Dal commissariamento della Popolare di Lodi alle minacce di Trump contro la Fed, il filo rosso dell’indipendenza istituzionale delle banche centrali.
«La Banca d’Italia ha sempre agito nel rispetto delle leggi e nell’interesse superiore del Paese». Così chiariva Antonio Fazio, governatore della Banca d’Italia nel 2005 in una delle dichiarazioni pubbliche rilasciate durante il periodo delle indagini che lo avevano coinvolto. Era il caso della Popolare di Lodi (poi Banca Popolare Italiana), una delle banche più “alla ribalta” in quel periodo, per merito (o demerito) del suo brillante amministratore delegato Giampiero Fiorani.
«Non ho mai agito in malafede; le operazioni erano finalizzate a tutelare gli interessi della banca e dei suoi azionisti», si difendeva pubblicamente l’imprenditore. Queste parole, oggi, riecheggiano come simbolo di una vicenda che ha scosso le fondamenta del sistema bancario italiano: la tentata scalata di Antonveneta, le pressioni politiche, le accuse di aggiotaggio e falso in bilancio. A quasi vent’anni di distanza, la vicenda può essere avvicinata agli accadimenti d’oltre oceano con il caso Trump-Cook riproponendo il dibattito sull’autonomia delle Banche Centrali e sulla questione: fino a che punto i governi ed il potere economico possono influenzare l’operato delle Istituzioni di controllo, e quali tutele servono per preservarne l’indipendenza?
Il caso Cook-Trump
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