Il Fisco può controllare sia i trasferimenti in entrata che quelli in uscita. A cosa deve fare attenzione il contribuente per non rischiare accertamenti fiscali?
I trasferimenti di denaro sono controllati dal Fisco. Sotto l’occhio vigile dell’Agenzia delle Entrate finiscono sia i flussi in entrata che quelli in uscita visto che può effettuare controlli sui conti correnti qualora ritenga che ci siano movimenti sospetti.
Ogni cittadino ha la libertà di disporre liberamente dei propri soldi e può effettuare qualsiasi movimento sul proprio conto corrente. Al tempo stesso, però, deve fare molta attenzione alle operazioni effettuate, visto che qualsiasi movimento deve essere validamente giustificato nel caso l’Agenzia delle Entrate effettui controlli e ne chieda conto al contribuente.
Ogni prelievo e versamento sul proprio conto corrente deve avere una sorta di “pezza di appoggio”: l’Agenzia delle Entrate, infatti, è autorizzata a effettuare controlli su qualsiasi conto corrente (a prevederlo è l’articolo 32 del Testo Unico sull’Accertamento delle Imposte sui Redditi del 1973).
I controlli del Fisco sui conti correnti
Negli ultimi anni i controlli del Fisco sui movimenti di denaro dei contribuenti si sono intensificati. Se fino a qualche decennio fa, infatti, sotto l’occhio dell’amministrazione tributaria finivano soprattutto i lavoratori autonomi, gli imprenditori e i professionisti, attualmente sono a rischio anche i privati cittadini.
Con la possibilità di incrociare i dati delle dichiarazioni dei redditi con quelli dei conti correnti, infatti, il Fisco può desumere immediatamente anomalie e discrepanze nell’utilizzo del denaro. Se, però, un bonifico in entrata ingiustificato è considerato come reddito non dichiarato (senza l’opportuna giustificazione), i movimenti in uscita dal conto corrente non danno luogo ad accertamenti fiscali veri e propri, anche se possono spingere il Fisco a effettuare controlli più approfonditi.
Si pensi al sospetto dell’amministrazione tributaria nei confronti di chi non effettua mai prelievi o nei confronti di chi effettua bonifici ricorrenti nei confronti di un soggetto terzo senza la dovuta giustificazione (nascondono il pagamento in nero di qualche servizio o servono a ripulire denaro «sporco»?).
Quello che è certo, quindi, è che il Fisco è a conoscenza di qualsiasi movimento che si effettua sul conto corrente (ed è in grado di risalire anche a operazioni allo sportello che sono state fatte senza attingere dal conto corrente, tra l’altro). Proprio per questo motivo ogni cittadino deve diventare consapevole del fatto che quello che accade su un conto corrente non è più un affare privato che avviene in luogo protetto e di cui è a conoscenza solo la banca, bensì si tratta di una sorta di operazione sulla quale c’è una finestra su cui si può affacciare anche l’amministrazione tributaria.
Trasferimenti di denaro: la Cassazione dice ok ai controlli
Anche la Cassazione riconosce questo potere all’Agenzia delle Entrate e con l’ordinanza 16850 del 19 giugno 2024 afferma proprio che ogni movimento sul conto corrente deve essere giustificato dal cittadino. Sia i movimenti in entrata che quelli in uscita. Se da una parte, quindi, il contribuente è libero di prelevare e versare qualsiasi cifra sul proprio conto corrente, dall’altra deve essere pronto a giustificare il movimento con prove documentali che abbiano data certa in caso di accertamento fiscale.
Se non si hanno, appunto, le giustificazioni dei movimenti in questione si può incorrere in un controllo dell’Agenzia delle Entrate per accertare che non si stia evadendo il Fisco.
La Corte di Cassazione per arrivare a questa conclusione ha esaminato il caso di un’ispezione condotta dalla Guardia di Finanza nei confronti di una Srl da cui sono emerse numerose irregolarità. Proprio a fronte delle fatture emesse senza dettagli essenziali, della registrazione di fatture per spese non pertinenti con l’attività, di ritenuto d’acconto non versate e altre irregolarità relative all’Iva, è stato dato il via a una indagine per determinare il volume di affari della società in questione.
Nell’effettuare le indagini non ci si è soffermati solo sui conti correnti societari, ma anche su quelli personali del legale rappresentante di alcuni suoi familiari (beneficiari di fatture emesse dalla società stessa). Alla luce di questi fatti agli interessati sono stati richiesti documenti che provassero i movimenti bancari. La documentazione fornita, però, era incompleta e superficiale e proprio per questo l’Agenzia delle Entrate ha dato il via a un accertamento fiscale per ricostruire l’eventuale evasione fiscale della società.
La sentenza e l’appello in Cassazione
Il reddito accertato dall’Agenzia delle Entrate è stato, poi, ridotto del 20% dalla Commissione Tributaria Provinciale di Salerno che con una sentenza del 2018, ha confermato la validità delle azioni dell’Ade. La società ha, quindi, presentato un appello, respinto dalla Commissione Tributaria Regionale nel 2020, a cui è seguita l’impugnazione della sentenza in Cassazione.
I Supremi Giudici hanno ribadito, però, che il titolare del conto corrente deve essere in grado di dimostrare che qualsiasi prelievo o versamento sia collegato a somme contabilizzate o costi sostenuti dalla società. Nella sentenza i Giudici hanno sottolineato che “in tema di accertamenti bancari, gli artt. 32 del D.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del D.P.R. n. 633 del 1972 prevedono una presunzione legale in favore dell’erario che, in quanto tale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 c.c. per le presunzioni semplici, e che può essere superata dal contribuente attraverso una prova analitica, con specifica indicazione della riferibilità di ogni versamento bancario, idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non attengono ad operazioni imponibili, cui consegue l’obbligo del giudice di merito di verificare con rigore l’efficacia dimostrativa delle prove offerte dal contribuente per ciascuna operazione e di dar conto espressamente in sentenza delle relative risultanze”.
I controlli dell’Agenzia delle Entrate sono leciti
La Cassazione ha ritenuto legittimi tutti i controlli effettuati dall’Agenzia delle Entrate sui conti correnti. In tale ambito, poi, va ricordato anche che l’Ade dispone dell’anonimometro per assoggettare i conti correnti a controlli e che si tratta di uno strumento non solo approvato dal Garante della Privacy recentemente, ma anche in grado di incrociare moltissimi dati in possesso dell’amministrazione tributaria garantendo, al tempo stesso, l’anonimato delle persone per le quali non si evidenziano irregolarità.
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