Austerità: fine di un’era. La Germania si ravveda!

Nadia Fusar Poli

08/05/2013

L’era dell’austerità volge al tramonto? La BCE inizierà a seguire le orme della Fed e delle banche d’Inghilterra e Giappone? Intanto la pressione sulla Germania si intensifica. I tedeschi sapranno anteporre le politiche di stimolo alla crescita a quelle di rigore fiscale?

Austerità: fine di un’era. La Germania si ravveda!

Le banche centrali di tutto il mondo si stanno muovendo compatte lungo il pericoloso sentiero della creazione di moneta. Con la Federal Reserve (FED) e la Banca del Giappone (BoJ) a far da apripista, la politica economica è guidata dall’idea che il denaro cartaceo possa essere la vera base della crescita, lo strumento di stimolo più importante. Il risultato è un’orgia globale senza precedenti. L’unica voce “stonata”, sfuggita a ogni controllo e impegno in questo senso, è stata la Banca centrale europea (BCE), istituto in cui il pensiero tedesco sembra essere quello dominante. Tuttavia, la crescente pressione politica da tutto il mondo, così come il diffuso malcontento tra gli elettori nazionali, ha scosso, e forse incrinato, la ferrea determinazione della Germania.

La scorsa settimana il comunicato emesso dal Federal Open Market Committee (FOMC) ha messo a tacere tutte le voci intorno al quantitative easing e alla possibilità che il programma di stimolo americano possa essere presto e, in qualunque momento, interrotto. Al contrario: i membri del Board potrebbero persino scegliere di ampliare il piano di quantitative easing (QE) al di sopra degli 85 miliardi di dollari al mese. La dichiarazione e i toni decisamente “dovish” utilizzati, stanno lasciando gli operatori di mercato sempre più nell’incertezza.

Nel frattempo, cercando di superare la stessa Fed, i nuovi dirigenti della Banca del Giappone hanno gettato al vento ogni sorta di prudenza monetaria, mentre Mark Carney - uomo del Canada keynesiano - ha da poco assunto il timone della Banca d’Inghilterra. Nel complesso, queste intenzioni suggerirebbero che il mondo è pronto a spingere l’espansione monetaria ad un nuovo livello. Ma ecco spuntare il terzo incomodo, la BCE.

Negli ultimi anni, la Banca Centrale Europea ha suscitato le ire degli economisti keynesiani, dichiarando di essere disposta a concedere liquidità fresca solo in cambio di promesse di rigore fiscale da parte dei membri della zona euro in difficoltà. Vero è che la recente e massiccia pressione sulla Germania, sembra in grado di poterne schiacciare ogni atteggiamento di resistenza.

Tra i diciassette paesi membri della zona euro, si contano 19.000.000 di disoccupati, pari al 12,1 per cento. In Grecia, il tasso di disoccupazione è del 27,2 per cento, in Spagna del 26,7 per cento e in Portogallo del 17,5 per cento (in Germania il tasso di disoccupazione è del 5,4 per cento e in Austria del 4,7 per cento).

Questa disparità è evidente e, oggi più che mai, attiene in maniera impellente alla sfera politica. Le tensioni e i disagi sociali hanno portato ad una serie di vittorie elettorali di partiti di sinistra nell’Europa del sud. Tuttavia, nonostante il forte risentimento nei confronti della BCE, del FMI e della Germania, tutti i paesi "in difficoltà" (Grecia in primis) hanno espresso un forte e unanime desiderio di rimanere all’interno della zona euro. I tedeschi considerano i continui salvataggi un mezzo per premiare e sostenere i paesi ritenuti, invece, pigri, non meritevoli, e politicamente corrotti.

Mentre la crisi si trascina, gli impulsi liberali di mutuo soccorso stanno cedendo il passo a un profondo risentimento. I partiti politici richiedono rigidi controlli in merito al finanziamento dei piani di salvataggio e l’immigrazione in paesi virtuosi, del nucleo economico (Germania e Paesi Bassi in testa), è in costante crescita.

L’elite tedesca ha visto a lungo l’Unione europea come un’opportunità per forgiare un impero Germanico, così a lungo desiderato. Ma la popolazione non è più disposta a pagare un solo centesimo per aiutare i paesi indebitati mentre questi, dal canto loto, non vogliono stringere ulteriormente la cinghia. In un tale scenario, aumentare la flessibilità monetaria può essere l’unico mezzo - anche per i tedeschi - per preservare l’unione.

La scorsa settimana, le proiezioni di crescita dell’Unione europea sono state ridotte di un ulteriore 0,1 per cento e portate al -0,4 per cento. Di fronte a questa triste realtà e al ridursi della resistenza tedesca, la burocrazia UE sembra essere sempre più indulgente. Olli Rehn, responsabile economico dell’UE, potrebbe concedere deroghe di uno o anche due anni a Spagna, Francia e persino Olanda, al fine di consentire la riduzione dei rispettivi debiti (e centrare così l’obiettivo di disavanzo del tre per cento del PIL).

E, con un tempismo perfetto, il ministro delle Finanze francese ha dichiarato lo scorso fine settimana che "l’era dell’austerità", è ormai giunta al termine. Alla luce di ciò, è probabile che la BCE inizierà a seguire le orme della Fed e delle banche d’Inghilterra e Giappone ed iniettare nuovi e vitali stimoli monetari.

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