I mercati hanno ormai acquisito come un dato il disaccoppiamento tra le politiche economiche e l’andamento delle economia di USA e Uk da un lato ed Europa dall’altro. Ipotesi e scenari per il secondo semestre 2014.
Dopo i dati sulla disoccupazione in USA, UK e Eurozona, appare chiara la netta divergenza tra il ciclo economico negli USA e UK e quello in zona Euro. I mercati hanno oramai una chiara percezione di due cose:
- del decoupling (disaccoppiamento) tra la politica monetaria della Fed e della BOE da un lato e della BCE dall’altro;
- del destino dei tassi di interesse in USA e Inghilterra da un lato e in Area Euro dall’altro.
Del resto, mentre il tasso di crescita del PIL americano e inglese stimato per i prossimi mesi dovrebbe attestarsi al di sopra del 3% annualizzato, il PIL dell’Eurozona ristagna ancora sulla soglia dell’1%.
Con la BCE che lotta per raggiungere il proprio target d‘inflazione al 2% (ultimo dato allo 0,5%) e USA e UK che hanno già il 2% e l’1,5% rispettivamente, i mercati resteranno probabilmente nell’attesa di un ulteriore allentamento della politica monetaria e un massiccio QE a fine anno da parte di Mario Draghi.
Al contrario la Fed e la BOE potranno ora concentrarsi sulla attuazione dell’exit strategy dalla politica monetaria accomodante nella maniera più morbida possibile.
Nell’immagine: Andamento del Tasso di Disoccupazione in UK (arancione) , USA (blu) ed Eurozona (verde) dal 2004 ad oggi
Quantitative easing in area Euro
Parliamo nuovamente del QE in area euro. Nel commento alla conferenza BCE del 5 giugno ho sostenuto che le misure saranno insufficienti per riportare l’inflazione al livello desiderato.
Lo dico ancora in questa sede: guardando al fatto che USA ed Inghilterrra hanno raggiunto in queste settimane gli obiettivi di disoccupazione al 6,5%-7% e inflazione all’1,5%-2% solo grazie a 3 manovre di QE dal 2009 ad oggi e per ammontare pari a oltre il 12% del PIL di riferimento, è inevitabile che la BCE faccia altrettanto. Ecco perché l’80% dei report che leggo da 2 settimane a questa parte contengono un unico dibattito: la politica della BCE e il grado d’efficacia degli ultimi interventi annunciati.
Nei molti report di JPM, Morgan Stanley Citi Group e Barclays sulla conferenza stampa di Draghi del 5 giugno, l’impressione che ne ho ricavato è che gli investitori europei siano scettici nei confronti dei potenziali effetti sull’economia delle manovre della BCE e che a fine 2014 o all’inizio del 2015 il QE avrà inizio.
Infatti le misure predisposte il 5 giugno genereranno un impatto sul credito che non sarà visibile prima del prossimo anno e non è assolutamente certo che le misure di “funding for lending“ siano in grado di supportare l’offerta di credito alle imprese. Senza contare che il successo delle azioni annunciate da Draghi dipende anche in larga parte dal livello di fiducia delle famiglie e delle imprese sul futuro dell’economia in eurozona. Inoltre l’impatto sugli utili del sistema bancario derivanti dalle operazioni di carry trade (rese possibili dal TLTRO) resta alto e potrebbe indurre alcune banche a reiterare il comportamento "sleale" del primo LTRO, che consiste nell’utilizzare i fondi presi a prestito allo 0,25% per investire su un BTP o un Bonos a 7 oppure 10 anni al 2,70% (tanto la "severa" punizione della BCE consisterebbe nella semplice restituzione del TLTRO dopo 2 anni, nel 2016, e null’altro). Ovviamente non tutte le banche faranno così e molte fra esse, cioé quelle “leali”, opteranno per i prestiti alle imprese a tassi più alti di quelli del BTP, ma ovviamente assumendosi maggiori rischi e utilizzando la porzione dei coefficienti di patrimonializzazione ’ core tier1 ’ di loro spettanza.
Personalmente quindi condivido l’attuale scetticismo e ritengo che l’azione della BCE sia insufficiente per affrontare la grave recessione che affligge attualmente i paesi periferici dell’eurozona. Infatti la strategia di Draghi, volta a
- evitare un apprezzamento dell’Euro nel breve termine,
- ridurre il costo del funding nel medio periodo (0,25% anziché 1% per i precedenti LTRO) con una scadenza di 4 anni (circa pari alla scadenza media dei prestiti contratti dalle imprese per il finanziamento di progetti di investimento)
- implementare a termine un programma di acquisto di ABS delle PMI
sarà insufficiente a sostenere al rialzo la fiducia degli operatori economici. Ritengo che, in ugual modo, Draghi debba riuscire a convincere imprese e famiglie che la BCE non ha intenzione di interrompere la propria politica monetaria accomodante per i prossimi anni.
Dall‘altro lato dell’oceano, la missione della Fed è più difficile di quella della BCE nei prossimi mesi. Con la ripresa dell’economia americana ben avviata sul Q2 e l’inflazione in rialzo, i mercati stanno iniziando a chiedersi il timing del rialzo dei tassi da parte della Banca Centrale Americana. La riunione dell’FOMC di questa settimana (giugno 17/18) sarà il primo test per il presidente della Fed, Janet Yellen, per convincere i mercati sull’assenza di fattori oggettivi che giustificano il nervosismo relativo alla politica dei tassi d’interesse della Fed.
Per essere chiari, in assenza di significativi rischi inflattivi, riteniamo che la Fed non alzerà i tassi prima della seconda metà del 2015. Quanto stimato è condiviso solo in parte dal mercato: il rischio è che la curva dei tassi USA, soprattutto nel breve termine, possa divenire sempre più sensibile ai dati che evidenziano un miglioramento delle prospettive macroeconomiche (e/o relative al livello d’inflazione) e subire violenti scossoni al rialzo. Lo stesso dicasi per la BOE, che però è prevista rialzare i tassi sulla sterlina già a partire da inizio 2015. Anche la curva del Gilt dovrebbe quindi subire un irripidimento abbastanza marcato e al contempo subire uno shift verso l’alto. Bisogna stare lontani quindi dalle obbligazioni in dollari e in sterline a lungo termine. Se volete scommettere sul rafforzamento delle divise in questione (dollaro e sterlina) scegliete una duration molto bassa, sicuramente non oltre i 12 mesi.
In conclusione, appare sempre più probabile che nei prossimi mesi si osserverà un decoupling tra la politica monetaria della Fed e della BOE e quella della BCE. Nel corso dell’ultimo mese, c’è stata un’attenzione crescente sugli effetti generati dal tasso di deposito negativo della BCE e dal taglio del tasso di rifinanziamento allo 0,15%. La minore volatilità dell’EONIA ridurrà la pressione al rialzo sul cross EUR/USD. Tuttavia un aumento dello stress sui tassi a breve termine americani, dettato dall’incertezza sui tempi di rialzo dei tassi sui fed funds, può innescare nella seconda parte dell’anno un calo del cross EUR/USD (target 1,20/1,25 a fine anno).
© RIPRODUZIONE RISERVATA