L’Italia non è l’unico Paese a doversi preoccupare per l’ammontare dei crediti deteriorati. Cosa serve per gestire la situazione dei non performing loans?
In Italia sono tornati a essere presi di mira i titoli del comparto bancario, con le rinnovate preoccupazioni degli investitori in merito alle modalità dei crediti deteriorati. Il sistema bancario italiano non sembra essere così solido come le autorità italiane vogliono far credere, tuttavia, come si vedrà, la situazione italiana non è delle più critiche in Europa.
Infatti, non è solo il Bel Paese a dover affrontare i pericoli derivanti da un grosso ammontare di non performing loans (NPL), ma anche altri Paesi europei devono fare i conti con situazioni anche più drammatiche di quella italiana.
Banche: Italia e UE ancora in trattativa per soluzione crediti deteriorati
Il comparto bancario italiano è tornato ad essere bersaglio delle vendite speculative dopo che l’Unione Europea ha avvertito dei rischi a medio termine del debito pubblico italiano e della solidità del sistema bancario del Paese. Nei giorni scorsi si è potuto assistere ad una guerra politica tra il premier Matteo Renzi e i vertici delle istituzioni europee con le rispettive parti che cercano in qualche modo di tirare l’acqua al proprio mulino.
Le tensioni createsi tra Italia e UE non hanno fatto altro che aumentare i timori di investitori e risparmiatori, preoccupati dalla mancanza di notizie concrete riguardo un accordo di risoluzione per la situazione dei crediti deteriorati detenuti dalle banche italiane.
Banche: Europa meridionale ha la più alta percentuale di NPL
Non si sa ancora come effettivamente si voglia mettere mano alla situazione dei NPL in Italia, il Bel Paese è l’unico Stato europeo a soffrire di un ammontare elevato di crediti non performanti?
Il Vecchio Continente in realtà siede su un ammontare complessivo di crediti deteriorati pari a €1 triliardo (1.000 miliardi) e ovviamente non possono essere tutti italiani. Il nostro Paese ne detiene una buona fetta pari a più di €200 miliardi, ma non è lo Stato europeo che ha la situazione peggiore.
Si pensi che la metà dei crediti delle banche di Cipro è per lo più composta da crediti non performanti. La situazione non è delle migliori neanche in Grecia e in Portogallo. Il problema dei non performing loans riguarda principalmente i Paesi del Sud Europa come possibile vedere dal grafico sottostante che esprime la percentuale di NPL sul totale dei crediti bancari.
La situazione è andata via via peggiorando dall’inizio della crisi finanziaria globale soprattutto nella parte meridionale dell’Europa (in giallo rapporto credito totale-NPL tra il 5 e il 10%, in rosso superiore al 10% ed in verde minore del 5%.
Questo perché buona parte dei NPL sono collegati alle difficoltà delle imprese di medio-piccola dimensione che contribuiscono all’output industriale europeo per ⅔ e al tasso di occupazione.
Perché è importante diminuire il numero di crediti deteriorati?
Perché quindi è necessario trovare una soluzione al più presto per risolvere la questione di questi crediti? Perché una presenza eccessiva di NPL tende a rallentare, se non a diminuire, la crescita del PIL di un Paese incrementando la disoccupazione.
Questo perché le banche con un numero elevato di crediti deteriorati tendono ad avere riserve di capitale più basse, a dover affrontare un costo di finanziamento più elevato, ad essere meno redditive e a concedere meno prestiti.
Ciò quindi si riflette sull’economia reale: circolano meno prestiti e le aziende non hanno modo di trovare fonti di finanziamento soprattutto in quei Paesi in cui il legame tra banche e piccola-medio impresa è molto forte come accade appunto in Italia.
Finché l’ammontare di crediti deteriorati resterà così elevato nei Paesi del Sud Europa, sarà molto difficile per questi stessi recepire gli stimoli di politica monetaria della BCE visto il blocco della circolazione del credito.
Se si riuscisse a risolvere la questione NPL, aumenterebbe la domanda di credito (così come l’offerta), permettendo alle imprese di ristrutturare il debito precedente e di ritrovare una boccata di ossigeno dalle fonti di finanziamento.
Gestione dei NPL: basta una Bad Bank?
Per sistemare tutto basta una Bad Bank? No, soprattutto se leggera come indiscrezioni di questi giorni vogliono per l’Italia, ma in linea generale non basta risolvere tutto con una Bad Bank.
Questo perché sono necessarie delle riforme strutturali che permettano una minor crescita di NPL ed un veloce smaltimento degli stessi. In particolare i tre pilastri che servono per gestire meglio i crediti deteriorati sono una miglior vigilanza, uno snellimento delle procedure di bancarotta ed appunto una Bad Bank:
- il Meccanismo Unico di Vigilanza europeo può giocare un ruolo fondamentale individuando le situazioni più critiche ed indicando le modalità di smaltimento e i requisiti di riserva.
Ciò gioverebbe soprattutto a quei Paesi in cui le autorità di vigilanza sono poco attente come ad esempio in Italia dove la vigilanza è piuttosto scarsa ed efficiente. - per quel che riguarda il nostro Paese, ma anche altri Stati del Sud Europa, è necessaria una riforma delle leggi di bancarotta vigenti. L’Italia deve ridurre i tempi dei processi di fallimento perché al momento sono circa 5 volte più lunghi di quelli della Germania e della Spagna.
In questo modo le banche potrebbero accedere più velocemente alle assicurazioni sul credito prestato e smaltire rapidamente i NPL. - come terzo cardine servirebbe appunto una Bad Bank, come accaduto in Spagna con Sareb o in Corea con Kamco. Questo perché si creerebbe un mercato di NPL nel quale professionisti del settore ristrutturerebbero tali crediti deteriorati per poi rivenderli sul mercato.
Il problema della creazione di una Bad Bank per i Paesi europei che ne hanno bisogno è legato alla resistenza opposta dalle autorità UE ad apporre una garanzia statale su tali veicoli societari. L’Europa, in particolar modo la Germania (per approfondimenti leggere qui), vogliono evitare le situazioni passate (verificatesi ad esempio in Irlanda) nelle quali gli Stati sono quasi falliti per cercare di risanare il sistema bancario.
Servono riforme strutturali dell’economia altrimenti lo smaltimento dei NPL è inutile
Comunque, i precedenti punti esprimono solo un modo per gestire i NPL ma non per evitarne la creazione. Il generarsi di crediti deteriorati dipende dalla salute delle imprese e delle famiglie di uno Stato, soprattutto in quelli in cui c’è un’alta correlazione tra sistema bancario e impresa.
In Italia sarebbe opportuno procedere, e alla svelta, a riforme che permettano alle piccole-medie imprese di respirare dall’alta tassazione e ad accedere più facilmente alle fonti di finanziamento. Finché non verranno risolti i problemi strutturali delle economie, qualsiasi manovra di alleggerimento dei NPL potrebbe essere inutile.
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