Proposta una nuova patrimoniale che andrebbe a tassare soltanto coloro che hanno un patrimonio superiore a 2 milioni di euro, ma come funzionerebbe?
La tassa patrimoniale sui grandi patrimoni torna alla ribalta: negli ultimi giorni è stata avanzata l’ipotesi di prevedere una tassa sui patrimoni superiori ai due milioni di euro con aliquota dell’1,3%. Se ne parla da diversi anni e l’idea di prevedere un’imposta progressiva per i più ricchi potrebbe essere considerata lecita, ma va ricordato che in Italia oltre ad avere l’Irpef progressiva esiste anche un’imposta di bollo che colpisce in modo uniforme tutte le attività finanziarie.
Attualmente l’imposta di bollo prevede un prelievo diretto sul patrimonio mobiliare pari allo 0,2%, sicuramente si tratta di un prelievo modesto, ma è pagata da tutti coloro che hanno investimenti e si applica a fine trimestre o a fine anno sulla rendicontazione del dossier titoli.
Patrimoniale dell’1,3%
La proposta avanzata colpirebbe circa mezzo milione di cittadini, ovvero coloro che possiedono patrimoni di oltre 2 milioni di euro. Sistematicamente le tasse patrimoniali per i più ricchi vengono proposte per poi essere bocciate dal Governo. La leader del Pd Elly Schlein ha definito il Governo Meloni, proprio per questo motivo, come quello che sarà ricordato per aver aumentato le tasse a tutti, ma anche per aver favorito i più ricchi.
La patrimoniale è un’imposizione fiscale particolare che viene pensata e ipotizzata ogni volta che l’Italia affronta un periodo di emergenza economica. La tassa patrimoniale viene vista, quindi, come una sorta di aiuto di emergenza che lo Stato potrebbe attivare (ma non attiva sempre). A essere tassato è il patrimonio, in questo caso quello che eccede i due milioni di euro (denaro, case, obbligazioni, azioni). In questo caso viene proposta una patrimoniale selettiva, ovvero che non colpisce indistintamente tutti i contribuenti, ma solo quelli con i patrimoni più alti come contributo di solidarietà.
Le patrimoniali nel corso della storia
La prima patrimoniale in Italia fu prevista nel 1919 dal Governo Nitti per fare fronte ai debiti contratti durante la Prima Guerra Mondiale. Seguirono altre patrimoniali nel 1936 (per finanziare la Guerra di Etiopia), nel 1940 (per finanziare l’ingresso nella Seconda Guerra Mondiale) e nel 1947 (per la ricostruzione). Quest’ultima durò fino agli anni ’60, quando fu trasformata nell’Invim, l’imposta sulla variazione di valore degli immobili.
Quella più tristemente famosa, in ogni caso, è la patrimoniale del 1992 del Governo Amato che introdusse un prelievo del 6 per mille su tutti i conti correnti. Anche se queste sono patrimoniali straordinarie, bisogna ricordare che in Italia sono previste anche patrimoniali ordinarie come Imu, il bollo auto, l’imposta di bollo e il canone Rai.
Patrimoniale dell’1,3%, chi la sostiene e chi è contrario?
L’attuale proposta di patrimoniale all’1,3% viene dal segretario della Cgil Maurizio Landini che sostiene che tassando l’1% della popolazione (i 500 mila contribuenti che hanno oltre due milioni di patrimonio) si potrebbe ottenere un contributo di solidarietà che aiuta il restante 99% della popolazione.
Applicando un’aliquota dell’1,3% sull’1% della popolazione si avrebbe un gettito addizionale di circa 26 miliardi l’anno. Più volte Landini ha ribadito che le risorse vanno prese dove sono, appunto istituendo un contributo di solidarietà che colpisce solo le ricchezze più grandi.
La questione evidenziata dal segretario della CGIL è stata ripresa da un’analisi della BCE sulla composizione del reddito da capitale in Italia.
Attualmente in Italia i redditi da capitale sono tassati meno di quelli da lavoro; il sistema fiscale italiano è regressivo e concentra il vantaggio fiscale sul 7% dei contribuenti più ricchi. In questo modo chi è più ricco vede il proprio patrimonio crescere più velocemente rispetto agli altri e senza pagare più imposte. Basti pensare che attualmente l’aliquota Irpef più alta è del 43% mentre sui redditi da capitale la tassazione prevista è al 26%.
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