Dopo mesi di apparente quiete la crisi greca è tornata a minacciare la stabilità politico-economica della zona euro. Ecco perché.
La stabilità della zona euro potrebbe essere a forte rischio a causa del riacutizzarsi della crisi greca. Dopo mesi passati lontani dalla luce dei riflettori il profilarsi di un mancato accordo sul programma di salvataggio internazionale che garantirebbe lo sblocco di una terza tranche di aiuti alla Grecia ha fatto riemergere le preoccupazioni degli investitori internazionali
All’origine del profilarsi di una nuova crisi greca non vi è solo la situazione economica del paese ellenico, bensì le differenti vedute tra i diversi creditori che prendono parte al programma di salvataggio.
Le concrete difficoltà di riuscire a trovare un accordo sul terzo piano di salvataggio destinato ad Atene, insieme alle prospettive non certo rassicuranti che emergono dai sondaggi sulle principali elezioni europee che si terranno tra primavera ed autunno in Olanda, Francia e Germania sono tra i fattori che possono mettere a serio rischio la stabilità politica all’interno dei confini dell’Unione europea.
Di seguito vediamo perché la crisi greca è tornata a minacciare la stabilità politico-economica dell’Unione europea e quali scenari si profilano all’orizzonte.
Crisi greca e instabilità eurozona: lo scontro tra i creditori
Nelle ultime settimane è emerso un certo clima di tensione tra i creditori - Fondo Monetario Internazionale, Commissione europea, Banca Centrale Europea- che dovrebbero prendere parto al terzo piano di salvataggio greco.
Secondo quanto il FMI ha lasciato intendere all’origine delle sue perplessità vi sarebbe l’insostenibilità del debito greco e la difficoltà che il governo ellenico avrà nel rispettare gli obiettivi di bilancio concordati. L’unico modo affinché questo possa avvenire, secondo il FMI, sarebbe quello di intervenire con ulteriori misure di austerity in grado di poter garantire una drastica diminuzione del debito.
In particolare il FMI ha fatto sapere di ritenere troppo ottimistiche le proiezioni condivise dalla Grecia e dai creditori europei che preannunciano il raggiungimento di un avanzo primario di bilancio del 3,5% del prodotto interno lordo entro il 2018.
Secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale il surplus greco raggiungerà solo l’1,5%, a meno che il governo di Atene non intervenga tagliando ulteriormente la soglia dei redditi esenti da tasse e delle pensioni.
Le preoccupazioni del FMI non hanno però fatto presa su Bruxelles che ha fatto sapere di non trovarsi d’accordo con le sue analisi. Molti osservatori europei hanno infatti accusato il Fondo Monetario Internazionale di aver sottovalutato i progressi fatti dalla Grecia nel corso dell’ultimo anno e le relative garanzie fornite dall’Unione europea.
Le voci che preannunciano un mancato accordo tra la Grecia e i suoi debitori (Atene ha definito le richieste del Fondo Monetario Internazionale “assurde”), hanno quindi messo sotto pressione i ministri delle finanze della zona euro che il prossimo 20 febbraio si riuniranno per cercare di trovare la soluzione che garantirebbe lo sblocco di una ulteriore tranche di aiuti per Atene prevista dal terzo piano di salvataggio.
Crisi greca e instabilità eurozona: cosa chiede il FMI
I creditori internazionali della Grecia (Fondo Monetario Internazionale, Commissione europea e Banca Centrale Europea) ad oggi si sono mostrati in forte disaccordo riguardo alla situazione economica della Grecia e sul modo in cui gestire il debito.
Il FMI, seppur non avendo mai aderito ufficialmente al terzo piano di salvataggio, continua a chiedere l’attuazione di ulteriori misure di austerity, già rispedite al mittente dal primo ministro greco Alexis Tsipras al quale negli ultimi giorni sono arrivati a dar man forte alcuni falchi tedeschi che, oltre a dirsi contrari ai piani del FMI, hanno dichiarato che ci vorrebbe più clemenza nei confronti della Grecia.
La posizione ufficiale di Berlino resta comunque quella espressa dal ministro delle Finanze Wolfgang Schauble che nelle scorse settimane aveva messo in chiaro che senza il Fondo Monetario Internazionale il piano di salvataggio sarebbe potuto dirsi morto.
A Berlino infatti non hanno mai avuto particolarmente fiducia nelle autorità dell’Unione europea (in particolare della Commissione europea) designate per monitorare il piano di salvataggio della Grecia tanto che, sin dal primo salvataggio avvenuto nel 2010, hanno insistito affinché il FMI prendesse parte al programma.
Dello stesso avviso della Germania sono i creditori dei paesi del Nord, quali Finlandia e Paesi Bassi, che più volte hanno ripetuto che un piano di salvataggio necessiti della presenza dell’FMI.
Nel caso la situazione di stallo nei prossimi mesi dovesse protrarsi, per portare a termine il terzo piano di salvataggio potrebbe diventare necessario che ogni singolo stato si rivolga al rispettivo parlamento per ottenere l’autorizzazione a procedere. Secondo molti analisti questa eventualità potrebbe mettere a serio rischio il piano di salvataggio. A quel punto la ciminiera europea sarebbe pronta ad esplodere da un momento all’altro.
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