Il 1° gennaio 1999 l’euro è diventata la moneta ufficiale per 15 paesi. Se da un lato ci sono economie che hanno beneficiato dell’adozione della moneta unica, ce ne sono altre, come quella italiana, per i quali il passaggio non è stato, per ora, particolarmente felice.
L’euro ha compiuto ieri i suoi primi 20 anni di vita. Il primo gennaio 1999 ha segnato infatti l’inizio dell’era della moneta unica europea, divenuta la divisa ufficiale per 15 paesi.
La sua introduzione sotto forma di denaro contante avvenne per la prima volta allo scoccare del 1° gennaio 2002 e oggi l’euro è ora adottato da 19 dei 28 Stati che fanno parte della UE.
La moneta unica nel corso di questo ventennio è stato un bersaglio facile di populisti e sovranisti, i quali gli hanno attribuito molti degli effetti negativi della crisi economica che ha colpito le principali economie dell’area euro (e il nostro Paese in particolare).
A vent’anni dalla nascita dell’euro, possiamo provare a stilare un bilancio per provare a capire chi ha beneficiato e chi invece ci ha rimesso dall’introduzione della moneta unica.
PIL reale pro capite elaborato dall’Eurostat delle maggiori economie europee normalizzato su base 100. Fonte: Bloomberg
Cosa ci dice questo grafico?
Tra le maggiori economie dell’area euro, Germania e Spagna sono quelle che registrano un Pil pro capite di poco sotto alla parità fissata all’inizio della rilevazione. Per la Germania, l’adozione dell’euro ha innescato una lenta contrazione del Pil pro-capite che nel 2006 ha fatto segnare un minimo in quota 93 punti. In ripresa negli anni successivi, l’economia teutonica ha toccato un massimo nel 2014 e negli ultimi anni ha consolidato di poco sotto i 100 punti iniziali.
Dopo il picco registrato tra il 2006 e il 2007, l’economia spagnola si è trovata a fare i conti prima con lo scoppio della crisi finanziaria del 2008 e poi con quella del debito sovrano europeo. Nonostante questo, la performance di Madrid si pone, insieme a quella tedesca, al di sopra della media di Eurolandia.
Performance sotto la media invece quelle di Francia e, in misura decisamente maggiore, di Grecia e Italia. Fino al 2009, l’andamento dell’economia ellenica è stato simile a quello della Spagna solo che l’effetto combinato delle due crisi hanno fatto scivolare Atene in ultima posizione, quasi 25 punti percentuali al di sotto del livello di partenza.
Nel caso invece del Belpaese, la discesa è stata costante e ininterrotta. Per un’economia che dell’export ha da sempre fatto un cavallo di battaglia, avere a che fare con una moneta inevitabilmente forte ha causato più di un problema.
Se con la lira la stagnazione della produttività poteva essere mascherata dalla svalutazione della moneta, con l’euro non è stato più possibile e, inevitabilmente, il sistema Italia ha finito per mostrare tutti i suoi limiti.
Dall’introduzione della moneta unica, Spagna e Germania hanno registrato una crescita della produttività del 12%: nello stesso arco temporale, la produttività italiana è ha segnato un rosso di quasi cinque punti percentuali.
Fatto 100 il dato relativo l’introduzione della moneta unica, il Pil pro-capite del nostro Paese a fine 2017 si attestava sotto quota 80 punti (78,69).
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