate da Tsipras nelle scorse settimane a Londra ad agitare gli economisti di mezza europa. In caso di vittoria alle elezioni, il leader di Syriza, pur non essendo contrario alla permanenza della Grecia nell’area Euro, vorrebbe rinegoziare gli accordi stretti dalla Grecia con l’Unione Europea e il Fondo Monetario Internazionale, soprattutto riguardo alla delicata questione del debito di cui ne sarebbe chiesta una ristrutturazione, con la conseguente cancellazione di una buona parte di esso.
Dopo le agitazioni dei giorni scorsi, comunque, mentre Tsipras ha sfumato le sue posizioni in politica economica, molti economisti continuano a sperare che non riesca a formare un governo e che la Grecia ritorni al voto. Quel che è certo è che la Grecia, che nel 2015 vive il delicato momento di uscita dal delicato programma di aiuti offerti dall’Ue e dal Fmi, si ritroverà in una situazione di grande instabilità politica.

Regno Unito
Dopo la Grecia l’altro voto che desta grande preoccupazione è quello della Gran Bretagna. Il risultato delle elezioni del prossimo 7 maggio sarà infatti cruciale soprattutto per verificare la consistenza di quelle forze centrifughe che si sono affaciate nella scena politica britannica. Anche se gli attuali sondaggi danno in leggero vantaggio il Labour Party di Ed Miliband sui Conservatori a cui appartiene anche il premier uscente David Cameron, sono due le preoccupazioni dei politici inglesi e degli economisti della city: il partito nazionalista scozzese e, soprattutto, l’Ukip di Nigel Farage. Mentre al primo si guarda, ricordando l’esito del referendum sull’indipendenza della Scozia e considerando il problema della coesione interna, l’Ukip desta le preoccupazioni di economisti e operatori finanziari dal momento che ha fatto dell’uscita dall’Unione Europea il suo principale argomento per catalizzare i voti dei tanti elettori delusi.
Al di là della totale contrarietà dei laburisti riguardo a una possibile uscita del Regno Unito dall’Europa, quel che potrebbe accadere, anche secondo osservatori molti accreditati come il Financial Times è il formarsi di una grande coalizione tra Labour e Tories, per scongiurare le tendenze antieuropeiste dell’Ukip.

Spagna
Anche se si tratta della votazione più lontana nel tempo, probabilmente quella spagnola è la consultazione elettorale che maggiormente dovrebbe preoccupare le istituzioni europee. Il premier uscente Mariano Rajoy, appartenente al partito popolare, correrà per andare al governo una seconda volta, tuttavia, nonostante i risultati economici conseguiti nei suoi primi quattro anni che hanno riportato la Spagna a crescere, seppur con un livello di disoccupazione ancora molto elevato è gravato dall’ombra degli scandali per corruzione, esplosi negli ultimi mesi, in cui molti esponenti del suo partito sono rimasti coinvolti.
Quel che più preoccupa in Spagna è la marcia trionfale di Podemos, la formazione di sinistra guidata da Pablo Iglesias che dopo aver conseguito l’8% dei voti alle europee dello scorso maggio, è considerata dai sondaggi il primo partito politico spagnolo con un consenso del 27%. Si tratta di un escalation rapidissima, se si considera che il partito ha solo 10 mesi di vita, che potrebbe continuare a crescere fino al prossimo Ottobre.
La forza di Podemos risiede nella sua base politica dal momento che questa formazione ha raccolto i consensi e ha sistematizzato le idee degli Indignados che hanno protestato nelle piazze spagnole in questi anni. Anche le idee politiche di Podemos non possono far altro che preoccupare gli avversari politici e le istituzioni internazionali: anche se la formazione di Iglesias non chiede l’uscita dall’Euro, si configura come un movimento anti-regime che si oppone alla corruzione diffusa nel sistema politico spagnolo e chiede la fine delle politiche di austerità, cercando di dar voce a esigenze politiche provenienti dal basso come la lotta contro i pignoramenti delle case da parte delle banche.

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